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Circolazione extracorporea

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Circolazione extracorporea
Procedura medica
Classificazione e risorse esterne
ICD-9 36.65
MeSH D002315

La circolazione extracorporea (CEC) è una tecnica che consente la temporanea sostituzione del cuore e dei polmoni con una macchina cuore-polmone (in inglese Heart Lung Machine), un dispositivo biomedicale (o apparecchio elettromedicale), utilizzato soprattutto in cardiochirurgia, che garantisce la sopravvivenza dei pazienti chirurgici sostituendo temporaneamente le funzioni cardio-polmonari. Si tratta in generale di una sorta di terza circolazione che funziona artificialmente durante l'intervento chirurgico aspirando il sangue prima che arrivi al cuore destro, cioè dalla vena cava superiore e da quella inferiore (sangue desaturato), convogliandolo attraverso cannule e tubi in un ossigenatore e reimmettendolo poi nel sistema arterioso del paziente.

La CEC, tuttavia, non viene utilizzata solamente durante gli interventi di cardiochirurgia, ma ha largo utilizzo anche all'interno di sale operatorie che eseguono trapianti, durante i quali è necessario lavorare sull'organo in questione continuando tuttavia a mantenere il resto dell'organismo del paziente irrorato di sangue. In questi casi non viene sempre utilizzata; nei trapianti di fegato viene infatti utilizzata un'apparecchiatura notevolmente più semplice (provvista, sostanzialmente, solo di una pompa e di tubi che permettono di portare il sangue verso questa e di farlo pervenire di nuovo al paziente) che permette di bypassare il fegato.

La CEC può anche essere utilizzata in chirurgia toracica per pazienti affetti da tumore o come supporto cardio-circolatorio in pazienti con insufficienza cardiaca.

La macchina cuore-polmone e le varie metodiche di circolazione extra-corporea sono gestite dal tecnico perfusionista. Un metodo di incannulazione cardiaca è il by-pass cardio–polmonare: consiste nel bypassare tutto il sistema cardio-polmonare, deviando il sangue dalle vene cave direttamente nell'aorta. All'interno del circuito extracorporeo avvengono gli scambi gassosi e la regolazione dei parametri idroelettrolitici e dell'equilibrio acido-base.

Storia

La macchina cuore-polmone è stata ideata per la prima volta da John Heysham Gibbon. Lo scienziato sovietico Sergej Sergeevič Brjuchonenko aveva sviluppato una forma primitiva di macchina cuore-polmone per perfusione totale del corpo (avtožektor, in russo автожектор) nel 1926, mentre il Dr. Clarence Dennis ha guidato il team che ha condotto la prima operazione a cuore aperto con un sistema analogo il 5 aprile 1951 presso l'ospedale dell'Università del Minnesota, a seguito di quattro anni di sperimentazione in laboratorio su dei cani, con un gruppo chiamato Iron Heart. Il paziente, tuttavia, non è sopravvissuto a causa di un complesso difetto cardiaco congenito inaspettato.

Gli esperimenti sui cani furono documentati con un filmato, denominato Experiments in the Revival of Organisms, il quale non riproduce gli esperimenti originali, ma loro ricostruzioni.

Scopo della macchina cuore-polmone

Lo scopo della circolazione realizzata artificialmente è duplice:

  • ottenere un campo operatorio esangue ed immobile
  • mantenere in vita il paziente e vitali gli organi, garantendo l'irrorazione da parte della circolazione sistemica.

Caratteristiche del circuito

Un circuito per la circolazione extracorporea è composto da:

  • Cannula in atrio destro
  • Reservoir
  • Ossigenatore
  • Scambiatore di calore
  • Filtri
  • Pompa
  • Cannula di reimmissione

Cannule

Le cannule utilizzate in circolazione extracorporea, sono tubi in materiale polimerico. Sono progettate in modo da far circolare il sangue con il minimo grado di turbolenza e devono anche essere sufficientemente robuste per evitare che si pieghino o collabiscano ma, allo stesso tempo, devono essere flessibili per essere maneggiate facilmente.

La CEC prevede due tipi di connessione:

  • per il prelievo venoso
  • per l'immissione del sangue arterializzato

Connessione per il drenaggio di sangue venoso

È effettuabile mediante due tecniche:

  • sistema delle doppie cannule (una nella vena cava superiore e una nella vena cava inferiore). Viene utilizzato negli interventi cardiochirurgici in cui è necessario aprire le cavità cardiache di destra (trapianti, correzione di difetti congeniti, patologie valvolari).

La procedura prevede l'isolamento della vena cava superiore con l'aorta reclinata a sinistra. È circondata la vena cava inferiore, viene lussato il massiccio ventricolare verso sinistra e si fa passare un laccio. È poi introdotta nella vena cava superiore una cannula e creata una "borsa di tabacco" sull'auricola destra con la cannula a 90°. Stessa cosa per la vena cava inferiore.

  • sistema della monocannula atriale: si mette una sola cannula nell'atrio di destra oppure ci sono cannule che oltre ad avere l'estremità perforata hanno anche dei fori laterali, che vengono introdotti nell'auricola di destra fino alla vena cava inferiore. L'estremità perforata aspirerà il sangue dalla vena cava inferiore, mentre i fori laterali aspireranno dall'atrio destro e quindi dalla vena cava superiore. Viene utilizzato nella maggior parte degli interventi attuali nei quali non è necessario aprire le cavità di destra (correzione della valvola mitrale o della valvola aortica, aneurismi della aorta intratoracica, patologie a carico del ventricolo sinistro).

Sistema di immissione arteriosa

Attualmente viene preferito per vantaggi pratici quello nell'aorta ascendente. Essa, prima dell'origine del tratto brachiocefalico, ha un decorso prevalentemente intrapericardico. La femorale viene evitata per la necessità di una seconda incisione.

L'aorta ascendente viene evitata solamente in alcune situazioni:

  • patologie dell'aorta ascendente (aneurismi, dissecazioni acute e croniche)
  • reinterventi cardiochirurgici che hanno già utilizzato l'aorta ascendente come via di immissione o in caso di bypass aorto-coronarici.

In questi casi si utilizza la via periferica femorale (il cervello è perfuso mediante flusso retrogrado attraverso l'aorta, ma con il rischio di dissezione retrograda), l'arteria iliaca (con la sconvenienze dell'apertura dell'addome) o l'arteria succlavia.

Reservoir

È un sistema di aspirazione formato da tubi collegati a un vuoto spinto e collegato al reservoir vero e proprio in cui il sangue va a depositarsi; questo dispositivo dà la possibilità di accumulare un certo quantitativo di sangue, svuotando il sistema circolatorio del paziente se il chirurgo ne ha l'esigenza, e consente anche di evitare che le vene cave collabiscano a causa di un aumento dei giri della pompa o una vasodilatazione del paziente, che comporterebbe un accumulo di sangue nel corpo stesso.

Il circuito in fase iniziale deve essere riempito di sangue o di altre soluzioni (priming). Fino agli anni '60 si usava sangue eparinato di 20-30 donatori. Oggi si utilizzano autotrasfusioni di sangue, ringer acetato più adenosina o soluzione glucosata o fisiologica arricchita (albumina), oppure ringer lattato più crystalsol o mannitolo.

Si deduce che durante la CEC si ha emodiluizione (con ematocrito tra il 20 e il 25%). I vantaggi comprendono un minore uso di sangue, una diminuzione della viscosità del sangue, diminuiti danni d'organo e minori costi economici. I problemi principali, invece, comprendono un maggior sovraccarico idrico e la difficile diagnosi differenziale post-operatoria tra la piastrinopenia da emodiluizione e la temibile piastrinopenia da eparina.

Ossigenatore

In CEC, nel tempo, sono stati utilizzati quattro tipi fondamentali di ossigenatori: a dischi rotanti, a bolle, a membrana ed a fibre cave.

L'ossigenatore a dischi rotanti, fra i primi tipi utilizzati, ideato nel 1915 da Hooker e sviluppato nei primi anni '50, consiste di una serie di dischi coassiali che ruotano. Quindi, il sangue venoso è distribuito sulla superficie di questi dischi in forma di pellicole per aumentare la superficie di contatto. Anche in questo caso il sangue venoso e l'ossigeno sono in contatto diretto.

L'ossigenatore a bolle, sviluppato nella seconda metà degli anni '50, permette un contatto diretto tra sangue venoso e ossigeno. È costituito da una colonna di ossigenazione nella quale simultaneamente sono immessi sangue venoso e ossigeno; segue un sistema di deschiumaggio per eliminare le bolle. I dispositivi più moderni presentano incorporato nell'ossigenatore lo scambiatore di calore.

Perfusionista al lavoro

L'ossigenatore a membrana, entrato in uso negli anni '90, permette scambi per diffusione attraverso una membrana semipermeabile di gomma siliconata che separa completamente gas e sangue. Evitare la formazione di bolle diminuisce i rischi di una embolia gassosa, i danni da esposizione diretta ai gas (emolisi, consumo piastrinico e dei fattori della coagulazione) e aumenta il possibile utilizzo per periodi prolungati di CEC.

L'ossigenatore a fibre cave è formato da fasci di sottilissime fibre cave semipermeabili al gas al cui interno fluisce ossigeno con sangue all'esterno.

Gli ossigenatori moderni si avvicinano maggiormente alla fisiologia polmonare. Non vi è più contatto diretto grazie alla mediazione di una membrana. Questo garantisce maggiore somiglianza alla fisiologia degli scambi gassosi e minori problematiche dovute al contatto diretto (traumatismi degli elementi del sangue e problemi infettivi).

La scelta dell'ossigenatore determina differenze nel lay–out circuitale, infatti l'ossigenatore a membrana è messo a valle della pompa a causa delle sue elevate perdite di carico, che influenzerebbero pesantemente la quantità di sangue che ritorna dal paziente stesso, in questo modo la pompa provvede a compensarle; al contrario l'ossigenatore a gorgogliamento andrebbe messo prima della pompa, essendo strutturato in modo da avere una riserva arteriosa derivante dal deschiumaggio, procedimento necessario dopo il gorgogliamento.

Scambiatori di calore

Hanno la funzione di regolare la temperatura del sangue e di conseguenza la temperatura del paziente. Lo scambiatore di calore è posto a monte dell'ossigenatore: l'ossigenatore aumenta notevolmente la pressione parziale dell'ossigeno nel sangue, il quale si può trovare sia in forma legata all'emoglobina, sia in forma disciolta nel plasma; l'ossigeno disciolto, tende ad aggregarsi all'aumentare della temperatura, formando bolle.

Una caratteristica importante di questo dispositivo, posta a salvaguardia dell'asetticità del sangue, è quella di evitare, in caso di danneggiamento, che il liquido termovettore (acqua) vada a contatto col sangue ed entri in circolo. Questo è possibile mantenendo il liquido ad una pressione leggermente inferiore a quella del sangue, in modo tale che, in caso di danneggiamento, sia il sangue a trasferirsi nel circuito esterno e non viceversa.

Filtro

È sempre presente anche se alcuni lo considerano solo uno strumento cautelativo, visti gli accorgimenti precedenti. Grazie alla sua struttura microreticolata, impedisce il passaggio di microcoaguli, minuscoli frammenti di tessuto, piccolissime bolle. Non si monta più di un filtro in serie perché oltre l'alta efficienza del filtro, vi sono misure preventive anche a monte del circuito e soprattutto si aumenterebbero eccessivamente le perdite di carico.

Pompe

Le pompe utilizzate nel circuito per la circolazione extracorporea (di solito è presente anche una pompa d'emergenza) sono quattro: una è la main pump, cioè la pompa che mantiene il sangue in circolo, un'altra è utilizzata per la cardioplegia e le altre due servono come aspiratori.

La pompa principale può essere di due tipi: Roller o Centrifuga. Entrambe sono a flusso continuo, contrariamente al cuore che, invece, è una pompa pulsante. A seconda di parametri soggettivi, la pompa assicura la portata adeguata al paziente (dai 4 ai 7 l/m).

La caratteristica teorica saliente della Roller, essendo una pompa volumetrica, è la capacità, grazie alla sua struttura meccanica, di mantenere costante la portata qualsiasi sia il carico (la resistenza) a valle. Il principio di funzionamento della pompa Roller è il seguente: un tubo deformabile, viene posto in un vano semicircolare dove due o più rulli collegati ad altrettanti bracci, ruotando, lo comprimono, spingendo avanti il volume di sangue antecedente al rullo. La Roller è una pompa volumetrica; ciò vuol dire che, se il motore a disposizione è sufficientemente potente, la sua portata dipende esclusivamente dal volume di sangue spinto nel vano semicircolare e dal numero di giri, indipendentemente dal carico idraulico che deve vincere. Per questo motivo è normale che il motore di questa pompa sia sovradimensionato. Un fattore che può far variare la portata, a parità di numero di giri, è la temperatura del sangue e la temperatura a cui la pompa si trova. Infatti, il tubo essendo di materiale polimerico, risente facilmente delle variazioni di temperatura, che provocano variazioni del suo diametro, con conseguente variazione della portata.

Al contrario con la pompa Centrifuga, la portata varia in relazione al carico (a parità di numero di giri), ma, visto il suo principio di funzionamento, provoca molta meno emolisi della Roller e non manda in circolo eventuali bolle gassose. La si preferisce quindi in interventi con tempi di CEC molto lunghi, quali la tromboendoarterectomia polmonare, in modo da ridurre la perdita di eritrociti e il rilascio in circolo di emoglobina libera.

Aspiratori

Due delle quattro pompe presenti nel circuito per la CEC, sono usate per gli aspiratori. Vengono utilizzati due aspiratori, il primo per recuperare il sangue versato nella cavità toracica a causa, per esempio, delle ferite chirurgiche, il secondo per recuperare il sangue dal ventricolo sinistro proveniente dalle vene di Tebesio. Il sangue recuperato viene poi filtrato, ossigenato e reimmesso nel circuito a livello del reservoir (VENT).

Per il loro principio di funzionamento e le tecniche costruttive, gli aspiratori sono altamente emolitici, poiché sottopongono i globuli rossi a depressioni e a moti turbolenti considerevoli.

Accanto ai limiti dovuti alla struttura fisica del circuito, si possono individuare altri punti di criticità, legati soprattutto alla fisiologia dell'apparato circolatorio e alle caratteristiche ematiche. In primis per impedire il deterioramento delle fibre muscolari del miocardio è necessario che il cuore venga continuamente alimentato durante lo svolgimento dell'operazione chirurgica; se alimentato con sangue però, il cuore tende a riprendere a pulsare.

Il problema viene risolto con la cardioplegia ematica, una soluzione cristalloide, che viene fatta scorrere in maniera diretta o retrograda, contenente un'elevata concentrazione di ioni potassio che impediscono qualsiasi attività al miocardio. Nella soluzione viene introdotta una piccola quantità di sangue per tentare di ricreare l'ambiente fisiologico. È indispensabile considerare anche il fatto che il contatto tra sangue e materiale estraneo provoca coagulazione: per evitare ciò, il sangue viene infuso di eparina, sostanza anticoagulante che agisce rapidamente ma ha una breve durata d'azione, prima di entrare in circolazione extracorporea. Terminata l'operazione viene somministrato al paziente del solfato di protamina, antidoto dell'eparina, ripristinando l'attività coagulatoria.

La dose iniziale di eparina è 4 mg per chilogrammo peso del paziente ed è iniettata dall'anestesista. Il tempo di coagulazione è determinato prima di cominciare la CEC, per assicurare adeguata anticoagulazione. Il tempo di coagulazione è monitorato ogni mezz'ora ed è mantenuto maggiore di 480 secondi da dosi supplementari di eparina. Inoltre per evitare la presenza d'aria e quindi di bolle, l'intero circuito per la circolazione extracorporea viene preventivamente riempito con un liquido detto di priming o di riempimento, costituito principalmente da soluzione fisiologica, eparina, ed eventuali farmaci richiesti dall'anestesista per le condizioni particolari del paziente. Il volume di priming deve essere il minore possibile: il collegamento del paziente al circuito per la circolazione extracorporea comporta un aumento del volume vasale e data la presenza del liquido di priming si ha una conseguente diluizione del sangue. È stato accertato che è ammissibile un abbassamento dell'ematocrito fino ad un limite del 15%, al di sotto del quale, i globuli rossi non sono più sufficienti per soddisfare le esigenze vitali del paziente, anche se si aumenta la portata (andando incontro a seri problemi dovuti all'emolisi). Quindi, più piccolo è il volume di priming, più piccolo è il grado di diluizione del sangue, con conseguente riduzione delle eventuali complicanze.

VENT

Nonostante la CEC, ci possono essere altre fonti che, nonostante l'aspirazione cavale, possono portare sangue alle cavità cardiache: il seno coronario, il sangue sfuggito alla aspirazione cavale e le vene di Tebesio. Nei primi due il sangue in eccesso si trova nell'atrio destro e sarà pertanto aspirato dalla cannula venosa già ivi precedentemente posizionata; nel caso delle vene di Tebesio esse sono vene cardiache che anziché defluire verso il seno coronario (e quindi all'atrio destro) si gettano direttamente nelle cavità sinistre del cuore, costituendo in questo caso un carico al ventricolo sinistro, che deve essere aspirato. Per avere campo completamente esangue bisogna quindi introdurre un altro aspiratore nel ventricolo sinistro (il cosiddetto VENT ventricolare). Le vie utilizzate per il suo posizionamento sono:

Metodologia clinica

  • monitoraggio dei parametri vitali (ECG, Fc, Pa polmonare, diuresi, temperatura, ega, Hct, Hb, pH),
  • preparazione del campo chirurgico (sternotomia mediana e pericardiotomia),
  • scoagulazione con eparina (Tempo di Coagulazione Attivato > 480 secondi),
  • incannulazione,
  • inizio CEC,
  • raffreddamento corporeo,
  • clampaggio dell'aorta,
  • cardioplegia,
  • tempo centrale cardiochirurgico,
  • riperfusione cardioplegica e normotermia,
  • declampaggio aortico,
  • scarica elettrica con ripristino dell'attività elettrica del cuore,
  • sospensione CEC,
  • decannulazione dei vasi,
  • infusione di solfato di protamina

Complicanze

  • Sindrome da bassa portata.
  • Emorragia post-operatoria.
  • Tamponamento cardiaco.
  • Insufficienza respiratoria.
  • Sindrome post-perfusionale (si tratta di una reazione fisiopatologica, espressione clinica delle alterazioni microcircolatorie e parafisiologiche della CEC. Si manifesta con dolore toracico, febbre, leucocitosi, aumento della permeabilità capillare con accumulo interstiziale ed imbibizione del parenchima polmonare).
  • Insufficienza renale.
  • Danni neurologici.

Variabili controllate

  • output arterioso (indice cardiaco e pressione arteriosa di immissione),
  • input venoso (reservoir),
  • scambi gassosi,
  • scoagulazione,
  • temperatura,
  • equilibrio acido-base.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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