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Bullismo

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Il bullismo è un comportamento prevaricatore di natura fisica e/o verbale, caratterizzato da molestia e aggressività anche di tipo minaccioso, sempre di natura intenzionale o intenzionalmente non inibita. È diretto verso una o più persone da parte di una o più persone, in particolare tra coetanei adolescenti o giovanissimi adulti, e dove la parte soccombente è generalmente più debole e/o incapace di difendersi adeguatamente dal comportamento appena descritto.

Sebbene tra gli studiosi che, in ambito accademico, si sono occupati del fenomeno, le definizioni di bullismo non siano sempre le stesse, gli stessi studiosi concordano sul fatto che il bullismo sia una particolare forma di comportamento aggressivo, in quanto a differenza delle altre forme di aggressività, è caratterizzato da tre variabili fondamentali, vale a dire:

Il bullo aggressore mira intenzionalmente a danneggiare, fisicamente, psicologicamente oppure socialmente una vittima debole, debole di suo oppure perché isolata (squilibrio di potere), con più di un solo comportamento aggressivo e per un periodo di tempo non determinato (ripetizione).

In letteratura sono state descritte diverse forme di bullismo. Ad esempio, il bullismo palese implica aggressioni fisiche, come ad esempio colpire, dare spintoni, fare sgambetti, tendere trappole ma anche minacce verbali oppure insulti o prese in giro. Il bullismo nascosto è meno esplicito, e si concretizza in esclusione sociale, pettegolezzi anche di circostanze non vere oppure espressioni facciali non amichevoli o che contengono elementi di disgusto e/o disprezzo.

Il bullismo trova la sua natura più congeniale nelle dinamiche di gruppo, data la frequente presenza di coetanei durante gli episodi di bullismo, coetanei che possono assistere passivamente, schierarsi con la vittima, manifestare consenso esplicito al comportamento aggressivo del bullo e infine prendervi parte.

La componente sadica gioca anch'essa un ruolo non secondario nelle manifestazioni di bullismo.

Aspetti concettuali

Definizione di bullismo

Etimologia

In italiano il termine bullismo è calco dall'inglese bullying, agevolato dalla omografia della radice, e pertanto poco rilevante dal punto di vista etimologico. Più interessante l'etimologia di bullying: secondo il dizionario di etimologia online Harper, la parola bully, da cui poi origina il verbo, risalirebbe al 1530, ma il significato differiva notevolmente dalle accezioni moderne. Nel 1500, bully significava innamorato, con probabile origine dalla parola olandese boel, che significa amante o anche fratello. Durante il diciassettesimo secolo la parola subisce una mutazione semantica, diventando spaccone oppure molestatore dei più deboli. Durante il diciottesimo secolo, la parola fu poi usata per riferirsi ai protettori di prostitute. Come verbo, to bully potrebbe risalire al 1710, originatasi dal sostantivo per indicare i comportamenti di prevaricazione con molestie e/o minacce. La forma in -ing (bullying) potrebbe avere avuto origine nel 1770, per indicare gli stessi comportamenti messi in atto ripetutamente e con sistematicità.

Semantica

Esemplificazione di bullismo verbale contro una ragazza

Il bullismo (in lingua inglese bullying) comprende una vasta gamma di comportamenti sociali intenzionalmente e ripetutamente diretti a danneggiare fisicamente o psicologicamente, o quantomeno infastidire, persone o gruppi di persone percepite come più deboli dal soggetto che li perpetra.

Ancora più specificatamente, il bullismo è un comportamento caratterizzato da intenzionalità, sgradito dal destinatario, in grado di produrre danni psicofisici anche di grave entità, compiuto almeno due volte, e che sottende un tentativo di prevaricazione o di messa in ridicolo della vittima, sempre all'interno di una dinamica socio-relazionale che intende definire nel "gruppo" ruoli e status in funzione della rappresentazione della realtà (spesso distorta) da parte del bullo e dei suoi eventuali sodali a vario titolo collusi.

Con il comportamento di bullismo, si avranno pertanto comportamenti e/o atteggiamenti e/o emozioni ad esso associati e classificabili in:

  • fisici, come ad esempio attacco fisico o contatto fisico sgradito dalla vittima ma anche infastidendola con rumori o stimoli visivi;
  • verbali, come ad esempio canzonature o minacce alla vittima;
  • relazionali, come ad esempio escludere o provare a escludere, in modo totale o parziale, la vittima o le vittime dal "gruppo", utilizzando modalità di vario genere, come ad esempio non rispettando intenzionalmente il turno di parola o diffondendo segreti o notizie contro la volontà (anche ragionevolmente presumibile) della vittima. I segreti e le notizie possono essere anche false.

Il bullismo come fenomeno sociale e deviante è oggetto di studio tra gli esperti delle scienze sociali, della psicologia giuridica, clinica, dell'età evolutiva e di altre discipline affini. Il termine viene usato per descrivere il fenomeno soprattutto in ambito scolastico, sebbene non esista una definizione univoca per gli studiosi. Qualora tali atti siano perpetrati via internet si parla di cyberbullismo, intendendosi con tale termine comportamenti e/o atteggiamenti e/o emozioni classificabili in verbali e relazionali (quindi non di natura fisica) perpetrati per mezzo delle nuove tecnologie (internet e social media). Il cyberbullismo comporta l'uso della comunicazione mediata dal computer per attivare e/o supportare comportamenti deliberati, ripetuti e ostili da parte di un individuo o gruppo verso un individuo o gruppo.

Letteralmente, il termine "bullo" significherebbe "prepotente"; tuttavia, la prepotenza, come alcuni autori hanno avuto modo di rilevare, è solo una componente del bullismo, che è da intendersi come un fenomeno multidimensionale. In Inghilterra non esiste una definizione univoca, mentre in Italia, con il termine «bullismo», si indica generalmente «il fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico». In Scandinavia, soprattutto in Norvegia e Danimarca, per identificare il fenomeno viene correntemente utilizzato il termine mobbing, così come in Svezia e Finlandia derivante dalla radice inglese mob stante a significare «un gruppo di persone implicato in atti di molestie». che è, appunto, il calco dell'inglese bullying.

La definizione data dai diversi autori

Il termine bullismo viene spesso utilizzato per riferirsi a fenomeni di violenza tipici degli ambienti scolastici, ma può verificarsi anche in altri contesti sociali riservati ai più giovani. Lo stesso comportamento, o comportamenti simili, in altri contesti, sono identificati con altri termini, come mobbing in ambito lavorativo o nonnismo nell'ambito delle forze armate. A partire dagli anni 2000, con l'avvento di Internet, si è andato delineando un altro fenomeno legato al bullismo, anche in questo caso diffuso soprattutto fra i giovani, il cyberbullismo.

I programmi di ricerca

Inquadramento storico della ricerca sul bullismo

Il primo autore in assoluto a pubblicare un testo, sia pure non accademico, non accademico sul bullismo, oltre che utilizzare per primo il termine medesimo, fu il medico e conduttore radiofonico Peter-Paul Heinemann, un ebreo di origine tedesca nato nel 1931 a Colonia e fuggito nel 1938 assieme alla sua famiglia in Svezia, a causa delle persecuzioni razziali. Nel 1972 pubblicò Mobbning: Gruppvåld bland barn och vuxna (Bullismo: Violenza di gruppo tra bambini e adulti), raccogliendo e ampliando una serie di articoli che erano precedentemente apparsi sul quotidiano svedese Dagens Nyheter già a partire dal 1969. Heinemann fu ispirato, sia riguardo al tema trattato che all'utilizzo della parola mobbing, dalla lettura del famoso libro di Konrad Lorenz L'aggressività. Il primo in assoluto a pubblicare un articolo scientifico fu Dan Olweus, che nel 1973 pubblicò Hackkycklingar och översittare: forskning om skolmobbning (Vittime e carnefici: ricerca sul bullismo scolastico). Heinemann, forse influenzato da analoghe riflessioni di quel periodo sull'Olocausto e le responsabilità del popolo tedesco, definiva il bullismo come "un'aggressione di gruppo verso un individuo o un altro gruppo in un qualche modo provocata da questi ultimi" e ancora i bulli come "bambini altrimenti normali che in particolari circostanze diventano loro malgrado aggressivi". Olweus accettò solo in parte le ipotesi avanzate da Heinemann, rifiutando qualunque colpevolizzazione della vittima, definendo il bullo come "colui che prende l'iniziativa e che è esclusivamente responsabile dell'episodio di bullismo, salvo rare eccezioni". Mentre Heinemann aderiva ad alcune teorie vittimologiche in voga in quel periodo che definivano la situazione e il comportamento della vittima come variabili indipendenti in grado di spiegare buona parte della varianza del fenomeno, Olweus si focalizzò principalmente sul comportamento di tutti i soggetti coinvolti (vittime, persecutori e spettatori più o meno passivi). Tuttavia, il bullismo non ebbe presso l'opinione pubblica di quegli anni la stessa risonanza che successivamente avrà, almeno fino al 1982, quando un giornale norvegese riportò la notizia del suicidio in un brevissimo arco di tempo di tre giovani di età compresa tra i dieci e i quattordici anni, vittime di atti di bullismo perpetrati ai loro danni da un gruppo di coetanei. Nell'autunno dell'anno successivo, Olweus fu chiamato dal Ministero della Pubblica Istruzione norvegese per avviare nelle scuole di ogni ordine e grado una campagna di prevenzione e contrasto del bullismo scolastico.

La ricerca attuale

Nel 2003 in Inghilterra, a fronte dell'incremento notevole di casi di bullismo, è stato necessario adottare nelle scuole un codice di comportamento per aiutare le vittime a denunciare i propri carnefici. Dal 2000 è in atto a livello europeo una rilevazione di dati che consenta un confronto della diffusione del fenomeno del bullismo in vari Paesi europei. Il progetto E-ABC (Europe Anti-Bullying-Project), promosso dalla Commissione Europea, riunisce vari Paesi, ciascuno rappresentato da un'organizzazione nazionale che si impegna nella prevenzione del bullismo.

Negli ultimi anni in Italia sono stati condotti molti studi e ricerche sul bullismo, con l'intento di definire quale sia la diffusione del fenomeno nel paese. Manca però un sistema unitario e permanente di monitoraggio del fenomeno. Secondo l'Indagine nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza pubblicata nel 2011 le forme di prevaricazione più comunemente subite da bambini e ragazzi sono la diffusione di informazioni false o cattive sul proprio conto (25,2%), provocazioni e prese in giro ripetute (22,8%), essere ripetutamente oggetto di offese immotivate (21,6%). Il 10,4% degli intervistati ha detto di subire una continua esclusione/isolamento dal gruppo dei pari. Le forme di bullismo indiretto (verbale e relazionale) appaiono quindi molto più diffuse rispetto alle forme di bullismo fisico. Rispetto a parametri quali sesso ed età, emerge che il bullismo riguarda sia i maschi sia le femmine, con una prevalenza per queste ultime di episodi di diffusione di informazioni false o cattive sul proprio conto.

Variabili indipendenti del bullismo

I tre principali criteri definitori

Nonostante il dibattito in corso su come definire e concettualizzare il bullismo, i tre criteri definitori:

  • intenzione a nuocere
  • ripetitività
  • asimmetria di potere

sono ampiamente accettati, utilizzati e citati dalla comunità scientifica.

Vale a dire un'azione intenzionale eseguita al fine di arrecare danno alla vittima, continuata e protratta nei confronti di un particolare soggetto, caratterizzata da uno squilibrio di potere tra chi compie l'azione e chi la subisce (ad esempio per la mancanza di una tecnica di autodifesa).

Motivazione del bullo e dei sodali

I ruoli

Nelle azioni di bullismo vero e proprio si riscontrano quasi sempre i seguenti ruoli:

"bullo e/o istigatore": è colui che materialmente compie le prepotenze oppure ne ordina l'esecuzione ai compagni; "gregari": sono coloro che affiancano il bullo assistendolo nel compimento delle violenze; "spettatori": sono coloro che assistono alle violenze, il loro ruolo è fondamentale e possono essere "nocivi" come coloro che ridono all'azione del bullo istigandolo e sostenendolo oppure "utili" quando intervengono a favore della vittima; "vittima" o "sopravvissuto": è colui che subisce le prepotenze; "bullo-vittima" o "vittima-reattiva": figura borderline rappresentata da un soggetto che si trova a ricoprire sia il ruolo di martire che quello di carnefice. Si tratta di una figura molto difficile da inquadrare e definire, e questo proprio a causa della sua ambiguità (tanto che alcuni autori preferiscono parlare di “vittima ambigua”. Una prima distinzione è in base al genere del bullo: i bulli uomini sono maggiormente inclini al bullismo diretto, mentre le donne a quello indiretto. Gli uomini in particolare, tendono maggiormente all'approccio di forza, mentre le donne preferiscono la mormorazione. Per quanto riguarda invece l'età in cui si riscontra questo fenomeno, si hanno due diversi periodi. Il primo tra gli 8 ed i 14 anni di età, mentre il secondo tra i 14 ed i 18, ma negli ultimi anni si sono riscontrati fenomeni di bullismo anche tra i ragazzi di 11 anni e anche di meno.

Una quarta figura è rappresentata dall'"attendente o spettatore" che partecipa all'evento senza prendervi parte attivamente (vedi infra). Il bullismo, quindi, varia da un semplice rapporto diadico a una gerarchia di bulli che si circuiscono a vicenda.

Il bullo e/o l'istigatore

Sebbene molto spesso, quando si parla di bullismo, si tenda ad applicare una facile e semplice dicotomia tra leader e gregario, la letteratura in materia è pressoché concorde nel ritenere che non esista un solo tipo di bullo, ma che sia possibile individuarne alcune specifiche tipologie, tutte caratterizzate da proprie peculiarità, caratteristiche e schemi comportamentali. È bene precisare che tracciare il profilo del soggetto che si comporta da bullo non è mai semplice, soprattutto perché, trattandosi di individui in età evolutiva e con un carattere non ancora formato, sono comunque soggetti, con la crescita, a numerosi cambiamenti anche radicali. In genere, si tende a distinguere tra "bullo leader", "bullo cinico", "bullo agitato", "bullo aggressivo", "bullo amico".

Sviluppi nella ricerca hanno dimostrato che fattori come l'invidia e il risentimento possono essere indicatori di rischio per diventare un bullo. I risultati sull'autostima, in particolare, sono controversi: mentre alcuni evidenziano un aspetto narcisistico, altri mostrano vergogna o imbarazzo.In alcuni casi, l'origine del bullismo affonda le radici nell'infanzia, magari da parte di chi è stato a sua volta vittima di abusi. [POV originale e del tutto infondato. Le citazioni sono posticcie.] Ci sono evidenze che indicano come i bulli abbiano molte più probabilità di avere problemi con la giustizia, e che possa strutturarsi da adulto in una vera e propria carriera criminale, soprattutto nel caso del cosiddetto "bullo cinico".

.Gli adulti che abusano della propria personalità, che hanno un atteggiamento autorevole, combinato con il bisogno di controllare l'ambiente circostante, hanno anche una maggiore tendenza a sottovalutare le proprie vittime.

I gregari ed il pubblico

Il ruolo del pubblico è determinante: senza il suo apporto la maggior parte dei bulli si sgonfierebbe in breve tempo perché sono i gregari a determinare lo status di capo di un bullo e, in questo modo, sono loro che gli danno la possibilità di sottomettere e umiliare gli altri ragazzi.

Non a caso, la letteratura prevalente in materia di contrasto al bullismo focalizza le proprie strategie di prevenzione proprio sul ruolo del pubblico e sull’importanza che quest’ultimo può assumere nel corso di un’aggressione: a seconda della loro condotta, gli spettatori possono rappresentare un facilitatore, alimentando l’aggressività e la violenza del bullo, ricoprendo così il ruolo di gregari e andando a costituire il branco, oppure un deterrente, riducendo fino a eliminare completamente la carica aggressiva; in ogni caso, quasi mai quello che il pubblico assume è un ruolo completamente neutrale e privo di conseguenze.

Studi e ricerche, basati prevalentemente sull’analisi di episodi di bullismo ripresi dalle videocamere presenti in molte scuole americane, hanno dimostrato che l’intervento del pubblico a favore della vittima o contro il bullo (identificato con il termine helpful bystanders), è in grado di disinnescare un episodio di bullismo entro dieci secondi dall’inizio.

Per questa ragione, in letteratura si tende a distinguere in primo luogo gli “spettatori dannosi” (hurtful bystanders) che istigano il bullo, lo incitano, ridono o partecipano direttamente alle violenze o guardano senza fare nulla giocando il ruolo di “spettatori passivi”. Anche questi ultimi giocano un ruolo importante fornendo al bullo il pubblico di cui ha bisogno e, con il loro silenzio, avallano la condotta sua e del branco che, così, si sente legittimato a proseguire.

Gli unici “spettatori utili” (helpful bystanders) sono coloro che intervengono direttamente, scoraggiando il bullo o difendendo la vittima, oppure corrono in cerca di aiuto, adulti, autorità o altri ragazzi, per prestare soccorso alla vittima: tutti questi soggetti giocano un ruolo importante nel contrastare e prevenire efficacemente la diffusione del bullismo.

Cerchiamo ora di capire cosa potrebbe spingere un ragazzo a voler far parte del branco: la letteratura in materia individua molte spiegazioni e cause, a volte anche in contrasto tra loro, ma, in linea di massima, le ragioni prevalenti vanno dal carisma del leader, che agisce come una calamita attirando nella sua orbita soggetti affascinati dalla sua personalità, al bisogno di appartenere a un gruppo, tipico di molti adolescenti e preadolescenti in cerca di un’identità, ma anche il bisogno di sentirsi protetti, la noia, la mancanza di solide regole morali fino ad arrivare a veri e propri casi di instabilità psichica.

A seconda delle ragioni che lo hanno spinto avremo un differente profilo di gregario. Partiamo dal contesto generale, cercando di arrivare a una definizione il più possibile precisa e completa di che cosa sia un branco e in base a quali dinamiche operi. Il più delle volte a capo di questi gruppi troviamo dei leader carismatici, sicuri di sé e delle proprie idee, capaci di focalizzare l’aggressività e la violenza del gruppo verso uno o più specifici obiettivi.

Una volta all’interno del branco, la coscienza dell’individuo si affievolisce lasciando il posto a quella collettiva, fenomeno, questo, studiato con particolare attenzione da Gustave Le Bon che, considerato il fondatore della psicologia delle masse, fu uno dei primi studiosi ad analizzare scientificamente il comportamento delle folle, cercando di capire come si muovono e, soprattutto, quali meccanismi entrano in gioco quando l’individuo cessa di essere tale e diventa massa. Le teorie di Le Bon vennero successivamente riprese e sviluppate dal professor Philip Zimbardo della Stanford University, che sviluppò soprattutto la teoria della deindividuazione nota anche come "effetto Lucifero".

La vittima

Mentre in superficie il bullismo cronico può apparire come una semplice azione di aggressione perpetrata su vittime casuali, il ciclo di riattivazione del bullismo può essere visto come una risposta inadeguata da parte della vittima verso l'aggressore, cioè di una risposta che è vista come stimolante da parte del bullo al fine di porre in essere i propri propositi devianti. D'altro canto, una risposta adeguata presuppone la capacità da parte della vittima di ignorare le attenzioni dell'aggressore oppure di stare al gioco nell'ambito dei processi di comunicazione fra pari. La vittima designata, comunque, deve necessariamente dimostrare in qualche modo di non essere intenzionata a continuare a subire alcuna intimidazione né altri sintomi che possano favorirne l'insorgenza. Quei soggetti, infatti, che riescono subito a scoraggiare chiunque a effettuare nuovi tentativi di approccio deviante, sono coloro che più di tutti riescono a sfuggire dal distruttivo ciclo abusivo. D'altro canto coloro che reagiscono rapidamente a situazioni nelle quali si percepiscono delle vittime, tendono a diventare più frequentemente delle potenziali vittime del bullismo.

Il bullo-vittima o vittima reattiva

Secondo uno studio di Barker, Arsenault, Brendgen, Fontan, Maughan (2008) l’idea che i bulli e le vittime siano sempre due ruoli separati necessita di revisioni. Nonostante gli attori del fenomeno del bullismo seguano dei veri e propri script, cioè ruoli stabiliti in una sequenza stereotipata (Menesini, 2003), che dipendono dalle caratteristiche personali e dalle aspettative degli altri nelle interazioni sociali, il ruolo del bullo vittima o vittima reattiva risulta più spurio degli altri. Egli appare come il più problematico degli attori coinvolti nel bullismo, il suo profilo è stato definito secondo la teoria socio cognitiva e secondo la teoria dell’attaccamento. Il bullo vittima sembra distinguersi dalle vittime passive per un’incompetenza sociale generalizzata e per l’inefficacia nell’opporsi al suo aggressore.

Egli presenta una combinazione del modello reattivo aggressivo (tipico del bullo) e del modello reattivo ansioso (tipico della vittima). Da un lato è oggetto di aggressione da parte dei suoi pari, dall’altro reagisce alle offese subite facendo ricorso alla forza (Cerutti et al. 2005). Ciò che distingue le vittime provocatrici da quelle passive è proprio il tentativo di combattere i loro aggressori. Le vittime reattive di solito risultano sgradite anche agli adulti perché manifestano irrequietezza e distrazione e cercano di prevaricare a loro volta attivando situazioni di elevata conflittualità (Cerutti et al., 2008). Questi spesso hanno un comportamento iperattivo, problemi di concentrazione, un concetto di sé per lo più negativo, risultano ansiose e insicure (Cerutti et al, 2008). Il bullo vittima proviene spesso da ambienti ad alto rischio di abuso e maltrattamento, per questo incontra molte difficoltà nelle esperienze sociali (Espelage, Holt, 2006). Infatti, la vittima provocatrice vive nella relazione con l’altro un’alternanza di status (Menesini, 2003). La vittima reattiva, presentando le difficoltà comuni sia ai bulli che alle vittime, ha maggiore probabilità di sviluppare problemi di adattamento rispetto agli altri attori. In particolare la scarsa modulazione dell’aggressività incide sui comportamenti antisociali che possono incontrare il loro picco durante la tarda adolescenza o durante la giovane età adulta (Barker, Arsenault, Brendgen, Fontaine, Maughan, 2008). Secondo Perry, Perry e Kennedy (1992) la teoria dell’attaccamento e la teoria socio cognitiva potrebbero spiegare l’incompetenza sociale del bullo vittima e la sua centrale difficoltà di gestione del conflitto. Il bullo vittima potrebbe aver subito vittimizzazione anche in famiglia o in ambienti extrafamiliari (Espelage, Holt, 2006). Le possibili conseguenze del bullo-vittima dipendono anche dal ruolo disadattivo delle strategie di interazione di tipo aggressivo. Le conseguenze psicopatologiche cui va incontro la vittima reattiva implicano un’ampia serie di problemi di adattamento e difficoltà comuni sia ai bulli che alle vittime passive. Per queste ragioni la collaborazione tra la scuola e la famiglia assume un ruolo centrale per l’intervento e la sua efficacia.

Le tipologie di bullismo

Il bullismo può includere una vasta gamma di comportamenti diretti, ad esempio violenza, attacchi e/o offese verbali, discriminazione, molestie, il plagio e altre vessazioni oppure di comportamenti indiretti, tesi ad ottenere l'allontanamento dal gruppo e l'isolamento utilizzando sistemi come la mormorazione, il rifiuto a socializzare con la vittima, il tentativo di isolarla, mettendo in evidenza caratteristiche fisiche o, addirittura, le sue capacità intellettuali (ad esempio, uno studente particolarmente brillante potrebbe diventare oggetto di scherno come "secchione") fino ad arrivare a spaventare i suoi amici, in modo da indurli ad allontanarsi. Accanto a metodi attivi, finalizzati a emarginare o ferire la vittima, ce ne sono altri di tipo differente, più subdoli, secondo il modello comportamentale del "bullo amico", che, simulando amicizia e accettazione della vittima all'interno del gruppo, nascondono il tentativo di procurarle danni o violenze, ad esempio, sottoponendo la vittima a rituali umilianti, illegali o pericolosi (a seconda dell'età o del contesto, i rituali possono variare e consistere nell'invito a commettere un reato, partecipare a una competizione clandestina in auto o in moto, assumere una grande quantità di alcool o sostanze stupefacenti, fumare ecc.). Lo scopo è quello di alzare sempre più la posta in modo da esporre la vittima a rischi sempre maggiori per poi colpirla nel momento di maggiore debolezza o stanchezza oppure in quello di maggior fiducia in se stessa da parte della vittima.

In diverse circostanze, le vittime possono essere scelte in maniera casuale o arbitraria, specialmente nei gruppi sociali in cui la mentalità bulla può ottenere proseliti nella gerarchia del medesimo gruppo quando, ad esempio, i meccanismi di difesa del gruppo possono essere raggirati in modo tale che non sia necessario andare a cercare le vittime fuori da quel gruppo. Il ciclo di tale comportamento implica, qualche volta, una previsione maggiore delle possibili risposte delle eventuali vittime, rispetto a quei gruppi dove la mentalità bulla si trova a uno status ancora primitivo e dove, idealmente, è ancora possibile intervenire per recuperare i soggetti.

Nella letteratura scientifica si tende a distinguere tra bullismo diretto e bullismo indiretto. Il primo è caratterizzato da una relazione diretta tra vittima e bullo e viene generalmente esercitato attraverso violenze fisiche e/o verbali, mentre il bullismo indiretto, che tende ad attaccare e colpire prevalentemente le relazioni sociali della vittima, mira alla sua emarginazione e al suo isolamento. Entrambe le forme di bullismo possono trovare ospitalità ed essere poste in essere tanto nel mondo reale che in quello virtuale (cyberbullismo).

Il bullismo diretto è caratterizzato da una relazione diretta tra vittima e bullo e a sua volta può essere catalogato come:

  • bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con colpi, calci, spintoni, sputi;
  • bullismo sessuale: mentre la molestia sessuale viene diretta a ledere la sfera della libertà sessuale e ha, quindi, origine o scopo nel soddisfacimento di un qualsivoglia istinto sessuale (conscio o inconscio) del suo autore, il bullismo riguarda, invece, una dinamica di potere tesa esclusivamente a umiliare e ferire la vittima anche con offese ed aggressioni di natura sessuale;
  • bullismo verbale: l’autore (o gli autori) degli atti colpisce la vittima con insulti, offese, prese in giro, frasi cattive e spiacevoli oppure appioppandole nomignoli offensivi, sgradevoli oppure la rende oggetto di battute o allusioni a sfondo sessuale;
  • bullismo di stampo razzista: in questo caso, l’appartenere a una diversa etnia, il parlare male la lingua del paese ospite o l’avere la pelle di un colore differente rendono molto facile per il bullo isolare la vittima e coalizzare il gruppo contro di essa;
  • bullismo omofobo: strutturalmente simile al bullismo di stampo razzista, il bullismo omofobo può assumere forme e modalità differenti: assistiamo a violenze dirette (tipicamente derisione o insulti, ma anche minacce fisiche) oppure violenze indirette, solitamente volte ad emarginare il “diverso” attraverso scritte sui muri relative all’orientamento sessuale del soggetto. Non mancano, tuttavia, episodi di violenze fisiche, che possono arrivare fino all’abuso sessuale vero e proprio.

Il bullismo indiretto è meno visibile di quello diretto, ma non meno pericoloso, e tende a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, escludendola e isolandola per mezzo soprattutto del bullismo psicologico e, quindi, con pettegolezzi e diffamazioni sul suo conto.

Alcune tipologie di bullismo possono consistere in condotte che si pongono a cavallo tra le due fattispecie, come ad esempio:

  • bullismo psicologico: il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal suo gruppo o mette in giro false voci sul suo conto;
  • cyberbullismo o bullismo elettronico: la persecuzione avviene attraverso strumenti telematici con attacchi diretti o indiretti.

Fattori di rischio del bullismo

Fattori socioculturali

Omofobia

Il bullismo nei confronti di queste persone si caratterizza per comportamenti, specialmente di tipo verbale e denigratorio, specialmente in ambienti dominati da stereotipi e pregiudizi nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali.

Soggetti disabili

A causa della propria condizione, molti atti di bullismo compiuti su questo tipo di persone sono spesso confusi con i crimini d'odio.

Il bullismo scolastico

A scuola, il bullismo si verifica non solo in classe ma in tutti gli ambienti che permettono le relazioni tra pari quali palestre, bagni, scuola bus, laboratori o all'esterno. In tali casi si pongono in essere dei comportamenti devianti tesi a isolare un compagno e guadagnare il rispetto degli attendenti che, in tal modo, eviteranno di diventare a loro volta delle vittime designate.

In molte scuole si stanno predisponendo dei codici di condotta anche per gli insegnanti. Per contrastare il fenomeno si può ricorrere a sospensioni, pagelle e respingimenti, o anche castighi corporali che spesso però non fanno altro che peggiorare il fenomeno. Queste soluzioni, infatti, non considerano il dialogo che il docente potrebbe instaurare con lo studente.

In alcuni casi sono gli stessi insegnanti che, per svariate quanto deprecabili ragioni, ridicolizzando o umiliando un alunno/a (per i suoi risultati e/o per caratteristiche personali) davanti ai propri compagni, invitano questi ultimi, esplicitamente o implicitamente, a prenderlo/la di mira, innescando la spirale di isolamento e/o di violenza fisica/morale tipica del bullismo.

Il fenomeno si riscontra anche nelle università e negli enti di ricerca dove sono più frequenti i rapporti tra docenti e propri assistenti, intesi sia come ricercatori sia come dottorandi.

Nei luoghi di lavoro

Le statistiche mostrano che il bullismo è più frequente sul posto di lavoro e che, mentre un impiegato su 10 000 diventa una vittima di mobbing, uno su sei subisce atti di bullismo, molti dei quali non sono necessariamente illegali nel senso che non sono previste dalla policy organizzativa del datore di lavoro. Un'altra fattispecie sono le molestie sessuali che colpiscono soprattutto le donne, in tal senso gli studi presentano delle lacune sui danni subiti dagli uomini.

Su internet

Questa forma di bullismo, chiamata cyberbullismo, è molto diffusa ma non sempre rilevata a causa dell'anonimato con cui agiscono gli aggressori magari tramite l'uso di email, forum asincronici, siti web, social network, ecc.

Secondo l'Indagine nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza pubblicata nel 2011 un quinto dei ragazzi ha trovato in Internet informazioni false sul proprio conto: “raramente” (12,9%), “qualche volta” (5,6%) o “spesso” (1,5%). Con minore frequenza si registrano casi di messaggi, foto o video dai contenuti offensivi e minacciosi, ricevuti “raramente”, “qualche volta” o “spesso” dal 4,3% del campione; analoga percentuale (4,7%) si registra anche per le situazioni di esclusione intenzionale da gruppi on-line.

Nelle istituzioni carcerarie

Un altro ambiente conosciuto per le proprie pratiche coercitive è l'istituto penitenziario. Ciò è inevitabile quando molti dei detenuti sono stati a loro volta bulli prima di finire in carcere e ora si ritrovano a subire le medesime angherie da altri detenuti o, magari, dal personale di polizia penitenziaria.

Nelle forze armate

Nel caso delle forze armate, il fenomeno è molto diffuso, soprattutto nel caso di eserciti formati da coscritti, grazie al ricorso al servizio militare obbligatorio.

I soldati accettano il rischio di perdere la propria vita, nella prospettiva di un miglioramento in carriera quando potranno a loro volta formulare ordini nei confronti di nuove reclute, sia di genere maschile sia femminile. In quest'ultimo caso però gli interessi personali sembrano prevalere rispetto a quelli prettamente pratici, nonostante il ruolo del militare in carriera attualmente sia molto meno impegnativo che nel passato.

Le conseguenze sulla vittima

Gli effetti del bullismo sul benessere di bambini e adolescenti vittime sono spesso devastanti, come ampiamente documentato dalla letteratura. Le vittime di bullismo hanno dichiarato di intrattenere insoddisfacenti (per qualità e numero) relazioni interpersonali con il loro coetanei, e quindi senso di solitudine, bassa autostima, sintomi di depressione e ansia, ritiro sociale e pensieri suicidari. Viceversa, i bulli riportano un livello più elevato di sintomi esternalizzanti, tra cui aggressività generale, comportamenti delinquenziali e di violazione delle regole e uso di sostanze. Gli individui che sono sia bulli che vittime (sempre di bullismo) sono a più alto rischio di sviluppare problemi sociali e di salute mentale.

Legislazione in Italia e all'estero

Italia

La condotta del soggetto che agisce da bullo, anche quando non integrano un reato autonomo, sono sovente pluririlevanti dal punto di vista penale, potendo integrare diversi reati già previsti dal codice penale e dalla legislazione penale speciale, e come tali vengono punite dalla magistratura: possono configurarsi, infatti, alcuni reati tipici come, ad esempio, le percosse, le lesioni personali (art. 581 e 582 codice penale), la minaccia (art. 612), la diffamazione (595), il furto (art. 624), la rapina (art. 628) o danneggiamento di cose (art. 635), molestia o disturbo (art. 660), stupro (art. 609-bis), interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis).

Il bullismo è spesso sanzionato con pene maggiori dovute all'aggravante dei futili motivi.

Una particolare modalità di bullismo, che risulta significativa sia per la rilevanza che per gli effetti su adolescenti e preadolescenti, è quella delle molestie sessuali, cioè quelle attenzioni sessuali (di natura verbale, psicologica e fisica) non desiderate dal soggetto che le riceve. In questo caso, è bene precisare che il reato di violenza sessuale sussiste anche in presenza di un generico gesto verso la zona genitale con l'intenzione di affermare una superiorità del bullo sulla vittima.

L’Italia ha stabilito di affrontare il problema del cyberbullismo con un’apposita legge: si tratta della legge 29 maggio 2017, n. 71, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale» n. 127 del 3 giugno 2017.

La legge nasce con l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo attraverso azioni di carattere preventivo e attuando una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti e prevede alcuni importanti strumenti tra cui la richiesta di rimozione di contenuti lesivi della dignità del minore (art.2) e l'ammonimento del questore (art.7). Quest'ultimo strumento prevede che, fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 del codice penale e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, e laddove questi reati siano stati commessi, attraverso la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro soggetto minorenne, è possibile procedere alla richiesta di ammonimento da parte del questore. Ai fini dell’ammonimento, il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale, e gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età.

Il bullismo possa avere conseguenze molto gravi, ma cosa ci dice la giurisprudenza in merito alla responsabilità penale per le azioni dei bulli e, soprattutto, chi è tenuto al risarcimento dei danni che tali azioni causano alle vittime?

Per prima cosa, dobbiamo precisare che, in Italia, come in altri ordinamenti, esistono due differenti tipologie di responsabilità: una prima (cosiddetta “responsabilità civile” che, a sua volta, può essere divisa in responsabilità contrattuale ed extracontrattuale) che, semplificando al massimo, possiamo definire come quella relativa agli aspetti meramente economici della vicenda e, quindi, al risarcimento del danno, e una seconda (cosiddetta “responsabilità penale”) che, invece, riguarda il diritto-dovere dello Stato di sottoporre a una specifica punizione l’autore di un fatto riconosciuto dalla legge come reato.

Ai fini che qui ci interessano, possiamo dire che la principale differenza tra i due tipi di responsabilità consiste nel fatto che, mentre l’obbligo di risarcire il danno può essere imposto anche a soggetti diversi da chi, materialmente, ha commesso il fatto, la responsabilità penale può essere sempre solo ed esclusivamente attribuita al soggetto che ha commesso il reato.

La responsabilità penale si occupa di tutte quelle azioni o omissioni che, nel codice penale italiano, configurano un reato o, più precisamente, un delitto o una contravvenzione.

Un aspetto molto importante della responsabilità penale è che deve rispettare due importanti principi: la tipicità e la personalità. Sin dalla notte dei tempi, infatti, una delle principali conquiste della civiltà è stata rappresentata dal fatto che la responsabilità penale dovesse essere attribuita personalmente all’autore del fatto; non si può essere chiamati a rispondere penalmente del reato commesso da un'altra persona e non si può essere chiamati a rispondere di un fatto che, al momento in cui fu commesso, non era previsto dalla legge come reato.

Per poter essere punito legalmente, un soggetto deve essere “imputabile”, ossia deve trovarsi in possesso della capacità di intendere e di volere (cosiddetta “capacità naturale”), infatti, secondo l’art. 85 c.p. «nessuno può essere punito per il fatto, se al momento in cui lo ha commesso non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere».

A seconda dell’età del “bullo”, si possono aprire differenti scenari in ambito giudiziario:

– bullo minore di quattordici anni;

– bullo tra i quattordici e i diciotto anni;

– bullo maggiorenne.

Per i minori di quattordici anni esiste una presunzione assoluta di non imputabilità, il che significa che qualunque sia l’effettivo grado di sviluppo psicofisico del soggetto e indipendentemente dal reato che costui ha commesso, non potrà in nessun caso essere sottoposto a un procedimento penale.

Per quanto concerne, invece, il minore che si trova nella fascia compresa tra i quattordici e i diciotto anni, il codice prevede che questi sia imputabile soltanto se, al momento in cui ha commesso il fatto, abbia effettivamente la capacità di intendere e di volere.

Abbiamo visto che, molto spesso, i protagonisti di episodi di bullismo sono minorenni e abbiamo anche visto che l'ordinamento italiano prevede la possibilità di punire penalmente i soggetti tra i quattordici e i diciotto anni che dimostrino un’adeguata maturità.

Nell'ordinamento italiano, il compito di valutare la condotta e la personalità del minore non spetta al giudice ordinario, ma a un giudice specializzato: il Tribunale per i minorenni.

Il Tribunale per i minorenni, che si inquadra tra le sezioni specializzate previste dall’art. 102 Cost., fu istituito nel 1934 con il Rdl 1404, ed è composto da giudici togati e da esperti; normalmente, eccetto le funzioni di gip che sono svolte in veste monocratica, opera sempre in composizione collegiale.

Il genitore che intervenga a difesa del figlio minore, anche contro minori, potrebbe invocare la legittima difesa anche se non è direttamente il destinatario dell'azione aggressiva, purché esista il pericolo di un'offesa ingiusta e minacciata, e la necessità di difendere un diritto. Esiste una responsabilità civile dei genitori dei "bulli" per il risarcimento dei danni alle vittime, essendo i minori sprovvisti di autonomia patrimoniale. Se l'imputato non è maggiorenne, non è ammesso l'esercizio dell'azione civile per la restituzione e risarcimento del danno cagionato dal reato, e sono necessari un procedimento civile e uno penale, distinti.

Per l'azione penale, è competente la Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. Il minorenne non ha legittimazione attiva o passiva ad agire in giudizio: non ha valore la denuncia del minore, se non sottoscritta da chi esercita la responsabilità genitoriale. Anche in corso di anno scolastico, lo studente può chiedere il trasferimento ad altra classe dello stesso istituto, o ad altra scuola. Se adeguatamente motivato, il dirigente dell'istituto di provenienza deve concedere il nulla osta. Tuttavia, non è previsto un termine per il silenzio-assenso, né un automatismo specifico per episodi di bullismo.

Docenti e collaboratori scolastici non sono tenuti dai contratti collettivi di lavoro (e quindi non sanzionabili sul profilo disciplinare) a segnalare a presidi e famiglie episodi di bullismo. In capo al personale scolastico, esiste:

  • una responsabilità civile (patrimoniale), solidale e non alternativa a quella dei genitori del bullo per culpa in educando ex art. 2048 c.c.(Cassazione Civile Sez. III sentenza n. 12501/2000). Per il personale scolastico la culpa in vigilando, per il preside la culpa in organizzando;
  • una responsabilità penale: generica quali cittadini (art. 43 cod. penale), in quanto dipendenti pubblici (art. 28 della Costituzione) e per lo specifico obbligo contrattuale di vigilanza sugli alunni minori (art. 61 legge n. 312/ 1980), in presenza di dolo o colpa grave (negligenza, imprudenza, imperizia), o di atti contra ius volontari e coscienti.

L'amministrazione scolastica (non il danneggiato) deve dare la prova liberatoria che ha adottato la vigilanza e questa era diligente in misura idonea a impedire il fatto; il danneggiato deve solo provare che il fatto è avvenuto nel periodo dal momento dell'ingresso a quello di uscita dalla scuola (Cassazione n. 6331/1998). Viceversa, non c'è presunzione di colpa e quindi l'onere è interamente del danneggiato, per azioni promosse contro i dirigenti scolastici (art. 2043 c.c.).

L'amministrazione scolastica surroga la responsabilità civile del personale soltanto per culpa in vigilando (anticipa il pagamento danni, salvo successiva rivalsa della Corte dei Conti), mentre per ipotesi diverse il dipendente pubblico risponde direttamente e personalmente col suo patrimonio (Cassazione Sez. Unite n. 7454/1).

Il 3 luglio 2019, la stampa italiana ha dato la notizia della prima sentenza per atti di bullismo commessi su un quindicenne, rinchiuso in un garage e torturato per ore da un gruppo di coetanei. La Procura dei Minori di Milano ha inflitto ai quattro minorenni colpevoli delle sevizie una condanna a 4 anni di carcere e a 1.200 euro di multa, oltre ad aver contestato anche i reati di rapina, violenza privata, sequestro di persona e lesioni.

In Europa

Non esiste una normativa europea di riferimento, e i giudici degli Stati membri identificano la legge applicabile in base all'interpretazione analogica di norme già esistenti, che inquadrano il bullismo come reati già codificati.

I programmi anti-bullismo e altre strategie di intervento e fronteggiamento

Il programma di prevenzione del bullismo di Olweus (OBPP)

Durante gli anni ’80, Dan Olweus implementò un programma di prevenzione dal bullismo che porta il suo nome (Olweus Bullying Prevention Program, o OBPP). Questo programma diventò nel 2000 l’unico programma in uso presso tutte le scuole norvegesi.

Dopo otto mesi dalla sua introduzione, il programma fu valutato da sette studi indipendenti condotti su larga scala e che reclutarono oltre 30.000 studenti norvegesi. I risultati evidenziarono una riduzione degli episodi di bullismo, rilevati attraverso questionari self-report, in una misura compresa tra il 35 e il 45 per cento rispetto alla rilevazione condotta otto mesi prima. L'OBPP venne implementato con successo anche in diversi altri paesi, tra cui Islanda, Svezia, Lituania e, in particolare, negli Stati Uniti, dove fu istituito uno specifico gruppo di formazione e ricerca presso la Clemson University nella Carolina del Sud e che ha formato fino ad oggi più di 500 formatori e/o istruttori OBPP. Il programma è stato implementato in più di 8.000 scuole statunitensi.

Il programma di Olweus contro il bullismo è uno dei 10 programmi (su oltre 600 finora vagliati) attualmente utilizzati in tutte le scuole statunitensi nonché l'unico programma sviluppato e implementato fuori dagli Stati Uniti.

Il programma è stato riconosciuto come programma modello dalla Substance Abuse and Mental Health Services Administration e come programma efficace dall'Office of Juvenile Justice and Delinquency Prevention e dal Department of Education degli Stati Uniti.

Una meta-analisi del 2009, finanziata dal Consiglio nazionale svedese per la prevenzione del crimine e condotta dai ricercatori dell'Università di Cambridge sotto la guida di David Farrington, ha evidenziato l'efficacia dell'OBPP, sottolineando la circostanza che l'OBPP era a quel momento l'unico programma evidence-based.

I programmi in Italia

Il legislatore è intervenuto a più riprese sul tema della prevenzione e del contrasto, sia attraverso la Legge 71/2017 (per il contrasto del fenomeno del ciberbullismo attraverso azioni di prevenzione primaria e secondaria nonché psicoeducazione, rivolte sia alle vittime che ai responsabili) e sia attraverso l'aggiornamento delle linee guida (Decreto Ministeriale 18/2021) che consentono ai dirigenti, docenti e operatori scolastici di essere coinvolti attivamente nel contrato del fenomeno. La legge 234/2021 ha inoltre assegnato fondi speciali agli Uffici Scolastici Regionali, sempre in funzione della promozione delle opportune azioni di prevenzione e contrasto.

L’aggiornamento 2021 delle linee guida è il primo aggiornamento successivo alla loro introduzione, avvenuta per il tramite della legge 71/2017 ma di fatto richiamandosi a due precedenti dispositivi, la legge 107/2015, che introduceva tra gli obiettivi formativi prioritari nelle scuole italiane, lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, finalizzato anche ad un uso critico e consapevole dei social network e dei media e la legge 92/2019, che ha introdotto l'insegnamento dell'educazione civica in ogni ordine di scuola ed in particolare l'educazione alla cittadinanza digitale.

L’intento delle prime linee guida emanate nel 2017 era quello di sollecitare i dirigenti, i docenti e gli operatori scolastici ad intervenire con azioni di prevenzione e contrasto sul fenomeno del bullismo e del ciberbullismo, dotandoli di strumenti idonei e di comprovata evidenza scientifica (evidence-based).

Uno di questi strumenti è la Piattaforma ELISA (acronimo di E-Learning degli Insegnanti sulle Strategie Antibullismo), avviato nel 2018 dal Ministero dell'Istruzione e del Merito in collaborazione con un gruppo di ricercatori dell'Università degli studi di Firenze coordinati da Ersilia Menesini. La piattaforma consente la formazione gratuita dei docenti referenti in materia di bullismo e ciberbullismo che sono presenti in numero di due in ogni singolo istituto scolastico, al fine di permettere loro l'acquisizione di specifiche competenze psico-pedagogiche e sociali, fondamentali per intraprendere le azioni di prevenzione e contrasto. Secondo i dati del Ministero (anno scolastico 2022/23), alla piattaforma ELISA risultano iscritti 10.000 docenti italiani in rappresentanza del 70% di tutte le istituzioni scolastiche, primarie e secondarie.

Un altro strumento introdotto dalla legge 71/2017 è quello denominato Generazioni Connesse. Si tratta di un progetto realizzato dal Ministero dell'Istruzione e del Merito, cofinanziato dalla Commissione Europea e realizzato in partenariato con alcune delle principali istituzioni italiane che si occupano di sicurezza in Rete, come ad esempio la Polizia Postale e delle Comunicazioni, l'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, MIBACT, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Generazioni Connesse è uno strumento multifunzione, in quanto si occupa di:

  • implementazione di programmi di educazione sull'utilizzo sicuro di Internet (rivolti a studenti di ogni età, genitori, insegnanti, educatori e con la partecipazione attiva degli studenti più grandi nella fase di progettazione);
  • webinar di approfondimenti su particolari aspetti come ad esempio il grooming, la comunicazione mediata dal computer sui social media, il dialogo tra genitori e figli, il deep fake, il ciberbullismo, la dipendenza dai video giochi e dal gioco on line, la dipendenza dalla Rete, il body shaming, lo zoombombing, il sexting ed altri ancora.
  • helplines dedicate per segnalare la presenza online di materiale pedopornografico o altro materiale riconducibile a pratiche di uso scorretto della Rete.

L'aggiornamento del 2021 ha introdotto, tra le altre cose:

  • le linee guida circa la costituzione di un Team Antibullismo e di un Team per l’Emergenza, o di un gruppo di lavoro integrato, costituito da docenti referenti, animatori digitali, dal dirigente scolastico e da altro personale qualificato;
  • l'introduzione di un protocollo evidence-based di intervento strutturato per affrontare nell'immediatezza i casi di bullismo, compreso il far incontrare bullo e vittima oppure il coinvolgimento del gruppo classe o di possibili spettatori;
  • raccomandazioni e individuazione delle responsabilità degli organi e del personale della scuola.

.Gli strumenti a disposizione di dirigenti scolastici e collegi docenti per reprimere il bullismo nelle scuole e università, sono (o erano fino agli anni novanta): voto in condotta fino alla bocciatura, sospensione fino a 15 giorni di lezione (massimo ammesso), trasferimento "coatto" di classe, espulsione dall'istituto per arrivare fino all'espulsione da tutte le scuole d'Italia a vita, come massima sanzione disciplinare ammessa dalla legge (norme del regio decreto del 1925, in vigore fino al mese di giugno del 1998). Infatti, con Schema di Regolamento del 15 ottobre 2007, il Ministero della Pubblica Istruzione modificava lo Statuto delle studentesse e degli studenti (art. 3 e 4) per chi è sorpreso "in atteggiamenti lesivi della dignità dei compagni e degli stessi insegnanti", reintroducendo la possibilità di sospensione fino alla fine dell'anno scolastico con conseguente automatica bocciatura perché lo studente sospeso superato il limite massimo di assenze consentito, non garantendo il numero minimo di giorni effettivi di lezione[82]: la norma appariva come una naturale continuazione di un voto in condotta non sufficiente, che comporta comunque una inevitabile bocciatura, laddove la mancata sospensione fino a fine anno e la permanenza in aula presentano alte probabilità di peggiorare la situazione di bullismo. Gli organi collegiali (Consiglio di classe o Consiglio d'istituto) deputati a infliggere la sanzione non saranno comunque inappellabili. I ragazzi incolpati, o chi per loro, potranno rivolgersi all'organo di Garanzia della scuola che al suo interno, oltre ai docenti e al capo d'istituto, avrà i rappresentanti dei genitori e degli alunni.

Altri servizi

114 è il numero telefonico di emergenza per i problemi dei minori, gestito dal Telefono Azzurro fin dal 2002. Disponibile anche come app per smartphone, dal 2019 è stato integrato da alcuni istituti scolastici con un servizio di consulenza psicologica e di pronto intervento della Croce Rossa Italiana.

Il bullismo nella letteratura

Le aule sono state sempre teatro di conflitti duri che hanno rispecchiato i conflitti sociali rappresentandoli senza mezze misure, «anche la scuola del Cuore (1885) è segnata dalla violenza. Non si tratta solo del famigerato Franti, il cattivo per eccellenza, ma perfino Garrone, l'esemplare di buono, «ha un coltello col manico di madreperla che trovò l'anno passato in piazza d'armi». Se poi passiamo ai professori, lo scrittore Pietro Micheli (Livorno 1865 - ivi 1934), nel romanzo Ribellione (1909) ci presenta un professor Prato, che non avendo coraggio di prendersela con gli studenti più pericolosi e «una promozione generale sarebbe stata scandalosa, ogni anno bocciava qualcuno del mansueto gregge».

Bibliografia

Saggi

Romanzi e altri generi

  • Albonico M., (2012) "Nemici miei. Una lunga storia di bullismo", Albatros Il Filo.
  • Calabretta M., (2009) Le fiabe per... affrontare il bullismo. Un aiuto per grandi e piccini, Milano, Franco Angeli. ISBN 978-88-568-0677-9
  • Filippo B., (2008) Bulli. Il romanzo choc di un adolescente, Milano, Mursia. ISBN 978-88-425-4090-8
  • Lombardo Pijola M., (2007) Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano Principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi, Milano, Bompiani. ISBN 978-88-452-5839-8

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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