Мы используем файлы cookie.
Продолжая использовать сайт, вы даете свое согласие на работу с этими файлами.

Disturbo borderline di personalità

Подписчиков: 0, рейтинг: 0
Disturbo borderline di personalità
La paura dell'abbandono è una delle caratteristiche salienti del disturbo borderline di personalità
Specialità psichiatria e psicologia clinica
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-10 F60.3
MeSH D001883
MedlinePlus 000935
eMedicine 913575
Sinonimi
disturbo di personalità emotivamente instabile

Il disturbo "borderline" di personalità, spesso abbreviato con l'acronimo DBP (in inglese borderline personality disorder, anche abbreviato con l'acronimo BPD), è un disturbo di personalità le cui caratteristiche essenziali includono la paura di un reale o immaginario abbandono, l'instabilità nelle relazioni interpersonali, l'instabilità dell'immagine di e dell'umore (più rapidamente fluttuante rispetto ai disturbi dell'umore), la difficoltà a controllare l'emotività del momento, e una marcata impulsività.

Le relazioni interpersonali dei soggetti che soffrono di disturbo borderline di personalità sono infatti caratterizzate dall'alternanza tra gli estremi dell'iper-idealizzazione (o dell'amore) e della svalutazione dell'altro (fino all'odio). Questa stessa oscillazione si riscontra anche nel senso di identità o immagine di sé stessi (disturbo dell'identità) e nell'instabilità affettiva, dell'ideazione e del sentimento.

In riferimento all'instabilità affettiva, e quindi alla marcata reattività dell'umore, bisogna sottolineare come questi stati (per esempio disforia: irritabilità, profonda tristezza e malinconia, alternata anche fugacemente a stati di tranquillità apparente, o a stati di gioia; o difficoltà a reagire a disagi e sofferenza; ansia) tendano a durare solitamente poche ore e soltanto raramente più di pochi giorni. Può essere confuso con i disturbi dell'umore detti disturbo bipolare o ciclotimia, ma il passaggio tra depressione e mania/ipomania (e viceversa) è qui molto più rapido e fugace nel DBP.

Il pattern del disturbo include inoltre sentimenti cronici di vuoto (anedonia, apatia, noia angosciante), ricorrenti comportamenti, gesti o minacce suicidari, o comportamento auto-mutilante. Possono inoltre essere presenti rabbia inappropriata o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti accessi di ira spesso per ragioni che gli altri hanno difficoltà a comprendere o considerano futili), depressione e, più raramente, mania. Tali comportamenti iniziano entro la prima età adulta e si manifestano attraverso una varietà di situazioni e contesti.

Le persone che soffrono di tale disturbo sono spesso impegnate nell'idealizzazione e/o svalutazione degli altri, ovvero nell'alternanza tra un'alta considerazione positiva ed una netta svalutazione, sia di sé stessi che delle persone con cui si relazionano (partner, amici, etc.). Pratiche di autolesionismo, ideazioni suicidarie, abuso di sostanze, disordini sessuali e altri comportamenti impulsivi potenzialmente dannosi per il soggetto (guida spericolata, abbuffate, spese sconsiderate) sono frequenti. Vi sono prove che anomalie del sistema limbico siano correlabili a molti dei sintomi.

Raramente alcuni pazienti possono riportare la presenza di ideazione paranoide transitoria, associata a stress, o gravi sintomi di disturbi dissociativi (dissociazione o scissione ma senza arrivare alla vera personalità multipla; derealizzazione; depersonalizzazione) o disturbi cognitivo-psicotici passeggeri sotto forte stress.

La malattia è riconosciuta nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Dal momento che un disturbo di personalità è una condizione pervasiva, duratura e inflessibile di esperienze interiori di disadattamento e comportamento patologico, vi è una generale riluttanza nel diagnosticare questi tipi di disturbi nella prima adolescenza. Tuttavia, senza un trattamento precoce, i sintomi possono peggiorare.

È in corso un dibattito sulla terminologia di questo disturbo, in particolare l'idoneità della parola "borderline". Il manuale ICD-10 si riferisce alla condizione come disturbo di personalità emotivamente instabile (tipo borderline e tipo impulsivo) con, tuttavia, criteri diagnostici simili. Nel DSM-5, il nome della malattia è rimasto uguale alle precedenti edizioni. Ha comorbilità con disturbi d'ansia, ossessivi-compulsivi, disturbo da uso di sostanze, altri disturbi di personalità, dipendenza, disturbo del controllo degli impulsi, disturbi del sonno e depressione maggiore.

Epidemiologia

La prevalenza del disturbo borderline è stata inizialmente stimata tra l'1% e il 2% della popolazione generale e si riscontra tre volte più frequentemente nelle donne rispetto agli uomini. Tuttavia, la prevalenza una tantum della condizione riscontrata in uno studio condotto nel 2008 è risultato essere del 5,9% della popolazione generale, con il 5,6% degli uomini e il 6,2% delle donne. In questo studio, la differenza nei tassi tra uomini e donne non è stata ritenuta statisticamente significativa.

Si stima che il disturbo borderline di personalità contribuisca al 20% dei ricoveri psichiatrici e si riscontri nel 10% dei pazienti ambulatoriali, quindi dei borderline riconosciuti ufficialmente 1/3 si cura solo in ambulatorio, mentre 2/3 subiscono almeno un ricovero.

Definizione e quadro generale

L'idea originaria era riferita a pazienti con personalità che funzionano "al limite" della psicosi e della mania pur non giungendo agli estremi delle vere psicosi (come ad esempio la schizofrenia). Questa definizione è oggi considerata più appropriata al concetto teorico di "Organizzazione Borderline", che è comune ad altri disturbi di personalità, mentre il disturbo borderline ne è un quadro particolare. L'organizzazione borderline si trova anche negli estremi dei vari sbalzi d'umore, come la depressione grave o il disturbo bipolare II, e in altre forme gravi di patologia, ma senza vera psicosi .

Le formulazioni del manuale DSM IV e le versioni successive, come pure le classificazioni più moderne internazionali (ICD-10) hanno ristretto invece la denominazione di disturbo borderline fino a indicare, più precisamente, quella patologia i cui sintomi sono la disregolazione emozionale e l'instabilità del soggetto. È stato proposto perciò anche un cambio di nome del disturbo.

Il disturbo borderline di personalità è definito oggi come disturbo caratterizzato da vissuto emozionale eccessivo, variabile, impulsivo, e da instabilità riguardanti l'identità dell'individuo. Uno dei sintomi più tipici di questo disturbo è la paura dell'abbandono. I soggetti borderline tendono a soffrire di crolli della fiducia in sé stessi e dell'umore, e allora cadere in comportamenti autodistruttivi e distruttivi delle loro relazioni interpersonali. Quando sotto forte stress, alla presenza anche di sensi di impotenza e perdita di controllo, assumono comportamenti pericolosi, perdono la capacità di autocontrollo e di valutazione delle conseguenze, che sono inquadrabili nello spettro dell'episodio maniacale lieve o moderato. Alcuni soggetti possono soffrire di momenti depressivi acuti anche estremamente brevi, ad esempio pochissime ore, ed alternare comportamenti maniacali e infine normali altrettanto brevi. La rapidità delle fluttuazioni delle emozioni, oltre alla difficoltà del paziente stesso di riconoscere il proprio stato ed avere una chiara visione oggettiva degli eventi nel tempo, possono diventare un problema nel proseguimento lineare della terapia con un clinico non sufficientemente esperto.

Si osserva in questi pazienti la tendenza all'oscillazione del giudizio tra polarità opposte, un pensiero cioè in "bianco o nero" o "dicotomico", oppure alla "separazione" cognitiva ("sentire" o credere che una cosa o una situazione si debba classificare solo tra possibilità opposte; ad esempio la classificazione "amico" o "nemico", "amore" o "odio", ecc.). Tale tendenza è riflessa sul medico curante e sul terapeuta. Questa separazione non è pensata, in quanto il borderline ha una scarsa capacità d'uso del pensiero razionale durante la fase depressiva e quella maniacale, bensì è immediatamente percepita da una struttura di personalità che mantiene e amplifica certi meccanismi primitivi di difesa.

La caratteristica dei pazienti con disturbo borderline è, inoltre, una generale instabilità esistenziale e sociale. La loro vita è tende ad essere caratterizzata da relazioni affettive intense, turbolente, confuse, che terminano bruscamente, e il disturbo ha spesso effetti molto gravi provocando "crolli" nella vita lavorativa e di relazione dell'individuo. Le relazioni sentimentali possono risultare caotiche e di difficile gestione per entrambi i partner, a causa di sintomi come l’instabilità emotiva, il pensiero dicotomico e le difficoltà nella gestione degli impulsi, che possono portare a grandi variazioni nelle intenzioni e nei comportamenti, con ripetuti allontanamenti e avvicinamenti, idealizzazioni e svalutazioni, tradimenti, liti violente e sofferenza. Nei momenti di allontanamento reale o percepito da parte del partner, non è raro che venga innescata la paura dell’abbandono, caratteristica centrale del disturbo, per cui la separazione può risultare difficile per entrambi i partner. Il senso di abbandono della persona con disturbo di personalità borderline porta con sé atteggiamenti autolesivi, arrivando a far considerare e cercare di attuare gesti suicidi per compensare il trauma e l’estrema sofferenza, il che ha un effetto molto pervasivo anche nel partner che rischia di sentirsi responsabile del disturbo.

Le relazioni amicali possono diventare morbose con richieste d’attenzione elevate, in particolar modo quando il soggetto non segue una terapia. Tuttavia, è impossibile generalizzare le relazioni umane in quanto il disturbo di personalità borderline è molto vasto e non si manifesta allo stesso modo nella sfera sociale e affettiva. La terapia può aiutare molto a migliorare questi aspetti. Il disturbo compare nell'adolescenza e concettualmente ha aspetti in comune con le comuni crisi di identità e di umore che caratterizzano il passaggio all'età adulta, ma avviene su una scala maggiore, estesa e prolungata determinando un funzionamento che interessa totalmente anche la personalità adulta dell'individuo. Le manifestazioni compaiono con le prime relazioni, con l'avvento di fobie e con ricerca ossessiva di attenzione.

Cause

Oltre a sospette anomalie neurologiche, si pensa che vi sia una forte influenza ambientale, soprattutto familiare. Il disturbo borderline di personalità è stato spesso, e non a torto, associato a eventi traumatici subiti nell'infanzia (quindi sviluppatisi in seguito a un disturbo post traumatico da stress nell'infanzia), quali abusi sessuali o fisici, o l'essere cresciuti con genitori affetti da problemi comportamentali o disturbi mentali (quali la schizofrenia, il disturbo bipolare, il disturbo schizoaffettivo, ecc.) anche se non sempre ciò è vero. Alcuni hanno subito una separazione precoce da una persona amata, un lutto in età infantile, altri problemi o sono figli di una famiglia disfunzionale.

Adler e Buie (1979) sostengono invece il dolore intimo e l'insofferenza sono dovuti all'impossibilità di questi soggetti di richiamare alla memoria esperienze affettive confortanti, causata dalla reale carenza in cui si sia ricevuto conforto e protezione di fronte a sentimenti di pericolo, di solitudine e di ansia che l'ambiente famigliare ha creato; il paziente borderline non sviluppa così rappresentazioni oggettuali confortanti e contenenti da richiamare alla mente nei momenti di separazione dalla figura materna.

Alcuni pazienti borderline non hanno subìto da piccoli una depressione abbandonica a causa della madre assente, che era invece presente, ma con uno stile educativo non corretto (ansiosa, ossessiva, paranoica). In questi casi Masterson e Rinsley (1975) ipotizzano che le madri di questi pazienti borderline sono esse stesse affette da un disturbo borderline o dell'umore, o da ansia, o da paranoie, e sono incapaci di favorire un processo di separazione corretto, e di solito – anche del tutto inconsciamente e senza colpa – insegnano implicitamente che la conquista di una maggiore autonomia condurrà ad una perdita di amore e protezione della madre stessa, e che la crescita e la separazione produrranno comunque dolore; esse hanno perciò uno stile genitorale di accudimento iperprotettivo con un legame madre-figlio di natura simbiotica (per la psicoanalisi vi è un complesso di Edipo non risolto del bambino). È riscontrabile, nell'età adulta, la frequente interferenza della madre sulle pratiche terapeutiche, percepite da quest'ultima come pericolose al rapporto simbiotico, e patologico, che questa ha con il figlio.

Secondo il modello patogenetico di Otto Kernberg (1975), che fu il primo a definire compiutamente il concetto di borderline (poi sviluppato nel BDP e nell'organizzazione borderline di personalità), il paziente soffre psicoanaliticamente di fissazione alla sottofase del riavvicinamento, periodo compreso tra i sedici e i ventiquattro mesi secondo il modello di Margaret Mahler, un modello di sviluppo diverso e integrativo delle classiche fasi dello sviluppo psicosessuale secondo Freud. Il bambino in questo caso non impara ad avere una giusta distanza dalla madre, pur amandola e interessandosi a lei dopo un periodo di allontanamento, come accade normalmente; non sopporta invece le attese e le frustrazioni, teme di essere abbandonato e lasciato solo, internamente non si sente al sicuro dalla paura della perdita, pensiero col quale non viene mai a patti, tentando di rimuoverlo. Il suo attaccamento rende molto difficile anche il distacco al momento di frequentare le scuole, si isola dai coetanei o interagisce con l'ambiente tramite disturbi della condotta verso i compagni, iperattività/distrazione verso l'insegnamento e disturbo oppositivo-provocatorio verso gli adulti che lo contrariano. Il bambino e l'adolescente non imparano a gestire le proprie emozioni, che rimangono a uno stato primitivo-impulsivo, molto infantile, pur essendo l'intelligenza normalmente sviluppata. Anche su questo, i genitori dimostrano immaturità nella gestione dei loro rapporti interpersonali, che spesso sono ostili, o morbosi, ansiosi, paranoici, configurandosi quindi una traccia evidente della severa natura disfunzionale famigliare a cui il bambino, anche primo infante, è stato vittima.

Segni e sintomi

L'ansia (1894) di Edvard Munch.

Kernberg individua alcune tipiche manifestazioni comportamentali e mentali dell'organizzazione borderline, che si ritrovano nei disturbi di personalità ma che possono comparire anche nel BDP:

I sintomi più distintivi della condizione sono una marcata sensibilità all'ostracismo e ricorrenti paure di un possibile abbandono. Nel complesso, le caratteristiche del disturbo comprendono sensibilità insolitamente intensa nel rapporto con gli altri, difficoltà nel regolare le emozioni e impulsività. Altri sintomi possono includere una insicurezza nella propria identità personale, nella morale e nei valori; possono riscontrarsi pensieri paranoici quando si è sotto stress e una grave dissociazione.

Diagnosi secondo il DSM IV-TR

Il disturbo di personalità borderline è un disturbo dell'area affettiva, cognitiva e comportamentale. Le caratteristiche essenziali di questo disturbo sono una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell'immagine di sé e dell'umore, ed una marcata impulsività; tali caratteristiche compaiono nella prima età adulta e sono identificabili, secondo il DSM IV-TR, in presenza di cinque (o più) dei seguenti elementi:

  1. sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono;
  2. un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall'alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione;
  3. alterazione dell'identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili;
  4. impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto (quali spendere oltre misura/gioco d'azzardo, sessualità promiscua, abuso di sostanze/uso di alcolici, guida spericolata, eccessi alimentari ecc.);
  5. ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari o comportamento automutilante;
  6. instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell'umore (es. episodica intensa disforia o irritabilità e ansia, che di solito durano poche ore e, soltanto più raramente più di pochi giorni);
  7. sentimenti cronici di vuoto;
  8. rabbia immotivata ed intensa o difficoltà a controllare la rabbia (es. frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici etc.);
  9. ideazione paranoide o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.

L'ipersessualità o promiscuità, presente in fase di mania è da intendere in senso lato, sia come rapporto sessuale che come uso di pornografia, masturbazione compulsiva, ecc.

Diagnosi secondo il ICD-10

Il disturbo di personalità emotivamente instabile è descritto come un disturbo della personalità individuale caratterizzato da una certa propensione per le azioni impulsive senza tener conto delle conseguenze, con le seguenti caratteristiche:

  • umore imprevedibile e capriccioso
  • tendenza a scoppi di emozioni e incapacità di controllare il comportamento esplosivo
  • rimostranze e conflitti con gli altri, specialmente quando le azioni impulsive vengono represse e criticate.

Si distingue in due tipologie:

  1. un tipo impulsivo, caratterizzato da instabilità emotiva e mancanza di controllo
  2. un tipo borderline vero e proprio, con rottura dell'auto-percezione tra obiettivi e aspirazioni interiori, sensazione cronica di vuoto, relazioni interpersonali tese e instabili e una tendenza al comportamento autodistruttivo, tra cui minacce o gesti suicidari, autolesionismo, e comportamenti somiglianti alla sindrome di Münchhausen.

La personalità presenta un disturbo aggressivo, al confine ed eccitabile. Diagnosi differenziale con disturbo della personalità dissociale (F60.2), ossia il disturbo antisociale di personalità e il disturbo narcisistico della personalità.

Emozioni

I pazienti borderline sono stati descritti come «persone di cristallo, delicate da toccare, facili a rompersi e pericolose quando sono in frantumi». Le persone con disturbo borderline vivono le emozioni più intensamente, con una generale tendenza al discontrollo e alla difficoltà nella regolazione emotiva. Per disregolazione emotiva si intende l'incapacità, nonostante gli sforzi del soggetto, di modificare o regolare i segnali che suscitano emotività, di modulare l'intensità dell'esperienza soggettiva, le azioni, le risposte verbali o non verbali emesse in situazioni di vita quotidiana. si tratta di un funzionamento deficitario perlopiù automatico e incontrollato. Quando questa disregolazione diventa pervasiva, il soggetto presenta una propensione ad attivare l'emotività in maniera intensa anche a fronte di stimoli blandi. Questa condizione nel disturbo borderline rappresenta, non solo una modalità di regolazione emotiva, ma anche e soprattutto una condizione di funzionamento. La disregolazione emotiva ha le sue radici in una specifica forma di vulnerabilità emotiva in cui sono coinvolti tre componenti di base:

  • particolare sensibilità agli stimoli, ovvero una ipervigilanza agli stimoli che provocano emozioni;
  • l'intensità della risposta che riguarda la marcata reattività emotiva ai segnali veicolanti emozioni;
  • il lento ritorno alla condizione normale che non consente la possibilità al soggetto di tornare alla soglia di funzionamento base.

Nella visione di Marsha Linehan, la sensibilità, l'intensità e la durata con cui le persone con disturbo borderline provano emozioni possono avere effetti sia positivi che negativi. Le persone con disturbo borderline sono spesso eccezionalmente entusiaste, idealiste, gioiose e con voglia di amare.

Tuttavia, possono sentirsi sopraffatti dalle emozioni negative ("ansia, depressione, senso di colpa/vergogna, paura, rabbia, odio, ecc."), sperimentando un intenso stato di dolore e tristezza, vergogna, umiliazione invece di un leggero imbarazzo, rabbia invece di fastidio e panico invece di nervosismo.

Gli individui con maggiori sintomi di DBP usano più strategie di coping inefficaci (per esempio, soppressione, ruminazione, evitamento) e meno strategie di coping efficaci (per esempio, rivalutazione cognitiva, problem solving, accettazione) rispetto agli individui sani e quelli con pochi sintomi di DBP. Gli individui con DBP tendono anche a usare più ruminazione ed evitamento (e meno problem solving e accettazione) rispetto a quelli con altri disturbi mentali. La soppressione, la ruminazione e l'evitamento sono considerate strategie inefficaci perché sono associate a costi che superano i benefici della riduzione a breve termine dell'emozione acuta, come l'aumento delle risposte fisiologiche e i rimbalzi nell'intensità dell'affetto che si vuole regolare.

Le persone con disturbo borderline sono anche particolarmente sensibili ai sentimenti di rifiuto, alla critica, all'isolamento e alla percezione di un fallimento. Prima di imparare altri meccanismi di coping, i loro sforzi per gestire o fuggire dalle loro emozioni negative possono portare ad autolesionismo o comportamenti suicidari.

L'approccio della previsione del comportamento suicidario è stato proposto da Breton e al per valutare e trattare gli adolescenti con comportamenti suicidari. I risultati degli studi per quanto riguarda gli adolescenti che considerano il suicidio in campioni di comunità convergono verso la stessa conclusione: l'uso di strategie di coping non produttive, comprese le strategie di evitamento, aumenta il rischio di suicidio nei campioni clinici e nei campioni comunitari. In un campione di comunità di adolescenti, Gardner et al hanno identificato una forte correlazione positiva tra DBP e coping evitante non produttivo. Questi risultati supportano l'importanza di esplorare il legame tra strategie di coping e comportamenti suicidari tra gli adolescenti con DBP. Questo studio ha cercato di confrontare gli adolescenti con DBP con gli adolescenti senza DBP per quanto riguarda il loro comportamento suicidario e i profili delle strategie di coping. I risultati hanno rappresentato un'immagine di adolescenti con DBP che hanno riportato un punteggio significativamente più alto di strategie e stili di coping non produttivi e un punteggio significativamente più basso di strategie e stili di coping produttivi rispetto al gruppo non DBP. In questo studio, le strategie di coping non produttive utilizzate dagli adolescenti con disturbo borderline che considerano il suicidio erano per lo più strategie di evitamento (per non farcela, ignorare il problema e stare in disparte). Le strategie di evitamento potrebbero essere viste come modi per ridurre l'intensità dei disturbi emotivi. Quando affrontano una situazione stressante, le persone con disturbo borderline sperimentano difficoltà crescenti nel regolare il proprio stato emotivo. Ciò riecheggia il fatto che la disregolazione emotiva è considerata un fattore chiave nel DBP. Gli adolescenti che consideravano il suicidio avevano un profilo di coping diverso a seconda che avessero o meno un DBP. Diverse strategie di coping non produttive (soprattutto strategie di evitamento) erano associate negativamente a comportamenti suicidari, mentre alcune strategie di coping produttive focalizzate sui problemi erano positivamente associate a ideazione e comportamenti suicidari. Questi risultati suggeriscono che non si dovrebbero forzare strategie produttive focalizzate sul problema subito dopo un tentativo di suicidio su adolescenti con DBP. Più in generale, lo studio ha implicazioni terapeutiche potenzialmente importanti derivate da questo nuovo modello che integra fattori di rischio e fattori protettivi nella psicopatologia.

Essi sono spesso consapevoli dell'intensità delle loro reazioni emotive negative e, dal momento che non sono in grado di regolarle, le reprimono completamente. Questo può essere dannoso per le persone con disturbo borderline, dal momento che le emozioni negative possono allertarle alla presenza di una situazione problematica e prepararli per affrontarla. Anche se l'abitudine della mente di bloccare le intense emozioni dolorose può dare un sollievo temporaneo, si può avere l'effetto collaterale indesiderato di bloccare anche le emozioni ordinarie, rendendo meno efficace il processo decisionale nella vita quotidiana, e più in generale i meccanismi interocettivi, facendo apparire il paziente come freddo e distante, almeno superficialmente.

Mentre le persone con disturbo borderline percepiscono gioia intensa, sono particolarmente inclini a disforia, depressione e/o sensazioni di disagio mentale ed emotivo. Zanarini e altri riconoscono quattro categorie di disforia che sono tipiche di questa condizione: emozioni estreme, distruttività o di auto-distruttività, sensazione frammentate o prive di identità e sentimenti di vittimizzazione. All'interno di queste categorie, una diagnosi di disturbo borderline è fortemente associata con una combinazione di tre stati specifici: sentirsi traditi, sensazione di farsi male e sentirsi fuori controllo. Poiché non vi è grande varietà nei tipi di disforia che affliggono le persone con la condizione, l'ampiezza del disagio è un indicatore utile per il disturbo borderline di personalità.

Attaccamento

Le origini di questa pervasiva disregolazione emotiva hanno tipicamente alla base due fattori: una specifica vulnerabilità comportamentale ed un ambiente familiare invalidante il quale, di fronte ad un bambino con un'espressività emotiva diretta ed intensa, risponde respingendolo o ignorandolo lasciando il bambino sprovvisto del necessario supporto interpersonale essenziale per la regolazione emotiva. È emerso infatti che alla base della disregolazione emotiva uno dei fattori determinanti è l’attaccamento insicuro o disorganizzato/irrisolto. Il DBP è stato associato ad una maggiore presenza di rappresentazioni di attaccamento insicure e soprattutto disorganizzate/non risolte.

Il disturbo borderline di personalità (DBP) è caratterizzato da disregolazione degli affetti, discontrollo comportamentale e ipersensibilità interpersonale con radici eziologiche nell'attaccamento infante-genitore e nelle esperienze infantili avverse.

È emerso infatti che alla base della disregolazione emotiva uno dei fattori determinanti è l’attaccamento insicuro o disorganizzato/irrisolto. Il DBP è stato associato ad una maggiore presenza di rappresentazioni di attaccamento insicure e soprattutto disorganizzate/non risolte. L'attaccamento irrisolto è stato collegato a un funzionamento cognitivo compromesso, ad un sistema di ossitocina compromesso e maggiori attivazioni neurali nel sistema limbico à i pazienti con DBP con attaccamento irrisolto sono significativamente più compromessi per quanto riguarda la psicopatologia, il funzionamento psicosociale e hanno riportato una mancanza di risoluzione della perdita traumatica e dell'abuso. Esiste una connessione significativa tra lo sviluppo di DBP e le esperienze precoci dell'infanzia, in particolare l'invalidazione emotiva da parte del caregiver, che porta a poche opportunità di imparare a controllare i diversi stati emotivi. È stato riscontrato in una meta-analisi che il 71,1% dei partecipanti con DBP ha avuto almeno un'esperienza infantile avversa in cui l'abbandono fisico era la più grande categoria sperimentata, seguita da abuso emotivo, abuso fisico, abuso sessuale, abbandono emotivo. La spiegazione di questa alta correlazione potrebbe essere spiegata dalla sovrapposizione tra il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e i criteri DBP come condizioni di comorbilità + riduzione dell’ossitocina. Poiché gli individui con DBP sono ritenuti emotivamente sensibili dalla nascita, è difficile per loro sviluppare adeguate strategie di coping e emotive, creando un ciclo di comportamenti disregolati. Questo ciclo diventa quindi un'abitudine che predispone al fallimento gli individui con DBP quando si formano relazioni con gli altri.

La paura dell'abbandono può essere una conseguenza di esperienze avverse della prima infanzia nel contesto di una disposizione interna sensibile a temere il rifiuto.

Paura dell'abbandono

Il criterio della "paura dell'abbandono" è stato descritto per la prima volta da Masterson come un costrutto borderline. Anche se è stato definito come "paura della solitudine", la paura dell’abbandono è attualmente inteso come un sintomo dell'attaccamento insicuro precoce. L'intolleranza alla solitudine (con l'associata perdita di sé) è alla base delle paure di abbandono e guida il comportamento che mantiene relazioni disfunzionali e dannose. Nelle persone con DBP, la paura del rifiuto causa un'estrema tensione avversativa che è più pronunciata e duratura che in altri disturbi. Di conseguenza, sperimentano un'intensa angoscia in caso di rifiuto reale o percepito. Alcuni sostengono che questa elevata sensibilità al rifiuto sia collegata ad altri sintomi del DBP. La paura del rifiuto può essere alla base di strategie disfunzionali di regolazione delle emozioni comuni nel BPD, come risposte impulsive all'angoscia, ruminazione rabbiosa, difficoltà a impegnarsi in comportamenti orientati agli obiettivi, non accettazione delle emozioni e scarsa chiarezza emotiva.

La paura immaginaria o reale dell'abbandono è uno dei sintomi più debilitanti del DBP e spesso il principale catalizzatore dell'autolesionismo, delle crisi acute e del deterioramento clinico generale.

La paura dell'abbandono nel DBP è talvolta attribuita a esperienze precoci di trascuratezza emotiva dei genitori e di amore condizionato.

Ci sono diverse spiegazioni del perché il rifiuto causi tanta sofferenza nelle persone con diagnosi di DBP. Questi sentimenti intensi e dolorosi possono essere sperimentati più frequentemente a causa di bias negativi nelle loro interpretazioni situazionali.

La paura dell'esclusione sociale può indurre comportamenti autodistruttivi, portando a distorsioni cognitive, decisioni irrazionali e perdita del senso del futuro. La paura dell'abbandono può influenzare negativamente le relazioni interpersonali in molteplici ambiti.

Comportamento

Un comportamento impulsivo è frequente, tra cui l'abuso di sostanze o di alcool, disturbi alimentari, rapporti sessuali non protetti o sesso indiscriminato con partner multipli (se sessualmente attivo), spese avventate e guida spericolata, tutte caratteristiche associate a scarso controllo degli impulsi e disregolazione emotiva. Il comportamento impulsivo potrebbe includere anche l'abbandono del posto di lavoro, o delle relazioni affettive, la fuga e l'autolesionismo.. Questa impulsività, insieme agli altri sintomi che caratterizzano questo disturbo (instabilità emotiva, forte paura dell'abbandono etc.), risulta inoltre positivamente correlata alla general offense e all' Inter-Partner Violence (IPV). In fase depressiva può avvenire un rifiuto della propria precedente personalità.

Le persone con un disturbo borderline agiscono impulsivamente, poiché ciò gli fornisce un immediato sollievo dal loro dolore emotivo. Tuttavia, nel lungo periodo, queste persone incorrono in un aumento del dolore per via della vergogna e del senso di colpa che seguono tali azioni. Un ciclo inizia spesso quando le persone con disturbo borderline sentono dolore emotivo, assumono un comportamento impulsivo e gravemente disadattivo per alleviare questo dolore, provano vergogna e senso di colpa per le loro azioni, percepiscono un maggior dolore emotivo in seguito alla vergogna e al senso di colpa e, infine, per sperimentare stimoli più forti intraprendono nuovi comportamenti impulsivi per alleviare il nuovo dolore senza valutazione delle conseguenze. Col passare del tempo, il comportamento impulsivo può diventare una risposta automatica al dolore emotivo, evidenziando il funzionamento patologico della persona, cioè stato depressivo, episodio maniacale di compensazione, quindi nuovo episodio depressivo conseguente dell'episodio maniacale. In alcuni soggetti, tale susseguirsi di episodio maniacale a depressivo, è rapido (alcune ore) e sfugge alla preliminare analisi clinica.

Autolesionismo e suicidio

Comportamenti autolesionistici o suicidiari sono uno dei criteri diagnostici di base contenuti nel DSM IV-TR. La gestione e il recupero da questi comportamenti può essere complesso e impegnativo. Il rischio di suicidio tra le persone con disturbo borderline è tra il 3% e il 10%. Vi sono prove che suggeriscono che gli uomini con diagnosi di disturbo borderline abbiano circa il doppio di probabilità in più di commettere un suicidio rispetto alle donne con la medesima diagnosi. Vi sono anche prove che molti suicidi avvengano in persone che avevano la condizione ma che non era stata ancora diagnosticata dal curante, oppure nel caso il paziente non abbia seguito le indicazioni farmacologiche del curante.

L'autolesionismo è comune e può avvenire con o senza l'intento suicidiario. Le ragioni per cui si assumono comportamenti autolesionistici non suicidiari includono il desiderio di esprimere la rabbia, di infliggersi una auto-punizione e/o di distrarre sé stessi dal dolore emotivo o dalle circostanze difficili. Al contrario, i tentativi di suicidio riflettono in genere una convinzione che gli altri staranno meglio in seguito al suicidio. Sia il suicidio che l'autolesionismo non sono una risposta alla sensazione di emozioni negative.

L'abuso sessuale può essere un particolare fattore scatenante per il comportamento suicidiario negli adolescenti con tendenze borderline. Il trattamento dell'episodio suicidario e autolesivo è reattivo ad antipsicotici a dosaggio da moderato a massimale, come successivamente spiegato.

Nei borderline si possono evidenziare anche comportamenti parafilici di tipo sadomasochista, sia sadismo (sessuale o no) che masochismo. Il disturbo sadico e il disturbo masochistico di personalità non sono più inclusi nel DSM-IV e 5, ma i loro tratti sono inclusi negli altri disturbi.

Relazioni interpersonali e tendenza alla scissione

Le relazioni interpersonali problematiche sono uno dei sintomi principali del DBP, insieme alla disregolazione affettiva e al disturbo dell'identità. La disfunzione interpersonale è considerata uno dei migliori discriminatori nella diagnosi del DBP.

Queste persone possono essere molto sensibili a come vengono trattate dagli altri, provando una gioia intensa e gratitudine quando percepiscono espressioni di gentilezza e una tristezza intensa o rabbia alle critiche o alla percezione di una ostilità. I loro sentimenti verso gli altri spesso si spostano dall'ammirazione, dall'amore alla rabbia o all'antipatia dopo una delusione o una perdita di stima agli occhi di qualcuno che apprezzano. Questo fenomeno, a volte chiamato scissione, comprende un passaggio dalla idealizzazione degli altri alla loro svalutazione. In combinazione con disturbi dell'umore, l'idealizzazione e la svalutazione possono minare i rapporti con la famiglia, con gli amici e con i colleghi di lavoro. L'immagine di sé può anche cambiare rapidamente da sana a malsana.

Nonostante desiderino fortemente l'intimità, le persone con disturbo borderline, seguendo la prospettiva della teoria dell'attaccamento, tendono verso modelli di attaccamento insicuri, prevalentemente di tipo timoroso e manifestano comportamenti ambivalenti o con forti timori nei rapporti e spesso vedono il mondo come pericoloso e malevolo. La condizione, come altri disturbi della personalità, è legata a un aumento dei livelli di stress cronico e di conflitto nelle relazioni romantiche, diminuzione della soddisfazione da parte dei partner sentimentali, abusi e gravidanze indesiderate.

Le persone con DBP sono meno capaci di comprendere che le prospettive degli altri potrebbero essere diverse dalle loro e di incorporare tale conoscenza nelle strategie di risoluzione dei problemi, il che parla di problemi sottostanti di mentalizzazione che influiscono negativamente sulle relazioni interpersonali. I deficit di mentalizzazione sono anche legati allo sviluppo dell'attaccamento insicuro/disorganizzato negli individui con DBP. La mentalizzazione implica la capacità psicologica di immaginare gli affetti e i comportamenti di sé e degli altri in termini dei loro stati mentali sottostanti e, come tale, è fondamentale sia per l'autoregolazione che per la regolazione degli affetti, nonché per il funzionamento interpersonale. I deficit di mentalizzazione a loro volta portano a una disregolazione emotiva, interrompendo ulteriormente la capacità di mentalizzare.

Le difficoltà di mentalizzazione sono legate ad una storia di attaccamento irrisolto, che porta anche a problemi di regolazione degli affetti, attenzione e autocontrollo.

Percezione di sé

Le persone con un disturbo borderline tendono ad avere difficoltà a percepire un quadro chiaro della loro identità. In particolare, essi tendono ad avere difficoltà a capire in cosa credono, cosa preferiscono e cosa gli possa fare piacere. Essi sono spesso incerti circa i loro obiettivi a lungo termine per le relazioni e per le occupazioni lavorative. Questa difficoltà può causare nelle persone con disturbo borderline di provare la sensazione di "vuoto" e di "perso".

Cognizioni: tendenza alla dissociazione

Le emozioni, spesso intense, vissute dalle persone con disturbo borderline della personalità possono rendere difficile il controllo sulla loro attenzione e concentrazione. Inoltre, tali persone possono tendere a dissociarsi, che può essere ritenuta come una forma intensa di zoning out (distrarsi). La dissociazione spesso si verifica in risposta a un evento doloroso (o qualcosa che fa scattare il ricordo di un evento doloroso). Essa coinvolge la mente reindirizzando automaticamente l'attenzione lontano da quell'evento, presumibilmente come protezione contro l'intensa emozione e gli impulsi comportamentali indesiderati che tale emozione potrebbero scatenare. Non è da confondere con il vero disturbo dissociativo dell'identità. A volte è possibile notare quando una persona con disturbo borderline è dissociato, poiché le loro espressioni facciali e vocali possono diventare piatte o inespressive, o possono sembrare distratte; altre volte, la dissociazione può essere appena percettibile. Spesso soffrono di ideazione paranoide transitoria, depersonalizzazione, derealizzazione e distorsione cognitiva.

Sotto uno stress molto forte possono comparire altri sintomi psicotici transitori (cosiddetti disturbi denominati episodio psicotico acuto o disturbo psicotico breve) come deliri, o raramente allucinazioni (di solito uditive). Tali sintomi sono comunque temporanei.

Diagnosi differenziali

La diagnosi è clinica, differenziale e tramite test classici, ma le caratteristiche sono ben visibili anche nei test psicologici come il test di Rorschach. La diagnosi differenziale è con i seguenti disturbi:

  • Disturbo depressivo e distimia: simili per senso di vuoto e solitudine e il rischio di suicidio; i pazienti borderline sono però convinti di essere autosufficienti, ma sono totalmente dipendenti dagli altri (si evidenzia in stato di mania positiva), mentre i depressi sono consapevoli del loro bisogno di aiuto, ma solitamente sono capaci di essere completamente autonomi; le caratteristiche di rabbia improvvisa sono rare nella depressione; sebbene ci siano sintomi in comune, nella vera depressione è prevalente un senso di sfiducia con rassegnazione, nel BDP tale sfiducia è accompagnata dalla rabbia; è inoltre necessario distinguere l’isolato episodio depressivo reattivo dalla natura comportamentale disadattiva che sta alla base dell’episodio depressivo;
  • Disturbo bipolare: con il disturbo bipolare condivide l’alternarsi di stati di mania a stati depressivi, ma il borderline ha un cambiamento più repentino e rapido di umore (spesso nell’arco della stessa giornata), mentre il bipolare ha lunghi periodi di umore maniacale o depresso prevalente, con l'eccezione dell'episodio misto che comunque è limitato nel tempo; può quindi rientrare in un quadro di bipolarismo atipico;
  • Disturbo post traumatico da stress: entrambi hanno ansia, paura, rabbia ma nel PTSD è evidente e spesso recente il trauma che lo ha causato, può essere temporaneo o evolvere in patologie croniche come il BDP stesso
  • Disturbo dipendente di personalità: il dipendente si sottomette di buon grado da chi dipende (per timore dell'abbandono), ha una personalità sottomessa, il borderline se lo fa ne è comunque frustrato; entrambi presentano un grado di immaturità emozionale (ossia si comportano come bambini se sono adolescenti, e come eterni adolescenti se sono adulti) e possibili comportamenti passivo-aggressivi più forti che nel dipendente;
  • Disturbo istrionico di personalità: entrambi desiderano attenzione, ma l'istrionico cerca la compagnia e appare spesso felice in apparenza, mette in atto un'apparenza seduttiva e socievole, mentre il borderline esibisce come mezzo inconsapevole la sua rabbia e la sua frustrazione;
  • Disturbo somatoforme: un tempo il BDP, il disturbo istrionico erano confusi nell'isteria, con il disturbo di conversione e somatoforme, ma oggi il disclaimer è che nel BDP non c'è vera simulazione di tutti i sintomi di una patologia ma principalmente uno stato emotivo alterato;
  • Disturbo narcisistico di personalità: entrambi sono molto sensibili alle critiche, ma il narcisista ha però un senso fisso della propria superiorità (sé grandioso) che il borderline non ha in maniera stabile;
  • Disturbo antisociale di personalità: nel BDP possono manifestarsi comportamenti antisociali (trasgredire le regole, mentire, manipolare) ma il paziente non perde mai il senso di colpa o la capacità di provare rimorso, come invece accade al sociopatico; inoltre il sociopatico o psicopatico può essere davvero privo di emozioni, mentre il borderline può reprimerle, ma esse sono sempre molto presenti;
  • Disturbo schizotipico di personalità: entrambi presentano distorsioni cognitive, eccentricità comportamentali e sintomi semi-psicotici durante le crisi (es. delirio, paranoia, derealizzazione, depersonalizzazione e dissociazione), ma i sintomi dello schizotipico sono più profondi spesso con esperienze percettive insolite, ai limiti della schizofrenia; hanno in comune anche l'instabile emotività (umore rapidamente fluttuante) e il timore del rifiuto sociale e personale; il borderline può rassomigliare molto allo schizotipico nel caso abbia il BDP in comorbilità con deliri (disturbo delirante) e ossessioni (disturbo ossessivo-compulsivo d'ansia, da non confondere con il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità) pervasive (scarso insight) e di contenuto bizzarro a tema "magico" (anche se egodistoniche, mentre nel disturbo schizotipico sono egosintoniche);
  • Disturbi dell'alimentazione: essi possono coesistere o essere disturbi a sé, senza presenza di BDP;
  • Disturbo da abuso di sostanze psicoattive, idem come nei disturbi dell'alimentazione

Comorbilità

Il disturbo borderline compare spesso assieme a una o più delle seguenti patologie:

Sebbene non sia menzionato nel DSM-IV, teorici precedenti hanno proposto infatti quest'ultima entità come un disturbo della personalità a sé stante, che ha una combinazione di caratteristiche derivanti dal disturbo borderline e dal disturbo evitante di personalità, chiamato "personalità mista evitante-borderline" (APD/DBP).

Borderline e comportamenti ossessivo-compulsivi

Il disturbo ossessivo-compulsivo è presente nel 15,6 % dei pazienti con BDP: il paziente borderline con OCD, come strategia di coping, diventa iper-razionale in alcuni ambiti fino allo sviluppo di ossessioni e idee prevalenti e paradossalmente irrazionali, per tenere sotto controllo le sue emozioni eccessive e i sensi di colpa utilizza "rituali". Inizialmente, come in molti disturbi della personalità (egosintonici), un disturbo egodistonico come il DOC può rappresentare il primo sintomo o spia per molto tempo.

Trattamento

È indispensabile un trattamento psicoterapico, anche se è molto difficile portare a termine tale trattamento a causa dei frequenti abbandoni da parte del paziente. Riveste invece funzione salvavita quello farmacologico, che anch'esso trova ostacoli in quanto spesso il paziente si sente incompreso dal medico, o ritiene la terapia troppo debole, o troppo forte, o ancora trova l'ambiente familiare ostile alla pratica farmacologica. L'episodio critico, in particolare quello depressivo severo o quello maniacale, necessita di trattamento ospedaliero, pertanto lo psicoterapeuta dovrà educare il paziente a rivolgersi alla struttura ospedaliera per arginare invece comportamenti compensativi disadattivi (ricerca del sollievo in affetti morbosi, o in pratiche sessuali a rischio, o ancora nell'abuso di sostanze stupefacenti e alcolici). Possono essere adottate psicoterapie individuali, terapie cognitivo-comportamentali, terapie di gruppo interpersonale, terapie familiari per educare la famiglia all'accettazione della natura patologica del disturbo del loro caro, e la pet therapy per riempire il senso di vuoto.

Si rileva molto efficace, sul lungo termine, la terapia psicodinamica di origine psicoanalitica.

Farmacoterapia

Pertanto è fondamentale un approccio integrato tra psicoterapia e farmacoterapia, quest'ultima a base di stabilizzatori dell'umore come terapia di base. Sconsigliato l'uso di ansiolitici se non per un trattamento episodico, vista la spiccata caratteristica di tutte le benzodiazepine di creare dipendenza nel paziente, già predisposto. Molto efficace si rileva il trattamento con antipsicotici a breve e medio termine.

Solo se necessari antidepressivi, i quali andranno sospesi al minimo sospetto dell'inizio di un periodo di mania, caratteristica più pericolosa di questo disturbo (somigliante alla mania del bipolarismo), in quanto precede l'episodio depressivo conseguente. L'episodio maniacale, di frequente, porta il paziente all'abbandono della terapia farmacologica, data la sua caratteristica incapacità nella fase maniacale di avere un corretto esame di realtà. Sono stati dimostrati dei benefici anche con la schema therapy.

Stabilizzanti dell'umore

Gli stabilizzanti dell'umore sono la terapia cardine nel disturbo borderline. La caratteristica del disturbo infatti è l'episodio di mania (lieve, moderata, molto raramente severa) nei quali il paziente perde il controllo, l'esame di realtà e la capacità di insight, e che, una volta esaurito, viene seguito da episodio depressivo profondo. A differenza del bipolarismo di tipo 1 il DBP presenta episodi maniacali di durata di qualche ora (al più qualche giorno), che precedono la caduta depressiva di altrettanta durata, e che potrebbero sfuggire all’esame clinico preliminare, nel quale il paziente potrebbe presentarsi sano e poco cosciente dello stato di malessere. Gli episodi sono frequenti. Al fine di evitare un uso prolungato degli antipsicotici, al quale il paziente si rivela molto sensibile, lo stabilizzante permette una riduzione dei dosaggi e della frequenza d'uso, sul lungo termine, di questi. La carbamazepina, la lamotrigina, il valproato di sodio e il litio, sono tutti farmaci di prima linea e ampiamente efficaci sul lungo termine. Quest'ultimo presenta però le limitazioni indotte dagli effetti collaterali endocrini, pertanto diventa farmaco di seconda scelta in presenza di disturbi endocrini pregressi o anche solo sospetti.

Antidepressivi

Gli SSRI si sono dimostrati efficaci solo nell'alleviare l'ansia e la depressione, come la rabbia e l'ostilità, associati in alcuni pazienti affetti da questa patologia. È necessario un periodo maggiore, rispetto alla depressione, affinché gli effetti benefici dei medicinali appaiano. Si rivelano quindi inutili, se non controproducenti, nel trattamento dell'episodio critico. Possono rilevarsi pericolosi nella fase maniacale del disturbo, nel quale il paziente si sentirà sano, guarito, manifestando una condotta terapeutica irresponsabile. Pertanto l'uso va moderato e attenzionato, i potenziamenti devono seguire una adeguata stabilizzazione dell'umore. Solo in caso di BDP in comorbilità con disturbi ossessivo-compulsivi ad esordio precoce o grave (che aumentano le distorsioni del pensiero), forte ansia, organizzazione borderline di personalità o pervasivi disturbi da tic, l'associazione degli SSRI a dose massimale (solo se lontani dalla fase in cui prevalgono i comportamenti maniacali), o del valproato, o di altri stabilizzanti più lievi, con gli antipsicotici a dose più bassa del normale, è considerata una pratica terapeutica utile.

Antipsicotici

I nuovi antipsicotici atipici sono noti per avere degli effetti migliori di quelli tipici. Gli antipsicotici sono usati per trattare distorsioni del pensiero, le false percezioni, le ossessioni, le dipendenze affettive, sessuali, da sostanze da abuso, l'episodio maniacale lieve o moderato, l'episodio depressivo grave, e nel BDP sono utilizzati come integrazione alla psicoterapia, senza i quali, a quest'ultima il paziente sarebbe poco ricettivo vista la difficoltà di autocontrollo. I dosaggi vanno da moderati a massimali, e vanno incrementati fino alla completa scomparsa degli episodi depressivi acuti, dei pensieri ossessivi e della condotta pericolosa.

L'uso degli antipsicotici è generalmente di breve termine (da 6 a 12 mesi), e raggiunge il dosaggio massimale se necessario. Infatti quattro test non-controllati e otto casi, suggeriscono che gli antipsicotici atipici come la clozapina, l'olanzapina, la quetiapina e il risperidone, aiutano i pazienti affetti dal DBP con sintomi psicotici, impulsivi, irresponsabili nella sessualità, oppure in preda a intenti suicidari e autolesivi, dipendenze da sostanze o da affetti, eccessiva reattività a comportamenti famigliari inadeguati, e si configurano come terapia efficace e assolutamente necessaria nella fase critica, al fine di scongiurare il suicidio al di fuori dell'ambiente ospedaliero. L'olanzapina e la quetiapina, in particolare, si rivelano essere i farmaci più sicuri, fino a dosaggi rispettivi di 20mg e 800mg. Tuttavia, anche per quest'ultimi, ci sono molti effetti collaterali (seppur minori rispetto agli antipsicotici classici), quali la discinesia tardiva dopo un lungo uso, il forte aumento di peso corporeo e tutto ciò che ne consegue. È fondamentale, pertanto, che l'uso dell'antipsicotico venga limitato nel tempo, basando la terapia farmacologica sulla stabilizzazione dell'umore per la prevenzione, o moderazione, degli episodi futuri. È fondamentale, data l'importanza salvavita del trattamento antipsicotico, un'adeguata educazione alimentare del paziente da parte del medico e dello psicoterapeuta, per il contenimento dell’incremento ponderale, spesso causa di abbandono della terapia anche in presenza di gravi stati di sofferenza.

Nella cultura di massa

Nella serie Mental, che parla proprio di patologie mentali, il personaggio di Michele è affetto da disturbo borderline di personalità.

Nella serie Skam Italia il personaggio di Niccolò Fares, fidanzato di Martino Rametta, soffre di questo disturbo.

Nel film Ragazze interrotte alla protagonista, Susanna, viene diagnosticato il disturbo borderline di personalità.

Bibliografia

  • Otto F. Kernberg, Disturbi gravi della personalità, Torino, Bollati Boringhieri, 1987, ISBN 978-88-339-5410-3.
  • John Clarkin, Frank E. Yeomans; Otto F. Kernberg, Psicoterapia delle personalità borderline, Milano, Raffaello Cortina, 2000, ISBN 978-88-7078-647-7.
  • M. Ammaniti (a cura di), Manuale di psicopatologia dell'adolescenza, Milano, Raffaello Cortina, 2002, ISBN 978-88-7078-782-5.
  • Jean Bergeret, La personalità normale e patologica. Le strutture mentali, il carattere, i sintomi, Milano, Raffaello Cortina, 2002, ISBN 978-88-7078-770-2.
  • John Gunderson, La personalità borderline. Una guida clinica, Milano, Raffaello Cortina, 2003, ISBN 978-88-7078-796-2.
  • Cancrini, Luigi. L'oceano borderline. Racconti di viaggi. Italia: Cortina Raffaello, 2006, ISBN 978-88-6030-070-6
  • Barone L., Manuale di psicologia dello sviluppo. Seconda Edizione, Roma, Carocci editore, 2019.

Collegamenti esterni

Controllo di autorità Thesaurus BNCF 62222 · LCCN (ENsh85015821 · GND (DE4007720-2 · BNF (FRcb12009009q (data) · J9U (ENHE987007283389505171

Новое сообщение