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Interferoni

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Gli interferoni (IFN) sono una famiglia di proteine prodotte sia da cellule del sistema immunitario (globuli bianchi) sia da cellule tissutali in risposta alla presenza di agenti esterni come virus, batteri, parassiti ma anche di cellule tumorali. Gli interferoni appartengono alla vasta classe di glicoproteine note come citochine.

La loro funzione specifica è quella di:

  • inibire la replicazione di virus all'interno delle cellule infette;
  • impedire la diffusione virale ad altre cellule;
  • rafforzare l'attività delle cellule preposte alle difese immunitarie, come i linfociti T e i macrofagi;
  • inibire la crescita di alcune cellule tumorali.

Storia

L'interferone fu scoperto nel 1957 dal virologo britannico Alick Isaacs e dal suo collega svizzero Jean Lindenmann. Venne chiamato "Interferone" perché essi notarono che in qualche modo interferiva con il virus che attaccava la cellula sotto esame. L'interferone venne isolato e si notò che era capace di proteggere le cellule da ulteriori infezioni virali, mostrando proprietà biologiche come l'inibizione della crescita virale, della moltiplicazione cellulare e varie attività immunomodulatorie.

Caratteristiche

Esistono tre tipi di interferoni, che comprendono quattro classi principali:

  • alfa (α) e beta (β) (tipo I) : sul cromosoma 9;
  • gamma (γ) (tipo II): sul cromosoma 12;
  • lambda (λ) (tipo III): sul cromosoma 19;
  • tipo IV (da poco scoperti, non se ne sa molto).

Generalmente gli interferoni possono avere diversi effetti: hanno proprietà antivirali e antioncogene; attivano i macrofagi e i linfociti natural-killer; potenziano l'espressione delle glicoproteine di classe I e II del complesso maggiore di istocompatibilità. In seguito a infezione virale, l'interferone segnala la presenza di virus e ordina alle cellule immunitarie di sostituire il proteasoma con l'immunoproteasoma.

L'interferone-α comprende in realtà una famiglia di circa venti proteine secrete principalmente dai leucociti (linfociti B e linfociti T) ed è detto per questo "interferone leucocitario". L'interferone-β è un'unica proteina secreta da vari tipi cellulari tra i quali i fibroblasti, ed è detto anche "interferone fibroblastico". L'interferone-γ è secreto dalle cellule-T attivate dall'antigene e dai linfociti natural-killer in risposta all'IL-12 e all'IL-18.

L'interferone-γ umano
L'interferone-β umano

IFN-α e IFN-β intervengono nella risposta immunitaria innata verso patogeni di origine virale. I sintomi stessi, come febbre e debolezza muscolare, sono in parte dovuti alla presenza di interferoni. Questi vengono emessi quando in una cellula si accumulano quantità anormali di RNA a doppio filamento (dsRNA, double-stranded RNA). Normalmente, il dsRNA è presente in quantità molto basse e l'aumento della concentrazione funziona da segnale di avvio per la produzione di interferone. Il gene che codifica questa citochina viene attivato nelle cellule infette e rilasciato verso le cellule circostanti.

Quando la cellula iniziale muore a causa del virus RNA citolitico, migliaia di questi virus vengono rilasciati verso le cellule circostanti. Tuttavia, queste cellule hanno già ricevuto l'interferone che le ha allertate riguardo alla minaccia esterna. Le cellule incominciano a produrre grandi quantità di una proteina nota come PKR (Protein kinase-R). Se un virus infetta una cellula che è stata pre-allarmata dall'interferone, questa si trova pronta a rispondere all'attacco.

La PKR è attivata dal dsRNA e trasferisce gruppi fosfati (fosforilazione) a una proteina nota come eIF2, un fattore eucariotico di attivazione della traduzione. A causa della fosforilazione, la eIF2 riduce la sua capacità di attivare la traduzione, ovvero la produzione delle proteine codificate dall'mRNA. Questo impedisce la replicazione del virus, ma inibisce anche le normali funzioni del ribosoma della cellula, uccidendoli entrambe. Tutto l'RNA all'interno della cellula viene degradato, impedendo all'mRNA di essere tradotto dall'eIF2 quando questo non è stato fosforilato.

L'interferone gamma sembra avere scarsa rilevanza nel mediare le risposte ai virus. Questa citochina è invece il principale attivatore dei macrofagi, sia nel corso delle reazioni immunitarie innate sia in quelle cellulo-mediate.

Meccanismi d'azione degli interferoni

Gli interferoni, legandosi alla membrana cellulare per mezzo di specifici recettori, stimolano la produzione nella cellula di alcuni enzimi antivirali:

Proteina chinasi R

La proteina chinasi R (PKR), inibisce la moltiplicazione del materiale genetico virale e, di conseguenza, la moltiplicazione del virus, provocando così l'arresto o l'attenuazione dell'infezione. Il processo di inibizione si svolge mediante la fosforilazione di una proteina conosciuta come elF-2, in risposta a una nuova infezione virale; la proteina così fosforilata, forma un complesso inattivante con un'altra proteina chiamata elF2B, che riduce la sintesi proteica all'interno della cellula, comprese le proteine virali che causano l'infezione e la moltiplicazione del virus.

RNAsi L

Un altro enzima cellulare prodotto in seguito all'attivazione del recettore per l'interferone è la RNAsi L, la quale, come suggerisce il nome, è un enzima litico il cui obiettivo sono gli acidi ribonucleici contenuti all'interno di quella cellula sia di tipo self sia non-self; questa azione provoca una diminuzione della produzione di proteine virali e del materiale genetico stesso del virus (se il virus è di tipo a RNA) o il prodotto di replicazione del gene virale. La distruzione del materiale genetico all'interno della cellula ospite, provoca la morte della cellula stessa e il blocco della replicazione virale.

Interferon-stimulated genes (ISGs)

Gli ISGs (geni stimolati da interferoni) sono una classe di proteine contenenti un centinaio di polipeptidi diversi, il cui ruolo è quello di combattere i virus e altre azioni mediate dagli interferoni. Altra funzione degli ISGs è quella di promuovere la produzione del p53 in modo da diminuire la proliferazione virale mediante induzione dell'apoptosi nelle cellule infettate dal virus.

Utilizzi terapeutici ed effetti collaterali

Artrite reumatoide, sclerodermia, trapianto d'organo. L'interferone gamma (IFN gamma) può provocare episodi di recrudescenza in caso di sclerosi multipla.

Anticorpi anti-interferone

Gli interferoni (IFN) possono provocare la formazione di anticorpi; l'incidenza è maggiore con l'impiego della forma sintetica rispetto a quella biologica.

Nei pazienti trattati con interferone beta la concentrazione di anticorpi neutralizzanti (NAb) si stabilizza dopo circa un anno di terapia e interessa fra il 3% e il 45% dei pazienti. La variabilità della percentuale di pazienti NAb-positivi dipende in parte dall'immunogenicità della formulazione farmaceutica di interferone beta e dal metodo di analisi non standardizzato. Dai dati disponibili, l'interferone β-1a somministrato per via muscolare risulta essere quello associato al minor tasso di anticorpi neutralizzanti (2-5% vs 14-24% vs 30% rispettivamente con INF beta-1a per via intramuscolare, INF beta-1a per via sottocutanea e INF β-1b). È stato inoltre osservato che la concentrazione di NAb aumenta con l'aumentare della dose di interferone beta fino a un valore soglia, oltre al quale diminuisce e che sussiste una negativizzazione spontanea degli anticorpi NAb, dipendente dal titolo (la presenza degli anticorpi persiste nei pazienti con titoli anticorpali elevati) ma non dal tipo di interferone beta impiegato.

In pazienti con sclerosi multipla NAb-positivi, trattati con 375 µg anziché 250 µg (dose standard) di interferone beta, la probabilità di negativizzazione del titolo anticorpale è risultata significativamente più elevata (HR: 3,41). È stato osservato che in vivo lo sviluppo di anticorpi anti-interferone ha determinato una riduzione dell'attività biologica; nell'uomo il significato degli anticorpi neutralizzanti non è stato completamente chiarito. Nei pazienti con sclerosi multipla trattati con interferone beta, la comparsa di anticorpi neutralizzanti è risultata ridurre la risposta farmacodinamica all'interferone (il rischio di recidiva nei pazienti NAb-positivi aumenta di sette volte rispetto ai pazienti NAb-negativi).

Nei pazienti con singolo episodio demielinizzante (sindrome clinicamente isolata, CIS), la comparsa di anticorpi neutralizzanti ha determinato un aumento significativo delle lesioni nuove attive e delle lesioni T2 rilevate alla risonanza magnetica, senza influenzare l'efficacia clinica della terapia con interferone (tempo di latenza allo sviluppo di sclerosi multipla clinicamente definita; progressione della disabilità del paziente, misurata con la scala EDSS; incidenza di recidive).

L'interferone β-1b ha evidenziato in vitro reattività crociata con l'interferone beta naturale (la rilevanza clinica di questa osservazione non è nota).

La persistenza degli anticorpi neutralizzanti nel sangue è elevata, sono infatti rilevabili fino a sei anni dopo la fine del trattamento con interferone beta.

Nei pazienti con sclerosi multipla, in cui la presenza di anticorpi NAb è correlata alla progressione della malattia, il dosaggio degli anticorpi neutralizzanti NAb andrebbe effettuato dopo dodici mesi di terapia con interferone beta. Nei pazienti NAb-positivi con titolo anticorpale alto e persistente la probabilità che la terapia interferonica risulti inefficace è elevata e pertanto, in questi pazienti, andrebbe valutata un'opzione terapeutica diversa dall'interferone beta.

Nei pazienti con negativizzazione del titolo anticorpale NAb, è possibile risomministrare il farmaco.

Altri effetti indesiderati

Contraccettivi orali

Si consiglia di associare alla terapia con interferone (IFN) valide misure contraccettive. L'interferone alfa leucocitario umano (IFN alfa N3) è stato associato a riduzione dei livelli di estradiolo o progesterone nelle pazienti in età fertile, pertanto la terapia con interferone alfa potrebbe ridurre l'efficacia dei contraccettivi orali. Spesso l'interferone è associato a ribavirina che è teratogena, può indurre cioè malformazioni al feto. L'associazione terapeutica interferone-ribavirina richiede l'uso di valide misure di contraccezione da continuare fino a 6-7 mesi dopo il termine della terapia farmacologica, anche quando è il partner a essere in trattamento con interferone e ribavirina.

Terapia oncologica

La somministrazione di interferone (IFN) alfa in associazione a farmaci chemioterapici aumenta il rischio di reazione avverse gravi e potenzialmente fatali come mucosite, diarrea, neutropenia, nefrotossicità, alterazioni elettrolitiche. In associazione a idrossiurea, aumenta il rischio di vasculite cutanea.

Terapia immunosoppressiva

L'interferone beta (IFN β-1b) non deve essere somministrato in associazione a farmaci immunomodulatori diversi dai corticosteroidi e dall'ormone adrenocorticotropo (ACTH) (mancanza di dati clinici).

Terapia antiretrovirale (HAART)

Nei pazienti con co-infezione HCV e HIV, in terapia antiretrovirale HAART (Highly Active Antiretroviral Therapy, basata sulla combinazione di un inibitore della proteasi più un analogo non nucleosidico più un analogo nucleosidico), l'aggiunta di interferone alfa (IFN alfa) e ribavirina può portare a un aumento del rischio di scompenso epatico e morte nei pazienti con cirrosi avanzata; di anemia se la terapia antiretrovirale include zidovudina.

Igiene orale

La somministrazione di interferone (IFN) alfa in associazione a ribavirina è stata associata a disturbi ai denti e alla gengiva con perdita dei denti. La secchezza delle fauci indotta dalla terapia di combinazione potrebbe peggiorare lo stato di salute di denti e gengive. Si raccomanda pertanto di ricorrere a valide misure di igiene orale (lavaggio dei denti almeno due volte/die) e di controllo odontoiatrico regolare. In caso di vomito sciacquarsi ripetutamente la bocca.

Pazienti pediatrici

I dati di letteratura relativi a efficacia e sicurezza dell'interferone (IFN) nella popolazione pediatrica sono limitati pertanto gli interferoni non sono raccomandati in questa classe di pazienti, con l'eccezione dell'interferone α-2b per l'indicazione relativa all'epatite cronica C. Nei bambini con epatite cronica C trattati con interferone alfa più ribavirina è stato osservato rallentamento della crescita staturale e perdita di peso. La minor crescita in altezza del bambino è stata osservata ancora dopo cinque anni dalla fine della terapia combinata interferone alfa/ribavirina; non è noto il grado di reversibilità di questi effetti. Pertanto la somministrazione di interferone alfa più ribavirina per il trattamento dell'epatite cronica C nella popolazione pediatrica richiede un'attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio per il singolo paziente.

Gravidanza e allattamento

La somministrazione in gravidanza e durante l'allattamento di interferone (IFN) può avvenire solo dopo un'attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. In vivo l'interferone α-2b e l'interferone gamma sono stati associati a tossicità riproduttiva. Considerare la teratogenicità della ribavirina quando associata a interferone alfa (la ribavirina è controindicata in gravidanza). L'interferone beta è stato associato a un aumento del rischio di aborto spontaneo e di riduzione del peso alla nascita, pertanto il trattamento farmacologico dovrebbe essere sospeso prima del concepimento e non dovrebbe essere incominciato in gravidanza. Gli interferoni sono inseriti in classe C per l'uso in gravidanza.

Attività che richiedono attenzione e coordinamento costante

L'interferone alfa (IFN α-2b) può indurre sonnolenza, stanchezza e confondimento, pertanto evitare attività che richiedano attenzione e capacità di coordinazione prolungate.

Alcool benzilico

La presenza di alcool benzilico fra gli eccipienti della formulazione farmaceutica a base di interferone (IFN) controindica la specialità medicinale nei bambini con meno di tre anni di età.

Conservazione

L'interferone (IFN) alfa deve essere conservato a temperature comprese fra 2 e 8 °C. Può essere conservato a temperatura non superiore a 25 °C per sette giorni; in questi sette giorni può essere utilizzato. Dopo questo lasso di tempo l'interferone non può essere refrigerato per un altro periodo di conservazione e deve essere eliminato. L'interferone β-1a presenta caratteristiche di conservazione diverse a seconda della formulazione farmaceutica: al riparo della luce, a temperatura di 2-8 °C per 18 mesi (specialità medicinale Rebif) oppure 24 mesi (specialità medicinale Biogen); oppure a temperatura non superiore a 25 °C per 24 mesi (specialità medicinale Betaferon). L'interferone gamma deve essere conservato a temperature comprese fra 2 e 8 °C.

Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada

Nei pazienti con epatite C trattati con interferone (IFN) è stata riportato raramente la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, sindrome infiammatoria con disturbi soprattutto a carico di occhio, orecchio, cute e meningi. Se i sintomi presentati dal paziente portano a sospettare la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, interrompere la somministrazione dell'interferone.

Albumina umana

La presenza di albumina umana nelle specialità contenenti interferone (IFN β-1B, Betaferon) comporta il rischio potenziale di trasmissione di virus.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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