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Elizabeth Short
Elizabeth Ann Short, nota come La Dalia Nera (Black Dahlia) (Boston, 29 luglio 1924 – Los Angeles, 15 gennaio 1947), è la vittima di un noto caso di omicidio rimasto irrisolto negli Stati Uniti d'America.
Indice
Biografia
Elizabeth Short nacque nel quartiere di Hyde Park a Boston, e si trasferì in tenera età a Medford (Massachusetts) assieme alla madre Phoebe Mae e alle quattro sorelle, dopo che suo padre Cleo nell'ottobre 1930 aveva abbandonato la famiglia per trasferirsi a Vallejo (California).
Sofferente di asma, Elizabeth, Betty per gli amici anche se lei preferiva essere chiamata Beth, passava l'estate con la famiglia a Medford e l'inverno in Florida per curarsi. Abbandonò presto gli studi per andare a lavorare come cameriera. A 19 anni decise di lasciare la madre e di andare a vivere con il padre in California, con cui andò a Los Angeles. La loro coabitazione durò poco: dopo un litigio Elizabeth lasciò la casa e trovò lavoro a Camp Cooke, in California, in un ufficio postale.
Andò poi a vivere a Santa Barbara, dove il 23 settembre 1943 fu arrestata per ebbrezza; per la legge californiana era ancora minorenne e fu quindi riaccompagnata dalle autorità dalla madre, a Medford. Dopo aver lavorato per un periodo alla mensa dell'Università di Harvard, si trasferì in Florida. Qui incontrò il maggiore dell'Aeronautica statunitense Matthew M. Gordon Jr., all'epoca in procinto di essere trasferito al fronte, sul teatro di operazioni del Sud Est Asiatico.
Mentre era ricoverato in un ospedale militare in India Gordon, che ottenne molti prestigiosi riconoscimenti durante la guerra, scrisse ad Elizabeth chiedendole di sposarlo. La giovane accettò, ma Gordon morì il 10 agosto 1945 in un incidente aereo. Betty lasciò la Florida e tornò in California nel luglio 1946 dove incontrò Gordon Fickling, una sua vecchia fiamma, tenente dell'aviazione di stanza a Long Beach. Durante la sua permanenza lì fu soprannominata Dalia Nera a causa della sua passione per il film La dalia azzurra e l'abitudine a vestirsi in nero.
Nell'agosto 1946 Elizabeth arrivò ad Hollywood con la speranza d'entrare nel mondo dello spettacolo. L'ultima volta che fu vista viva fu la sera del 9 gennaio 1947 nel salone del Millenium Biltmore Hotel di Los Angeles, probabilmente in compagnia di un uomo.
La morte
Il 15 gennaio il corpo di Elizabeth Short fu trovato a Leimert Park, un quartiere meridionale di Los Angeles, abbandonato in un terreno non edificato sul lato ovest del South Norton Avenue tra Coliseum Street e la West 39th Street (34°00′59.04″N 118°19′58.8″W / 34.0164°N 118.333°W34.0164; -118.333). Il corpo fu scoperto intorno alle 10 del mattino dalla signora Betty Bersinger, a passeggio con la figlia di tre anni. Inizialmente la signora Bersinger pensò che si trattasse di un manichino abbandonato, ma una volta capito che era un cadavere la Bersinger corse alla casa più vicina e telefonò alla polizia.
Il corpo di Elizabeth Short era nudo e squarciato in due parti all'altezza della vita, mutilato e con vistosi segni di tortura; aveva i capelli tinti di rosso e le era stato lavato via accuratamente il sangue dal corpo. Il volto era mutilato da un profondo taglio da un orecchio all'altro, creando l'effetto chiamato Glasgow smile.
Il 25 gennaio fu sepolta nel Mountain View Cemetery ad Oakland, California, e non a Medford, la città da cui proveniva, per rispettare l'amore che aveva sempre dimostrato per la California. Il delitto resta tuttora irrisolto.
Molte furono le ipotesi e le speculazioni, anche sul conto della vittima. Nonostante corresse voce che fosse una ragazza-squillo per il suo atteggiamento all'apparenza ambiguo, le indagini non lo confermarono affatto.
Il delitto
Le indagini
Le indagini sul "delitto della Dalia Nera" della Polizia di Los Angeles furono fra le più vaste nella storia del Dipartimento e coinvolsero centinaia di agenti ed ispettori, perfino di altri dipartimenti. I sospettati furono centinaia e vennero ascoltate un migliaio di persone. Fortissima fu l'attenzione dell'opinione pubblica sul caso, la cui complessità fu ampliata dalla curiosità dei giornali a causa della natura del delitto.
Secondo alcuni le indagini non furono svolte correttamente, dato che ufficialmente non furono mai ritrovate impronte di macchine o di scarpe. La polizia non raccolse neanche le fibre nel campo. Se lo avesse fatto avrebbe potuto trovare il numero di scarpa dell'assassino o, se fossero state trovate impronte di pneumatici, capire quali erano e cercare riscontri con le auto dei sospettati. Dell'omicidio furono accusate o si auto-accusarono almeno 60 persone, di cui la maggior parte uomini. Dai documenti ufficiali degli investigatori della Polizia di Los Angeles risultarono 22 sospettati "principali".
I sospettati principali
Robert M. Manley
Robert M. Manley, detto "Red", è stato l'ultima persona ad aver visto Elizabeth in vita e il primo sospettato nei giorni immediatamente successivi al delitto. Dopo essere stato sottoposto a vari test e dopo aver verificato il suo alibi, Manley è stato successivamente rilasciato.
Walter Alonzo Bayley
Walter Bayley, chirurgo di Los Angeles, ha vissuto in una delle case vicine a quella in cui è stata ritrovata Elizabeth Short fino all'ottobre 1946, quando si separò dalla moglie. La figlia di Bayley era amica di Virginia Short, la sorella di Elizabeth, di cui fu anche testimone di nozze. Bayley morì nel gennaio 1948. La sua autopsia ha rivelato che soffriva di una malattia cerebrale degenerativa. All'epoca del delitto, Bayley aveva 67 anni e non aveva alcun precedente penale.
Dopo la sua morte la vedova di Bayley dichiarò che l'amante del marito era a conoscenza di un «terribile segreto» che lo riguardava, accusando l'amante stessa di essere «la principale beneficiaria della sua morte». Bayley non è mai stato ufficialmente iscritto nel registro degli indagati, al contrario di molti suoi colleghi e di alcuni loro assistenti. In una testimonianza segreta, il detective Harry Hansen che fu fra i primi ad occuparsi del caso nel 1949 ipotizzò che l'assassino della Short fosse «un chirurgo molto esperto».
Larry Harnisch, redattore del Los Angeles Times, alla fine di una propria indagine giornalistica svolta nel 1996, arrivò alla conclusione che Bayley avrebbe potuto uccidere Elizabeth Short. Molti critici dell'ipotesi avanzata da Harnisch si interrogano sulla reale capacità di intendere e di volere di Bayley, data la sua malattia. Ma la principale teoria degli investigatori, secondo cui il corpo sarebbe stato smembrato altrove e poi trasportato, giustifica il profondo taglio all'altezza della vita con la necessità di trasportare il cadavere. Harnisch sostiene che sia stata proprio la sua malattia neurodegenerativa a contribuire all'accanimento sul corpo della vittima.
Riguardo al «terribile segreto» conosciuto dall'amante di Bayley, alcuni hanno sostenuto che si trattasse di alcuni aborti clandestini operati dallo stesso chirurgo. Nessuna prova concreta però è mai stata portata a supporto di questa tesi.
Joseph A. Dumais
Joseph A. Dumais, soldato di 29 anni di stanza in New Jersey, fu uno dei primi ad autoaccusarsi del delitto poche settimane dopo che questo avvenne. Tutta la stampa di Los Angeles sostenne entusiasticamente l'ipotesi, fino a quando non si scoprì che Dumais era alla sua base di appartenenza in New Jersey al momento dell'omicidio. Gli investigatori, a differenza della stampa, lasciarono cadere immediatamente l'ipotesi. Durante gli anni cinquanta Dumais venne arrestato più volte per reati minori ed ogni volta continuò ad autoaccusarsi del delitto Short.
Woody Guthrie
Woody Guthrie, noto cantante folk, venne iscritto nel registro degli indagati in seguito ad un'ipotesi di collegamento fra il delitto Short e una denuncia per molestie, fatta da una donna californiana di cui Guthrie era innamorato e che dallo stesso aveva ricevuto lettere minatorie e contenenti pesanti allusioni sessuali. L'ipotesi decadde in seguito per mancanza di prove, ma Guthrie venne comunque processato per molestie.
George Hodel
George Hodel, medico specializzato in salute pubblica, fu posto per la prima volta sotto osservazione dalla polizia di Los Angeles nell'ottobre 1949, quando sua figlia quindicenne Tamara lo accusò di molestie. Il caso suscitò qualche sospetto di collegamento con il caso Short, tanto che le autorità decisero di porre il dottor Hodel sotto sorveglianza dal 18 febbraio al 27 marzo 1950 per accertare la sua eventuale implicazione nel delitto.
Nel rapporto finale dell'accusa al Grand Jury di Los Angeles, consegnato allo stesso il 20 febbraio 1951, si legge:
«Il dottor George Hodel [...] al momento dell'omicidio aveva una clinica sulla East 1st Street, vicino Alameda. Lillian Lenorak (una delle sue pazienti con problemi mentali, successivamente trasferita in un altro ospedale, ndr), che viveva con il dottor Hodel, ha affermato di aver trascorso con lui del tempo nei paraggi dell'Hotel Biltmore (il luogo dove Elizabeth Short è stata trovata morta, ndr) e di aver identificato la Short come una delle fidanzate del dottore. |
Nel 2003 Steve Hodel (figlio del dottor Hodel ed ex-detective della Sezione Omicidi della Polizia di Los Angeles) ha pubblicato un libro in cui afferma che il padre, deceduto nel 1999, è il responsabile sia dell'omicidio della "Dalia Nera" sia di un ampio numero di omicidi irrisolti commessi lungo un ventennio. L'ex-detective Steve Hodel afferma di aver maturato questa ipotesi dopo aver trovato due foto del padre in compagnia di una ragazza simile ad Elizabeth Short, anche se la famiglia della Short insiste nel negare ogni somiglianza fra la ragazza nella foto e la vittima. Steve Hodel inoltre sostiene di non sapere che all'epoca il padre fosse uno dei sospettati, nonostante sua sorella Tamara fosse amica di Janice Knowlton, autrice di Daddy Was the Black Dahlia Killer (vedere più sotto), e nonostante i documenti rendano chiaro come i parenti e alcuni soci del dottor Hodel sapessero che era stato inserito nella lista dei sospetti.
Dopo aver analizzato le informazioni presentate nel libro di Steve Hodel, il vice-procuratore di Los Angeles Stephen Kay, che è stato anche pubblico ministero nel processo alla "famiglia Manson", dichiarò che il caso andava considerato risolto. Molti hanno però notato che Kay, ritiratosi in pensione subito dopo, abbia formulato il suo giudizio considerando le affermazioni di Steve Hodel come fatti inconfutabili. Non sono mancati invece i critici che hanno contestato le affermazioni di Hodel. Il detective Brian Carr, attualmente responsabile del caso, ha affermato in una intervista televisiva che il responso di Kay lo ha lasciato «confuso» ed ha anzi aggiunto che se avesse portato un impianto accusatorio debole come quello di Steve Hodel al pubblico ministero, questi «mi avrebbe riso in faccia e mi avrebbe cacciato fuori dal suo ufficio».
In un suo altro libro, Most Evil: Avenger, Zodiac, and the Further Serial Murders of Dr. George Hill Hodel scritto con l'aiuto di Ralph Pezzullo, Steve Hodel ha dichiarato che il padre sarebbe responsabile di una vasta serie di omicidi, inclusi quelli commessi dal killer noto come il Killer dello Zodiaco.
Norman Chandler
Norman Chandler, editore del Los Angeles Times, è stato accusato dallo scrittore Donald Wolfe nel suo The Mob, the Mogul, and the Murder That Transfixed Los Angeles di essere il mandante dell'omicidio. Ipotizzando un complicato scenario, Wolfe sostiene che Chandler abbia messo incinta la Short quando questa lavorava come squillo per "Madame" Brenda Allen, che gestiva un noto bordello di Hollywood.
Per evitare lo scandalo Chandler si sarebbe rivolto ad un gangster locale, Bugsy Siegel, perché ammazzasse la donna. Questa ipotesi è però in aperto contrasto con quanto stabilito dalle indagini della Polizia di Los Angeles e dall'autopsia. Infatti la Short non ha mai lavorato come prostituta e soprattutto, a causa di una malformazione vaginale, non poteva rimanere incinta.
George Knowlton
Tutto quello che si sa di George Knowlton è che, al tempo del delitto Short, viveva nell'area di Los Angeles e che è successivamente morto in un incidente automobilistico nel 1962.
Nei primi anni novanta, la figlia Janice, ex-cantante e proprietaria di una agenzia di pubbliche relazioni, dichiarò di aver visto suo padre uccidere Elizabeth Short. Le dichiarazioni della Knowlton si basano in larga parte su ricordi riaffiorati in seguito ad una terapia, ma non vengono giudicate attendibili dalla polizia.
«Il detective John P. St. John della polizia di Los Angeles, uno degli investigatori assegnati al caso, ha detto di aver parlato alla Knowlton e di non credere ad una connessione fra l'omicidio della "Dalia Nera" e George Knowlton. "Ci sono tantissime persone che sostengono che un loro parente sia l'assassino della "Dalia Nera - afferma il detective St. John [...] - Quello che [Janice Knowlton] afferma non può essere preso seriamente in considerazione per la risoluzione del caso.» |
(dal Los Angeles Times, 1991) |
Il dipartimento di Westminster prese però seriamente in considerazione le affermazioni della Knowlton indagando a fondo sulla sua infanzia, ma non trovando assolutamente nulla di probante.
Le accuse di Janice Knowlton
Nel 1995 Janice Knowlton scrive assieme a Michael Newton, al cui attivo figurano varie inchieste su crimini e criminali, il libro Daddy Was the Black Dahlia Killer, in cui appunto afferma che è stato suo padre George a uccidere la giovane Elizabeth Short. La Knowlton sostiene nel suo libro che il padre e la Short hanno avuto una relazione. Addirittura afferma la Short sarebbe stata ospite a casa sua, che per lei sarebbe stata ricavata una improvvisata stanzetta nel garage della casa dove successivamente la Dalia avrebbe sofferto un aborto e che sarebbe stata costretta a seguire il padre durante le operazioni di occultamento del cadavere.
Pare inoltre che un ex-collaboratore dello sceriffo di Los Angeles abbia informato la Knowlton riguardo alle indagini condotte proprio sul padre. La stessa fonte sembra le abbia inoltre confidato che anche Edward Davis, futuro capo della polizia di Los Angeles e futuro politico californiano, e Buron Fitts, procuratore distrettuale di Los Angeles, erano coinvolti nell'omicidio. Tuttavia dai documenti ufficiali si evince che nessuna indagine è stata mai effettuata nei confronti di George Knowlton da parte della polizia, né sono state portate prove ufficiali riguardo alle altre dichiarazioni.
Janice Knowlton diventerà in seguito molto conosciuta nei vari newsgroups di Internet che parlano del delitto della "Dalia Nera". Le sue accuse riguardano e si collegano infatti a molti dei personaggi che ruotano intorno alla vicenda.
Nel 1998 invia un messaggio in un gruppo Usenet dove nomina il dottor George Hodel (vedere sopra) additandolo come uno dei sospetti. Poco tempo dopo nascerà una lunga corrispondenza via e-mail fra Janice Knowlton e Tamara Hodel, figlia del dottor George Hodel. Nel 1999 dichiara invece su vari forum tematici che anche l'editore del Los Angeles Times Norman Chandler (vedere sopra) ha partecipato alle operazioni di "insabbiamento".
A supporto di questa tesi, ha più volte dichiarato sugli stessi forum che nella notte di Halloween del 1946 è stata "venduta" per la prima volta, alla tenera età di nove anni, come baby-prostituta ad una setta satanica di Pasadena. Successivamente sarebbe stata "venduta" ad altre star dello spettacolo ed altri personaggi importanti dell'epoca, tutti morti al momento delle accuse, come appunto Norman Chandler, Gene Autry (dalla Knowlton sempre chiamata erroneamente Autrey), Arthur Freed e Walt Disney. Di lì a poco però venne bannata dai forum che frequentava a causa del suo comportamento, giudicato ossessivo e "spammatorio".
Janice Knowlton morì suicida nel 2004 per un'overdose di farmaci, regolarmente prescritti.
Orson Welles
Mary Pacios, ex-vicina di casa della famiglia Short a Medford, nel suo libro Childhood Shadows affermò che il regista Orson Welles poteva essere l'assassino di Elizabeth Short. La Pacios basa la sua teoria su alcuni fattori come il temperamento molto "volatile" di Welles e sul fatto che tre mesi prima della morte della Short il regista creò alcuni manichini che presentavano le stesse mutilazioni inflitte alla ragazza. Questi manichini dovevano essere usati per alcune scene, poi tagliate da Harry Cohn, del film La signora di Shanghai a cui stava lavorando al momento del delitto.
Come ulteriore indizio la Pacios cita anche gli spettacoli di magia che Welles ha tenuto durante la seconda guerra mondiale per divertire i soldati al fronte. L'autrice definisce il particolare taglio effettuato a metà del corpo come la "firma" del killer, l'ossessione di chi l'ha perpetrata.
Welles richiese il passaporto il 24 gennaio 1947, nove giorni dopo il delitto e lo stesso giorno in cui il killer inviò un misterioso pacchetto ai quotidiani di Los Angeles. Welles lasciò dunque gli Stati Uniti senza aver completato il montaggio di Macbeth, film che egli aveva diretto e interpretato, e rimase per circa dieci mesi in Europa. Ad ogni richiesta della Republic Pictures di tornare negli Stati Uniti per terminare il film, Welles rispose con un categorico rifiuto.
Secondo la Pacios alcuni testimoni da lei interrogati affermano che Welles e la Short frequentassero lo stesso ristorante di Los Angeles. Tuttavia Orson Welles non è mai stato ufficialmente inserito nella lista dei sospettati.
Attualmente Mary Pacios gestisce un sito web contenente un gran numero di informazioni e di documentazioni ufficiali sul caso della "Dalia Nera". Tuttavia solo una piccola sezione del sito è dedicata al possibile coinvolgimento di Orson Welles.
Jack Anderson Wilson
Jack Anderson Wilson, anche conosciuto come Arnold Smith, era un ladruncolo alcolizzato intervistato dallo scrittore John Gilmore per il suo libro Severed. Dopo la morte Gilmore fa il nome di Wilson come probabile assassino, a causa della presunta conoscenza della Short. Tuttavia il 17 gennaio 1982, prima della morte di Wilson, Gilmore aveva fatto tutt'altra ipotesi dalle colonne del Los Angeles Herald-Examiner.
In Severed l'autore sostiene che il detective John St. John, incaricato al tempo del caso, era quasi arrivato ad incastrare Wilson. In realtà il detective stesso ha rilasciato al Los Angeles Herald-Examiner una dichiarazione in cui affermava di essere impegnato nella risoluzione di altri delitti e che avrebbe preso in considerazione le ipotesi di Gilmore quando avrebbe avuto «un po' di tempo». Successivamente, una volta resi pubblici il rapporto dell'FBI e della Procura distrettuale di Los Angeles, le affermazioni contenute nel libro di John Gilmore che accusavano Wilson dell'omicidio della "Dalia Nera" si sono rivelate decisamente infondate.
Nella cultura di massa
Cinema e televisione
- Il caso d'omicidio ha ispirato il film noir Gardenia blu (The Blue Gardenia; 1953)
- Nel 1975 viene prodotto un film per la TV dal titolo Chi è Black Dahlia?, diretta da Joseph Pevney. Molti dettagli della vicenda sono stati però modificati, a causa del rifiuto di molti (compresi la madre di Elizabeth e "Red" Manley) di rilasciare l'apposita liberatoria.
- Sul caso è incentrato il film Black Dahlia, diretto da Brian De Palma (2006).
- Black Dahlia (2006), uscito direttamente in Vhs
- The Black Dahlia Haunting (2012)
- I Am the Night (2019), serie TV
- Nella serie TV Mercoledì la protagonista afferma che il caso della Dalia nera è il suo omicidio irrisolto preferito.
Letteratura
Sul caso di Elizabeth Short sono stati scritti numerosi libri. Alcuni di essi sono dei libri che parlano del delitto mentre altri sono dei romanzi ispirati al caso o che presentano riferimenti al caso.
Libri sul caso
Anno | Romanzo | Autore | Note |
---|---|---|---|
1995 | Daddy Was the Black Dahlia Killer | Janice Knowton e Michael Newton | |
1998 | Severed: The True Story of the Black Dahlia Murder | John Gilmore | |
Death In Paradise | Tony Blanche e Brad Schreiber | ||
1999 | Childhood Shadows: The Hidden Story of the Black Dahlia Murder | Mary Pacios | |
2003 | Black Dahlia Avenger: The True Story | Steve Hodel | |
2004 | Corroborating Evidence | William T. Rasmussen | |
Visits from the Afterlife | Silvia Browne | ||
The Curse of the Black Dahlia | Jacque Daniel | ||
2006 | Black Dahlia Avenger: A Genius for Murder | Steve Hodel | Nuova edizione di Black Dahlia Avenger: The True Story |
The Black Dahlia Files: The Mob, the Mogul, and the Murder That Transfixed Los Angeles |
Donald H. Wolfe | ||
Corroborating Evidence II | William T. Rasmussen | ||
2010 | Hanno preferito le tenebre - Dodici storie del male | Antonio Monda | Racconto "I sogni della Dalia Nera" |
2011 | Corroborating Evidence III | William T. Rasmussen | |
2012 | Corroborating Evidence IV | William T. Rasmussen | |
2014 | Black Dahlia Avenger II | Steve Hodel |
Romanzi
Anno | Romanzo | Autore |
---|---|---|
1977 | Verità confessate (True Confessions) | John Gregory Dunne |
1987 | Dalia Nera (The Black Dahlia) | James Ellroy |
2002 | Angel in Black | Max Allan Collins |
2008 | Dalia Rossa (The Red Dahlia) | Lynda La Plante |
Monumenti
Videogiochi
- Nel 1998 la Take Two Interactive pubblica il videogioco Black Dahlia, che lega i responsabili dell'omicidio ad ambienti nazisti e occultisti.
Altro
- La Sergio Bonelli Editore, in particolare le testate Nick Raider e Leo Pulp, ha reso omaggio alla vicenda della Dalia Nera rispettivamente con gli albi Acque torbide e Il caso della Magnolia Rossa. Entrambi gli albi sono stati scritti da Claudio Nizzi.
- Nel 2002 la rockstar Marilyn Manson ha dipinto una serie di acquerelli ispirati al delitto.
Bibliografia
- (EN) Jacque Daniel, The Curse of the Black Dahlia, Los Angeles, Digital Data Werks, 2004, ISBN 0-9651604-2-4.
- (EN) Will Fowler, Reporters: Memoirs of a Young Newspaperman, Minneapolis, Roundtable Publishing, 1991, ISBN 0-915677-61-X.
- (EN) John Gilmore, Severed: The True Story of the Black Dahlia, Los Angeles, Amok Books, 2006 [1994], ISBN 1-878923-17-X.
- (EN) Steve Hodel, Black Dahlia Avenger: A Genius for Murder, New York, Arcade Publishing, 2003, ISBN 1-55970-664-3.
- (EN) Janice Knowlton e Michael Newton, Daddy Was the Black Dahlia Killer, New York, Pocket Books, 1995, ISBN 0-671-88084-5.
- (EN) Mark Nelson e Sarah Hudson Bayliss, Exquisite Corpse: Surrealism and the Black Dahlia Murder, New York, Bulfinch Press, 2006, ISBN 0-8212-5819-2.
- (EN) Mary Pacios, Childhood Shadows: The Hidden Story of the Black Dahlia Murder, Bloomington, IN, Authorhouse, 1999, ISBN 1-58500-484-7.
- (EN) William T. Rasmussen, Corroborating Evidence: The Black Dahlia Murder, Santa Fe, NM, Sunstone Press, 2005, ISBN 0-86534-536-8.
- (EN) James Richardson, For the Life of Me: Memoirs of a City Editor, New York, G.P. Putnam's Sons, 1955, ISBN non esistente.
- (EN) Jack Smith, Jack Smith's L.A, New York, Pinnacle Books, 1981, ISBN 0-523-41493-5.
- (EN) Agness Underwood, Newspaperwoman, New York, Harper and Brothers, 1949, ISBN non esistente.
- (EN) Rob Leicester Wagner, Red Ink, White Lies: The Rise and Fall of Los Angeles Newspapers, 1920–1962, Upland, Calif., Dragonflyer Press, 2000, ISBN 0-944933-80-7.
- (EN) Jack Webb, The Badge: The Inside Story of One of America's Great Police Departments, Upper Saddle River, NJ, Prentice-Hall, 1958, ISBN 0-09-949973-8.
- (EN) Donald H. Wolfe, The Black Dahlia Files: The Mob, the Mogul, and the Murder That Transfixed Los Angeles, New York, ReganBooks, 2005, ISBN 0-06-058249-9.
Altri progetti
Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Elizabeth Short
Collegamenti esterni
- (EN) Elizabeth Short, su Internet Movie Database, IMDb.com.
- (EN) The FBI's Black Dahlia files nel sito dell'FBI
- (EN) Heaven Is Here! di Larry Harnisch
Controllo di autorità | VIAF (EN) 36502123 · ISNI (EN) 0000 0000 4085 9515 · LCCN (EN) no95034852 · BNF (FR) cb150289251 (data) · J9U (EN, HE) 987007347148505171 · WorldCat Identities (EN) lccn-no95034852 |
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