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Tullia Minore

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(LA)

«Foedum inhumanumque inde traditur scelus [...] amens, agitantibus furiis sororis ac viri, Tullia per patris corpus carpentum egisse fertur»

(IT)

«Narrano che lì venne consumato un atto orrendo e disumano: invasata dalle Furie vendicatrici della sorella e del marito, Tullia calpestò col cocchio il corpo del padre»

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 48)
Jean Bardin, Tullia fa passare il suo carro sul corpo del padre

Tullia Minore (in latino: Tullia minor; ... – ...; fl. VI secolo a.C.) è stata figlia del re di Roma Servio Tullio e seconda moglie del successore Tarquinio il Superbo, con cui ebbe i figli Tito Tarquinio, Arrunte Tarquinio e Sesto Tarquinio.

Secondo il racconto di Tito Livio avrebbe ucciso il padre Servio Tullio in complicità col marito; in seguito travolse il suo corpo con un carro trainato da cavalli dopo che era uscito dalla Curia.

Matrimonio

Tullia Minore fu moglie di entrambi i figli di Lucio Tarquinio Prisco, quinto re di Roma; dapprima si sposò con Arunte Tarquinio, mentre la sorella, Tullia Maggiore, andò in sposa a Lucio Tarquinio (futuro ed ultimo re):

(LA)

«Servius [...] ne, qualis Anci liberum animus adversus Tarquinium fuerat, talis adversus se Tarquini liberum esset, duas filias iuvenibus regiis, Lucio atque Arrunti Tarquiniis iungit [...]»

(IT)

«Servio [Tullio], per evitare che l'odio nutrito dai figli di Anco nei confronti di Tarquinio divenisse il medesimo sentimento dei figli di Tarquinio nei suoi confronti, diede in moglie le sue figlie ai due giovani rampolli reali, Lucio e Arrunte Tarquinio»

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 42.)

Lucio Tarquinio e Tullia Minore si unirono in matrimonio dopo avere ucciso i rispettivi consorti; Servio Tullio non fu contrario né consenziente alle loro nozze:

(LA)

«Lucius Tarquinius et Tullia minor prope continuatis funeribus cum domos vacuas novo matrimonio fecissent, iunguntur nuptiis, magis non prohibente Servio quam adprobante»

(IT)

«Lucio Tarquinio e Tullia minore, dopo aver reso libere le loro case per nuove nozze con due funerali quasi contemporanei, si unirono in matrimonio; Servio, più che approvare, non si oppose»

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 46.)

Parricidio

Giorno dopo giorno, Tullia Minore istigava ed incitava il marito a commettere un secondo delitto: quello del padre, il re Servio Tullio. Il furore della donna (muliebres furiae) era dovuto al sentimento di ammirazione e, insieme, invidia nei confronti di Tanaquil, che, seppur straniera, era riuscita a far salire sul trono prima il marito e poi il genero (rispettivamente Tarquinio Prisco e Servio Tullio).

Quando Tarquinio decise di impossessarsi del potere e scaraventò giù dalle scale della curia Servio Tullio, dopo averne occupato il trono, fu Tullia ad inviare i sicari che assassinarono il re. Ella, poi, giunse in senato con il proprio cocchio e, dopo averlo chiamato fuori dalla curia, conferì al marito il titolo di re. Indi, su consiglio di Tarquinio, si allontanò da quel luogo, che in seguito ricevette l'appropriato nome di Vicus Sceleratus.

(LA)

«[...] cum se domum reciperet pervenissetque ad summum Cyprium vicum, ubi Dianium nuper fuit, flectenti carpentum dextra in Urbium clivum ut in collem Esquiliarum eveheretur, restitit pavidus atque inhibuit frenos is qui iumenta agebat iacentemque dominae Servium trucidatum ostendit»

(IT)

«quando, tornando a casa, giunse in cima alla via Cipria (dove fino a poco tempo fa era sito il santuario di Diana) e ordinò di piegare verso il Clivo Urbio e di essere condotta all'Esquilino, il cocchiere arrestò il mezzo con un colpo secco di redini e, impallidito, indicò alla padrona il cadavere di Servio, abbandonato per terra»

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 48)

Non paga dell'assassinio del padre, ordinò al servo di calpestarne il corpo con il cocchio. In seguito, contaminata e respersa (macchiata nell'animo e nel corpo), ripartì sulla vettura che grondava sangue e fece ritorno a casa.

Esilio

La rivolta scatenatasi contro il re Tarquinio in seguito all'oltraggio subito da Lucrezia colpì anche Tullia Minore, costretta all'esilio insieme con i figli ed il marito:

(LA)

«Inter hunc tumultum Tullia domo profugit exsecrantibus quacumque incedebat invocantibusque parentum furias viris mulieribusque»

(IT)

«Nel pieno di questa agitazione, Tullia fuggì dal palazzo e, dovunque passava, la gente la subissò di maledizioni e invocava le furie mandate come tormento dai genitori uccisi»

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 59)

Tullia Minore nell'arte

Letteratura

Oltre a Tito Livio, anche Ovidio e Valerio Massimo descrissero la scena del gesto di Tullia nei confronti del proprio padre, rispettivamente nei Fasti (Tullia coniugio, sceleris mercede, peracto / his solita est dictis exstimulare virum [...]) e nei Factorum et dictorum memorabilium libri IX (Unde autem potius quam a Tullia ordiar, quia tempore vetustissimum, conscientia nefarium, voce monstri simile exemplum est? [...]).

In epoca moderna la storia venne ripresa dallo scrittore britannico William Painter (1566).

Musica

Nel 1678 Giovanni Domenico Freschi compose Tullia superba, dedicata proprio alla figura della figlia di Servio Tullio.

Pittura

Nel corso del Settecento, il personaggio di Tullia Minore venne rappresentato in diverse tele: intorno al 1718, in un'opera (poi perduta) di Giovan Battista Tiepolo; nel 1735 da Michel-François Dandré Bardon; nel 1765 in un'opera di Jean Bardin e nel 1783 da Philipp Friedrich von Hetsch. Nel 1816 Bartolomeo Pinelli realizzò un'incisione raffigurante Tullia sul cocchio che passa sul corpo del padre per L'Istoria Romana.

Bibliografia

Voci correlate

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