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Basanite

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Basanite
Bomba vulcanica di basanite nera con uno xenolite verde di dunite
Categoria roccia magmatica
Sottocategoria roccia effusiva
Minerali principali plagioclasio, clinopirosseno, feldspatoidi, olivina
Struttura isotropa
Tessitura porfirica, afanitica o vitrofirica
Colore nero, grigio scuro
Sezioni sottili di basanite
fenocristalli di augite in una pasta vetrosa bruna con amigdale riempite da phillipsite. Limburg, Baden-Württemberg.

Il termine basanite originariamente indicava un basalto porfirico contenente fenocristalli di pirosseno. Attualmente indica un gruppo di rocce magmatiche effusive basiche e sottosature in silice, composte da uno o più feldspatoidi, clinopirosseno, plagioclasio e olivina.
La basanite ha una tessitura olocristallina o ipocristallina porfirica. Il colore della roccia è molto scuro, tipicamente nero, o grigio scuro o grigio-verde in superficie.

Etimologia

Il nome viene dal greco βάσανος (bàsanos = pietra di paragone) e l'origine è tradizionalmente attribuita a Teofrasto (320 a.C.). Dato il suo colore la pietra era utilizzata per stimare a occhio la purezza di altri minerali, e veniva quindi chiamata pietra di paragone. Da questo nome deriva l'espressione poi entrata nel linguaggio comune.

Composizione mineralogica

Posizione delle basaniti nel diagramma QAPF
Tabella classificazione TAS

Se la roccia è completamente o quasi cristallizzata si calcola la moda. In questo caso deve rientrare nel campo 14 del diagramma QAPF e quindi contenere dal 10 al 60% in volume di feldspatoidi (leucite, e/o nefelina e/o analcime e/o haüyna), mentre l'eventuale feldspato potassico, se presente, deve essere inferiore al 10% del totale dei feldspati. Se la roccia è ipocristallina, si calcola la norma e si utilizza il diagramma TAS. In entrambi i casi la percentuale in peso di olivina discrimina tra basaniti (olivina > 10% in peso) e tefriti (olivina < 10%), che occupano lo stesso campo. Si usa anteporre al nome della roccia il nome del feldspatoide prevalente (ad es. nefelin basanite, analcime basanite).

Varietà

La limburgite è una varietà priva di feldspati, con fenocristalli di pirosseni, olivina e minerali opachi in una pasta di fondo vetrosa contenente gli stessi minerali + nefelina. Il nome deriva dalla località di Limburg, vicino a Sasbach am Kaiserstuhl, nel Baden-Württemberg (Germania), dove la roccia è diffusa. Oggi viene considerata sinonimo di ialo-nefelin-basanite (ialo indica la presenza di vetro). Alcune limburgiti contengono cristalli di orneblenda e biotite, altre presentano cristalli di hauyna, altre ancora anortoclasio.

Composizione chimica e norma

Chimicamente la basanite ha un basso contenuto di silice (dal 42 al 45% SiO2), e un alto contenuto di alcali (dal 3 al 5,5% di Na2O e K2O) rispetto al basalto, che di solito contiene più SiO2, come risulta evidente dallo schema utilizzato per la classificazione TAS. La nefelinite è ancora più ricca di Na2O e K2O rispetto a SiO2.

Media di 165 analisi
% in peso
SiO2 45,16
TiO2 2,56
Al2O3 14,99
Fe2O3 4,02
FeO 7,65
MnO 0,16
MgO 8,71
CaO 10,39
Na2O 3,62
K2O 2,00
P2O5 0,75
Minerali normativi
% in peso
Ortoclasio 11,61
Albite 12,42
Anortite 18,38
Nefelina 9,55
Diopside 21,03
Olivina 12,38
Magnetite 5,72
Ilmenite 4,71
Apatite 1,74

Distribuzione

Le basaniti si trovano sia sui continenti che nelle isole oceaniche. Insieme ai basalti, sono in larga parte prodotte da un vulcanismo sopra punti caldi.

In Italia:

Nel mondo:

Utilizzo

Statuetta in basanite di Livia Drusilla conservata al Louvre

La basanite, detta anche pietra Bekhen, è stata usata come pietra ornamentale dagli Egizi e successivamente dai Romani per la costruzione di statue, lapidi e stele.

Dal punto di vista storico la basanite è uno dei primi materiali che l'uomo abbia mai lavorato, risalendo il suo utilizzo ad almeno tremila anni prima di Cristo. I Romani la sfruttarono intensamente e soprattutto nel primo secolo dopo Cristo I d.C.

Pur essendo stata largamente impiegata nella realizzazione di statue, essa non è considerabile un "marmo nero" poiché non è una roccia metamorfica quale è invece il marmo, bensì una roccia ignea effusiva. La sua compattezza, la ridotta porosità e la suddetta composizione mineralogica, ne fanno una pietra dura di difficile lavorazione. Plinio paragonò questa roccia al ferro.

La cava di questo materiale è referenziata nel cosiddetto Papiro delle miniere d'oro, realizzato intorno al 1160 a.C., trovato nella zona di Tebe intorno al 1820 e conservato nel Museo delle antichità egizie di Torino. La cava si trova in una area ad intensa attività tettonica nel Uadi Hammamat, tra le città di Qift sul Nilo e Quseir sul Mar Rosso, nel centro del Deserto Orientale dell'Egitto.

Riferimenti

Voci correlate

Altri progetti

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