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Rima
In poesia, la rima è l'identità consonantica e vocalica nella terminazione di due o più parole a partire dall'accento tonico. Spesso tali parole si trovano al termine dei versi.
Indice
Schemi rimici
Baciata
Un verso rima con quello successivo. Schema metrico AABB
«Una donna s'alza e canta |
(G. Ungaretti, Canto beduino, vv. 1-4) |
Alternata
Il primo verso rima con il terzo, e il secondo con il quarto. Schema metrico ABAB, CDCD
«Lo stagno risplende. Si tace E non sono triste. Ma sono |
(G. Gozzano, L'assenza, vv. 21-28) |
Incrociata
Il primo verso rima con il quarto, il secondo con il terzo. Schema metrico ABBA, CDDC
«Non pianger più. Torna il diletto figlio Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato |
(G. D'Annunzio, Consolazione, vv. 1-8) |
Incatenata
Il primo verso rima con il terzo della prima terzina, il secondo con il primo della seconda terzina, il secondo di questa rima con il primo della terza terzina, e così via. Il più alto esito di tale schema di rime è la Divina Commedia, interamente strutturata in questo modo. Questo è anche detto terza rima. Schema metrico ABA, BCB, CDC.
«Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, Amor, ch'a nullo amato amar perdona, Amor condusse noi ad una morte. |
(Dante, Divina Commedia, Inferno, V, vv. 100-108) |
Ripetuta o replicata
Il primo verso rima con il quarto, il secondo con il quinto e il terzo con il sesto. Schema metrico ABC, ABC
«Ma ben veggio or sì come al popol tutto et del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto, |
(Petrarca, Canzoniere, 1, vv. 9-14) |
Invertita, simmetrica o speculare
Il primo verso rima con il sesto, il secondo con il quinto e il terzo con il quarto. Schema metrico ABC, CBA; frequente nelle terzine dei sonetti:
«Mostrasi sì piacente a chi la mira, e par che de la sua labbia si mova |
(Dante, Tanto gentile e tanto onesta pare, vv. 9-14) |
Catalogazione per accento
A seconda della posizione dell'ultima vocale accentata, le rime, così come i versi stessi che le contengono, si possono distinguere in piane, sdrucciole e tronche.
- Piana (o parossitona): l'accento cade sulla penultima sillaba del verso. Es. fatale / mortale
«Tu movi, o Capitan, l'armi terréne; |
(T. Tasso, Gerusalemme liberata, XI, vv. 7-8) |
- Sdrucciola (o proparossitona): l'accento cade sulla terzultima sillaba del verso; si tratta di una rima rara e in genere dà luogo a un verso ipermetro (v. oltre). Es. vivere / scrivere
«Ergasto mio, perché solingo e tàcito |
(J. Sannazaro, Arcadia, egloga I, vv. 1-3) |
- Tronca (o ossitona): l'accento cade sull'ultima sillaba del verso; in genere dà luogo a un verso ipometro. Es. pietà / onestà
«Là ci darem la mano, |
(L. Da Ponte, Don Giovanni, atto I, sc. IX) |
- Sono tipiche rime tronche quelle terminanti per consonante, a seguito del troncamento delle parole finali:
«Perché tarda è mai la morte |
(P. Metastasio, Artaserse, atto III, sc. I) |
Tipi di rima
- Composta (o spezzata o franta): una parola rima con l'insieme di due o più parole. Es. oncia / non ci ha
«cercando lui tra questa gente sconcia, |
(Dante, Divina Commedia, Inferno, XXX, vv. 85-87) |
- Derivativa: tra due parole che hanno omogeneità etimologica. Es. guardi / sguardi
«che per natura sòle |
(F. Petrarca, Canzoniere, 135, vv. 48 e segg.) |
- Rara o cara: usa parole rare, insolite o straniere. Es. (da Blue tangos, Paolo Conte) bovindo / tamarindo
«Mentre urla il medico |
(Arrigo Boito, Lezione d'anatomia, strofa VI, vv. 3 e segg.) |
Secondo i trattatisti medievali una rima italiana si potrebbe definire sempre "cara" quando vi siano tre consonanti prima dell'ultima vocale, il gruppo massimo di consonanti ammesso in lingua italiana (rostro : mostro); in effetti questo tipo di rime risulta più raro delle altre. Tuttavia non esiste una maniera scientifica per distinguere le rime rare.
In ogni caso in italiano sono rare tutte quelle rime tra versi sdruccioli o bisdruccioli (vàndalo / scàndalo)
«Non vogliamo ricordare |
(G. Pascoli, L'or di notte, vv. 21-24) |
- In tmesi: rima tra una parola e una mezza che finisce nel verso successivo. Es. tranquilla-mente / brilla
«Ma sia pioggia di mite lavacro: |
(Alessandro Manzoni, La Passione, vv. 86 e segg.) |
- Grammaticale o desinenziale: ha identità di desinenza. Es. cantando / andando
«Ma più, quand'io dirò senza mentire: |
(F. Petrarca, Canzoniere, 70, vv. 19-20) |
- Identica: parola che rima con sé stessa; esempio tipico è il nome «Cristo» nella Commedia di Dante (per il quale C. non poteva che rimare con Se stesso):
«Esso ricominciò: «A questo regno |
(Dante, Divina Commedia, Paradiso, XIX, vv. 103-108) |
- Perfetta: l'identità di suono è totale. Es. pane / cane
La rima perfetta è la rima "classica" del verso italiano:
«Nel mezzo del cammin di nostra vita |
(Dante, Divina Commedia, Inferno, I, vv. 1-3) |
Si definisce una rima come "perfetta" in genere soltanto quando la si voglia mettere in opposizione alle assonanze, che sono di fatto rime imperfette; es: noto/nodo.
-
Imperfetta (o quasi-rima):
- assonanza: vocali uguali e consonanti diverse. È piena se sono uguali sia le vocali toniche che quelle atone finali. Es. fame / pane;
«Io non so che cosa sia, |
(C. Rebora, Campana di Lombardia, vv. 5-8) |
- consonanza: vocali diverse e consonanti uguali. Es. amore / amaro
«Un riso che non m'appartiene |
(E. Montale, Nel parco, vv. 9 e segg.) |
- Inclusiva: una delle due parole è contenuta nell'altra. Es. erta / deserta
«Squilli, echeggi la tromba guerriera, |
(S. Cammarano, Il Trovatore, atto III, sc. I) |
- Paronomastica: fra due parole di suono molto simile fra loro. Es. venuto / veduto. Può anche essere definita Paragrammatica, quando cioè le due parole in rima differiscono tra loro per un solo e unico grafema, come un questo caso
«Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono |
(F. Petrarca, Canzoniere, 1, vv. 1-4) |
- Ricca: tra parole che condividono altri fonemi prima della vocale tonica, cioè della rima. Es. cantare / saltare
«Vinca 'l cor vostro, in sua tanta victoria, |
(F. Petrarca, Canzoniere, 326, vv. 12-14) |
- Povera: quando c'è identità di rime esclusivamente composte da vocali. Es. mio / Dio.
«Erano i capei d'oro a l'aura sparsi |
(F. Petrarca, Canzoniere, 90, vv. 1-4) |
- Ipermetra o eccedente: una delle due parole è considerata senza la sillaba finale. Es. scalpito / Alpi
«Ah l'uomo che se ne va sicuro, |
(E. Montale, Non chiederci la parola, vv. 5 e segg.) |
Le rime ipermetre sono tipiche di una poesia che non abbia uno schema metrico rigoroso. Tuttavia alcuni poeti riescono a mantenere lo schema metrico del componimento, facendo seguire al verso ipermetro un verso ipometro, in modo che la sillaba eccedente del verso ipermetro rientri nel computo del verso seguente ipometro, e si abbia così un effetto molto simile a quello della rima in tmesi. Esempio:
«Si dondola dondola dondola (Novenario sdrucciolo ipermetro) la sillaba "la" è in più e andrebbe letta nel verso dopo |
(G. Pascoli, Il sogno della Vergine, vv. 49-51) |
- Interna: lega parole che si trovano a metà o all'interno del verso
«Così mia sorte ria mi calca e sbassa |
(Lodovico Leporeo, Centuria di Leporeambi, 38, vv. 1-4) |
Oppure lega una parola interna con la parola di fine verso
«e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.» |
(U. Foscolo, Dei sepolcri, v. 212) |
- Rimalmezzo: benché vengano spesso confuse, la rimalmezzo è qualcosa di più della semplice rima interna; è una rima di tipo metrico, che divide il verso in due semiversi, in due emistichi:
«Immune fruga in fretta arraffa |
(E. Cacciatore, Le cose, vv. 1-3) |
Volendo semplificare il concetto, la rimalmezzo si ha quando i versi potrebbero essere divisi in versi più piccoli rimanti tra loro; in questo caso i versi sono divisibili ognuno in due quinari:
«Immune fruga |
L'endecasillabo che abbia costantemente una rimalmezzo con il verso precedente è detto "Endecasillabo frottolato". Esempio:
«Eo non agio figli né fittigli |
(Gliommero di P.J. De Jennaro) |
Un esempio di rimalmezzo in auge nella letteratura latina medioevale è la rima leonina (e si chiama verso leonino quello che la contiene):
«Fons lucet, plaude, eloquitur fons lumine: gaude. Fons sonat, adclama, murmure dicit: ama.» |
(G. D'Annunzio, Le vergini delle rocce) |
- Per l'occhio: a uguaglianza di parole scritte non corrisponde uguaglianza delle parole all'orecchio. Es. comando / mandò
«lo qual io scrissi, e mando |
(Francesco da Barberino, Documenti d'amore, proemio, vv. 102-103) |
- Per l'orecchio: a uguaglianza di suono non corrisponde uguaglianza delle parole scritte. Es. febbraio / Ohio
«Tu non fai versi. Tagli le camicie |
(Guido Gozzano, La signorina Felicita, VI, strofa 4) |
- Sottintesa: che nasconde una parola, in alcuni casi oscena. Talvolta si trova in un verso privo dell'ultima parola, la cui chiusa è simile a quella del verso precedente (può costituire anche un'assonanza); questo tipo di rima è spesso usato negli stornelli e nelle canzoni popolari, di solito di argomento licenzioso:
«però tu vuoi fare la donna all'antica / quella che ti fa vedere la ...» |
(883 - Te la tiri) |
Rime culturali
Esiste poi un'altra categoria di rime, che fonologicamente parlando non sono vere e proprie rime, bensì il risultato della trasposizione in italiano, a forza di copie successive, di testi in altre lingue o dialetti; questo tipo di rima è detto "rima culturale". Il caso tipico è costituito dalla rima siciliana.
Rima siciliana
Si chiama rima siciliana la rima di "i" con "e" chiusa ("morire" e "cadere") e di "u" con "o" chiusa ("distrutto" e "sotto"). Questo fenomeno si deve alla traduzione manoscritta toscana, seppur sbagliata, dei testi della "scuola poetica siciliana". I poeti toscani successivamente, leggendo le poesie siciliane tradotte in toscano, notarono che esistevano rime all'interno di alcune poesie che non rispettavano gli schemi metrici e, poiché questi presero spunto da esse, l'errore di traduzione diede vita alla "moda" letteraria toscana di inserire rime appositamente sbagliate.
Le rime culturali erano molto in voga nella poesia delle origini.
«Di sùbito drizzato gridò: «Come? dicesti "elli ebbe"? non viv' elli ancora? non fiere li occhi suoi lo dolce lume?».» |
(Dante, Divina Commedia, Inferno, X, vv. 69-71) |
«Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse.» |
(Dante, Divina Commedia, Inferno, I, vv. 48-50) |
Infatti nel sistema vocalico siciliano "e" lunga, "i" breve e "i" lunga latine danno "i", mentre "o" lunga "u" breve "u" lunga latine danno "u": perciò in siciliano avremo rima "tiniri" e "viniri". Dal momento che i testi della produzione siciliana si sono diffusi prevalentemente attraverso le copie fatte da amanuensi toscani, i quali durante il processo di copia li hanno alterati secondo le proprie abitudini di pronuncia anche nelle rime, rime originariamente perfette come "luci" e "cruci" sono diventate "luce" e croce".
Altre rime culturali
- la rima guittoniana o rima aretina (dal poeta Guittone d'Arezzo che ne fa largo uso), che ammette la rima di "i" non solo con "é" (e chiusa) ma anche con "è" (e aperta), e "u" non solo con "ó" (o chiusa) ma anche con "ò" (o aperta)
- la rima umbra, che permette la rima tra "ìe" ed "i" e tra "ùo" e "u"
- la rima bolognese, che rima "u" con "o"
- la rima francese, che fa rimare tra loro "a" ed "e", quando queste sono seguite da n + consonante (es: "ant" / "ent" )
Tutte queste rime sono piuttosto popolari nel '200 e nel '300, successivamente il loro uso va via via scomparendo, anche se in qualche sporadico caso qualche poeta ne ripristina l'uso.
Voci correlate
Altri progetti
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni sulla rima
- Wikizionario contiene il lemma di dizionario «rima»
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla rima
Collegamenti esterni
- (EN) rhyme, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (IT) CercaRime.it - Rimario italiano per trovare in un attimo tutte le rime, anche assonanti, di una qualsiasi parola.
- (IT) Rimario.net Uno strumento gratuito per la ricerca delle parole in rima
- (IT) Generatore di rime Generatore di rime e rimario della lingua italiana.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 29612 · LCCN (EN) sh85113812 · BNF (FR) cb11966968n (data) · J9U (EN, HE) 987007536333605171 |
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