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Mutilazioni genitali femminili

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Le mutilazioni genitali femminili (MGF) anche note come circoncisione femminile, sono pratiche tradizionali che vengono eseguite in vari paesi con finalità non terapeutiche, e possono ledere fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che vi sono sottoposte. Trovano la loro diffusione in diversi paesi africani, mediorientali, in Indonesia, in Malesia, ma spesso solo presso alcuni gruppi etnici presenti in tali paesi. In Sud America sono praticate tra gli emberá-chamí della Colombia. Le MGF possono risultare eseguite, illegalmente, anche nei paesi in cui gli individui provenienti da tali società siano migrati. Tuttavia, storicamente queste sono state praticate anche in Europa, dove dal XIX al XX secolo si è assistito a interventi di clitoridectomia finalizzati alla cura dell'isteria femminile.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica 130 milioni di donne nel mondo, e che 3 milioni di bambine siano a rischio ogni anno. Il 6 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili.

Le pratiche di mutilazioni genitali, eseguite e tramandate dalle donne più anziane del gruppo, rientrano nell'ambito del controllo socioculturale del corpo femminile da parte delle comunità stesse. Non è possibile sottrarvisi, pena l'esclusione e l'ostracizzazione della bambina (e futura donna) dal gruppo stesso, nonché l'impossibilità di trovare un marito, fattore essenziale per il suo mantenimento e la sua sopravvivenza futuri. Tali pratiche si configurano come atto di estrema misoginia delle società patriarcali che le esprimono poiché non solo negano il piacere sessuale alle donne (riservandolo così ai soli uomini), ma creano loro anche problemi fisici di varia gravità.

Le pratiche di circoncisione genitale sono invasive, non necessarie, pericolose, dolorose e assai traumatiche, poiché vengono recise parti sane dell'apparato riproduttivo femminile, cosa che può portare facilmente a complicazioni di natura igienico-sanitaria nel breve e lungo periodo e, nei casi più estremi, alla morte per dissanguamento o shock. Le mutilazioni sono praticate per scopi religiosi e tradizionali, affinché le giovani crescano controllabili, remissive e sottomesse, quindi risultino accettate all'interno del gruppo sociale di cui sono parte al fine di conservarlo.

Controversie sul termine mutilazione

L'espressione mutilazione genitale femminile può apparire stigmatizzante e controproducente al fine di instaurare una comunicazione con le donne colpite da questo fenomeno, pertanto alcuni studiosi ritengono più idoneo il termine neutro di modificazione genitale femminile.

Tipi di MGF

L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha classificato, a partire dal 1995 e con aggiornamenti nel 2007 e nel 2016, le MGF (mutilazioni genitali femminili) in 4 tipi differenti, con varie sottocategorie.

  • Tipo IV: tutte le altre pratiche reputate dannose per i genitali femminili realizzate per scopi non terapeutici.

Queste pratiche sono eseguite in età differenti a seconda della tradizione: per esempio in Somalia si praticano sulle bambine, in Uganda sulle adolescenti, mentre in Nigeria veniva praticato sulle neonate.

Tutte queste mutilazioni ledono gravemente sia la vita sessuale sia la salute delle donne, ed è a tutela di queste ultime che si adoperano i movimenti per l'emancipazione femminile, soprattutto in Africa.

Le mutilazioni genitali femminili hanno gravissime conseguenze sul piano psicofisico, sia immediate (con il rischio di emorragie a volte mortali, infezioni, shock), sia a lungo termine (cisti, difficoltà nei rapporti sessuali, rischio di morte nel parto sia per la madre sia per il nascituro). Inoltre impedisce alle donne di procurarsi piacere in modo autonomo.

Campagne politiche internazionali contro le Mutilazioni Genitali Femminili

Una campagna per l'abbandono delle mutilazioni genitali femminili è stata lanciata negli anni novanta dalla leader politica Emma Bonino, che, a fianco dell'organizzazione Non c'è pace senza giustizia, ha organizzato eventi, iniziative e conferenze sull'argomento con politici europei e africani.

In Italia nel 2008 un'altra campagna per la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle mutilazioni genitali femminili è stata creata da Mara Carfagna tramite il Dipartimento per le pari opportunità.

Nel settembre 2009 anche Amnesty International ha dato vita a una campagna europea contro le fgm denominata End Fgm

Nel 2010 è stata rilanciata da Emma Bonino, Radicali Italiani e Non c'è pace senza giustizia, la campagna contro le mutilazioni genitali femminili. In tutto il mondo, grazie alla loro iniziativa, sono state raccolte firme per un appello di messa al bando di questa pratica da presentare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite o almeno per una moratoria.

Il 20 dicembre 2012 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili. La risoluzione, depositata dal gruppo dei Paesi africani, è stata in seguito sponsorizzata dai due terzi degli stati membri delle Nazioni Unite.

Il 5 febbraio 2013, Plan Italia e Nosotras hanno lanciato la petizione “Stop alle Mutilazioni Genitali“ con lo scopo di chiedere al Futuro Governo Italiano di impegnarsi a porre fine alle Mutilazioni Genitali Femminili in Italia e nei Paesi dove ancora viene praticata.

Il 1º giugno 2015 l'allora presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha firmato un disegno di legge che istituisce il reato di mutilazione genitale femminile. La pena massima prevista è di quattro anni di carcere con una multa pari a 900 euro.

Il 2 dicembre 2022 presso Palazzo Bembo a Venezia è stata organizzata “Women in Love”, la prima video-mostra dedicata alla battaglia contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) organizzata dalla Onlus italiana A.N.G.E.L.S. (Associazione Nazionale Giovani Energie Latrici di Solidarietà) con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle Mutilazioni Genitali Femminili (clitoridectomia, escissione ed infibulazione) al fine di contribuire a porre fine a questa violenza perpetrata su bambine e giovani donne, una violazione dei Diritti Umani (WHO 2008). La mostra personale dell’artista Benedetta Paravia aka Princess Bee è consistita in 7 video NFT ritraenti 7 donne volontarie di nazionalità diverse che hanno donato la propria estasi alla causa umanitaria. L’artista ha previsto l’utilizzo dei proventi per donare operazioni chirurgiche gratuite di ripristino dello status quo alle vittime di mutilazioni genitali femminili.

Riferimenti normativi

Bibliografia

  • Carla Pasquinelli, Infibulazione. Il corpo violato., Meltemi, Roma , 2007.

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