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Delitto d'onore

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In diritto, il delitto d'onore è un reato commesso per vendicare l'onorabilità del proprio nome o della propria famiglia, reato caratterizzato dalla motivazione soggettiva di chi lo commette, volta a salvaguardare (nella sua intenzione) una particolare forma di onore, o, comunque, di reputazione, con particolare riferimento a taluni ambiti relazionali come ad esempio i rapporti sessuali, matrimoniali o comunque di famiglia.

L'onore in questo senso inteso è in alcune legislazioni riconosciuto come un valore socialmente rilevante di cui si possa e si debba tener conto anche a fini giuridici, e specialmente se ne parla quindi in ambito penale.

La ragione si insinua nella considerazione della motivazione delle azioni umane, che in date culture possono tener profondamente ed anche tragicamente conto di esiti estremi della pressione esercitata dalla reputazione sociale; questa muove le decisioni dell'individuo talvolta ben oltre le norme codificate ordinamentali, ma pur sempre occorrerà valutare - almeno in diritto romano - la qualità dell'animus nocendi.

Ordinamento italiano

Uxoricidio, figlicidio e sororicidio per causa d'onore

In Italia, sino alla fine del XX secolo, la commissione di un delitto perpetrato al fine di salvaguardare l'onore (ad esempio l'uccisione della coniuge adultera o dell'amante di questa o di entrambi) era sanzionata con pene attenuate rispetto all'analogo delitto di diverso movente, poiché si riconosceva che l'offesa all'onore arrecata da una condotta "disonorevole" equivaleva a gravissima provocazione, e la riparazione dell'onore non causava riprovazione sociale.

1889 Codice Zanardelli

Nel Codice penale Zanardelli, l'articolo 377 prevedeva le circostanze attenuanti sia per i parenti maschi sia per le parenti femmine della donna uccisa:

«Per i delitti preveduti nei capi precedenti, se il fatto sia commesso dal coniuge, ovvero da un ascendente, o dal fratello o dalla sorella, sopra la persona del conjuge, della discendente, della sorella o del correo o di entrambi, nell'atto in cui li sorprenda in flagrante adulterio o illegittimo concubito, la pena è ridotta a meno di un sesto, sostituita alla reclusione la detenzione, e all'ergastolo è sostituita la detenzione da uno a cinque anni.»

1930 Codice Rocco

Nel Codice Rocco le circostanze attenuanti vengono riconosciute solo al marito, al padre e al fratello della donna uccisa:

Codice Penale, art. 587
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

L'art. 587 del codice penale consentiva quindi che fosse ridotta la pena per chi uccidesse la moglie, la figlia o la sorella al fine di difendere "l'onor suo o della famiglia". La circostanza prevista richiedeva che vi fosse uno stato d'ira (che veniva in pratica sempre presunto). La ragione della diminuente doveva reperirsi in una "illegittima relazione carnale" che coinvolgesse una delle donne della famiglia; di questa si dava per acquisito, come si è letto, che costituisse offesa all'onore. Anche l'altro protagonista della illegittima relazione poteva dunque essere ucciso contro egual sanzione.

A titolo di chiarimento sulle mentalità generali su queste materie, almeno al tempo della promulgazione del Codice Rocco (che però riprendeva concetti già presenti nel Codice Zanardelli), va detto che contemporaneamente vigeva l'istituto del "matrimonio riparatore", che prevedeva l'estinzione del reato di violenza carnale nel caso che lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l'onore della famiglia.

1968 Corte Costituzionale

Quanto all'ordinamento penale italiano, la prima innovazione venne dalla Corte Costituzionale, la quale aveva sancito l'incostituzionalità dell'art. 559 c.p., che prevedeva la punizione del solo adulterio della moglie e non anche del marito e del concubinato del marito (sentenze n. 126 del 19 dicembre 1968 e n. 147 del 3 dicembre 1969, ma in precedenza, nel 1961 si era già espressa in senso opposto). La prima sentenza era seguita, almeno temporalmente, ad un disegno di legge (n.4849, presentato alla Camera dei deputati il 6 febbraio 1968) dell'on. Oronzo Reale, ministro Guardasigilli, che proponeva l'abrogazione delle speciali previsioni sulle lesioni e sull'omicidio "a causa d'onore", proposte riprese pochi mesi dopo da un progetto di revisione dell'ordinamento penale affidato a Giuliano Vassalli. Le proposte erano restate senza effetto, sia per problemi di insufficiente durata delle legislature, sia per una certa posizione di "non sgradimento" da parte dell'opinione pubblica (stigmatizzata, con una certa eco, dal giurista Pietro Nuvolone, il quale sottolineò come non si potesse non tenerne conto).

1981 Legge 442

Dopo l'abrogazione del reato di adulterio nel 1968, dopo l'introduzione del divorzio nel 1970 (legge 898), dopo la riforma del diritto di famiglia nel 1975 (legge 151), dopo l'introduzione dell'aborto nel 1978 (legge 194), le disposizioni sul delitto d'onore sono state abrogate il 5 agosto 1981 (legge 442).

Infanticidio della prole illegittima

Benché la dicitura "delitto d'onore" designi solitamente l'omicidio della moglie, l'articolo 369 del codice penale Zanardelli del 1889, riconosceva le attenuanti anche a chi commetteva un infanticidio per causa d'onore, uccidendo dei figli nati fuori dal matrimonio. Questi figli erano chiamati "prole illegittima". Le attenuanti erano valide purché il bambino non fosse nato da più di cinque giorni e comunque non fosse iscritto nei registri dell'anagrafe. Questa disposizione è stata abrogata nel 1930 con il Codice Rocco, tuttora in vigore.

Nel mondo

Nel mondo, i delitti d'onore avvengono principalmente quando la donna viene accusata di:

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