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Malattia linfoproliferativa post-trapianto
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Malattia linfoproliferativa post-trapianto

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Malattia linfoproliferativa post-trapianto
Specialità immunologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-O 9970/1 e 9971/1
ICD-9-CM 238.77
ICD-10 D47.7
eMedicine 1013758

Con l'espressione malattia linfoproliferativa post-trapianto, nota anche con l'acronimo inglese PTLD (post-transplant lymphoproliferative disorder) si comprende un gruppo di malattie linfoproliferative, accomunate cioè dalla proliferazione patologica di linfociti, benigne e maligne, che possono manifestarsi nelle persone portatrici di trapianto d'organo in terapia immunosoppressiva. Si ritiene che nella patogenesi della malattia sia coinvolto il virus di Epstein-Barr.

Epidemiologia e classificazione

La PTLD è una complicanza relativamente comune dei trapianti. Negli adulti rappresenta la seconda classe di neoplasie post-trapianto più frequente dopo quelle della pelle. Diversi studi descrivono inoltre un'elevata mortalità legata a questo gruppo di malattie.

La classificazione della PTLD è stata stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità in base all'aspetto istologico delle lesioni riscontrate. Si distinguono, quindi, tre gruppi di malattie linfoproliferative: lesioni precoci o reattive, polimorfe e monomorfe. A quest'ultimo gruppo appartengono neoplasie ematologiche maligne come linfomi a cellule B e T e mielomi. Fra queste, in particolare, risultano più frequenti le malattie linfoproliferative della linea B, come il linfoma a grandi cellule B, il linfoma di Burkitt e il mieloma multiplo, mentre sono meno comuni i linfomi a cellule T ed è molto rara la forma che ricorda il linfoma di Hodgkin.

Patogenesi

Nella maggior parte dei casi la malattia linfoproliferativa insorge in seguito all'infezione (o alla riattivazione del virus in soggetti già precedentemente infettati) da parte del virus di Epstein-Barr (EBV). In condizioni di normale funzionalità del sistema immunitario, il virus infetta i linfociti B determinando l'espressione di particolari proteine coinvolte nella proliferazione e nella differenziazione di queste cellule. Dopo il primo contatto con il virus, i linfociti B possono differenziarsi in cellule della memoria e ospitare il DNA virale rendendo l'infezione cronica oppure essere uccise da linfociti T citotossici. Nelle persone in terapia immunosoppressiva la funzione dei linfociti T citotossici è ridotta; viene così a mancare la regolazione della replicazione delle cellule B infette, che procede incontrollata e con aumentata suscettibilità a mutazioni genetiche. Esiste tuttavia una minoranza di casi di PTLD non legati all'infezione da EBV. La patogenesi di queste ultime forme, morfologicamente simili a linfomi non-Hodgkin, non è ancora chiara.

Presentazione clinica e diagnosi

Il segno clinico di più frequente riscontro in queste forme è la febbre, che si osserva nella metà dei casi, seguito dal coinvolgimento dei linfonodi nel 30%. Uno studio condotto in Canada su oltre 3000 pazienti colpiti ha evidenziato che nella maggior parte dei casi era coinvolto un solo organo, in particolare reni, intestino, cute e fegato, mentre in caso di lesioni multiple erano interessati prevalentemente i linfonodi. Nei pazienti sottoposti a trapianto di polmone non è raro il coinvolgimento dell'organo trapiantato; tale eventualità è invece di raro riscontro dopo trapianto di rene o di cuore. Infine nella PTLD, rispetto ad altre forme di linfoma non-Hodgkin, è relativamente frequente il coinvolgimento del sistema nervoso centrale.

Per la diagnosi di certezza è necessario l'esame istologico della biopsia dell'organo affetto, mentre gli esami strumentali con tomografia computerizzata dell'addome e del torace e la risonanza magnetica dell'encefalo, così come la biopsia del midollo osseo, sono necessari per la stadiazione della malattia.

Trattamento

La premessa per il trattamento della PTLD è la riduzione del grado di immunosoppressione, che si ottiene riducendo la dose di alcuni farmaci immunosoppressori, in particolare ciclosporina e tacrolimus, e sospendendone altri come azatioprina e acido micofenolico. Naturalmente tali variazioni di terapia devono essere attentamente valutate dall'ematologo e dallo specialista competente per l'organo trapiantato, poiché potrebbe aumentare il rischio di rigetto. Il trattamento specifico della malattia comprende associazioni di farmaci chemioterapici e anticorpi anti-linfociti B come il rituximab.

Sono stati studiati anche gli effetti di citochine come l'interferone gamma, di anticorpi contro l'interleuchina 6 e della rapamicina nel trattamento della PTLD; per nessuno di questi farmaci, però, esistono studi su ampie popolazioni che ne dimostrino l'efficacia.

Voci correlate


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