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Tricoleucemia

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Tricoleucemia
Tipiche cellule leucemiche
Specialità oncologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-O 9940/3
MeSH D007943
MedlinePlus 000592
eMedicine 200580
Sinonimi
Leucemia a cellule capellute

La tricoleucemia o leucemia a cellule capellute (in inglese hairy cell leukemia o HCL) è una neoplasia linfoproliferativa che origina dai linfociti B.

La prima conseguenza della malattia è la presenza nel sangue (ma anche nella milza, nel midollo osseo, nel fegato, e a volte nei linfonodi) di un accumulo di linfociti proliferanti che, all'osservazione microscopica, presentano delle caratteristiche propaggini filamentose del citoplasma. Queste propaggini sono così sottili da essere simili a capelli. Le cellule neoplastiche sono tipicamente positive per il CD11c, per il CD55 e il CD103.

Epidemiologia ed eziologia

La patologia colpisce maggiormente i maschi adulti. Gruppi di casistiche riportano che precedenti esposizioni a radiazioni ionizzanti o sostanze chimiche organiche sul posto di lavoro, aumentano l'incidenza della malattia. Nel 2011 è stata evidenziata una significativa correlazione con la mutazione missenso V600E nel gene B-Raf, coinvolto peraltro in altri diversi disordini neoplastici (come melanoma e carcinoma della tiroide).

Sintomi

La manifestazione clinica più frequente è un evidente ingrossamento della milza (splenomegalia), ma può capitare un ingrossamento del fegato (epatomegalia), una perdita di peso, astenia o una dispnea da sforzo. Altre manifestazioni sono diretta conseguenza della pancitopenia, con emorragie, anemia e infezioni opportuniste e recidivanti. Tra queste ultime sono di particolare riscontro quelle sostenute da Mycobacterium avium complex (deficit di monociti).

Terapia

La terapia principale della HCL fino agli anni '60-70 era la splenectomia (rimozione della milza), la radioterapia palliativa e agenti alchilanti come il clorambucile.

Oggi si contempla la somministrazione di interferone-alfa 2 in combinazione a chemioterapici altamente selettivi per la patologia e noti sin dal 1990, quali la pentostatina (2-desossi-coformicina) e la cladribina (cloro-2-desossiadenosina).

Entrambi possono portare ad un forte miglioramento dei sintomi e remissione dalla malattia, che molto spesso non si raggiunge neppure con l'associazione di interferone alfa 2 e basse dosi di clorambucile.

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