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Obesità

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Obesità
Tre sagome raffiguranti i contorni di una persona normopeso (a sinistra), sovrappeso (centro) e obesa (a destra)
Specialità endocrinologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
OMIM 601665
MeSH D009765
MedlinePlus 003101 e 007297
eMedicine 123702

L'obesità è una condizione medica caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo che può portare effetti negativi sulla salute con una conseguente riduzione dell'aspettativa di vita.

Il termine deriva dal latino «obesitas», che indica la condizione di chi è «grasso, grosso o paffuto», a sua volta derivato da «esum», participio passato di «ĕdere» («mangiare»), con l'aggiunta del prefisso «ob» («per, a causa di»). L'uso del sostantivo «obesità» è documentato in italiano dal Settecento, mentre l'aggettivo «obeso» è anteriore (XVI secolo).

Si tratta di una patologia tipica, anche se non esclusiva, delle società dette "del benessere". L'Organizzazione mondiale della sanità definisce l'obesità attraverso l'indice di massa corporea (IMC), un dato biometrico che mette a confronto peso e altezza: sono considerati obesi i soggetti con IMC maggiore di 30 kg/m², mentre gli individui con IMC compreso fra 25 e 30 kg/m² sono ritenuti in sovrappeso.

Dieta alimentare corretta, esercizio fisico e approccio psicologico sono le basi per la terapia preventiva e curativa dell'obesità; per favorire il trattamento possono essere prescritti farmaci dimagranti che agiscono riducendo l'appetito o inibendo l'assorbimento del grasso. Come stabilito dalle linee guida internazionali elaborate nel 1991, qualora l'IMC sia superiore a 40 kg/m² oppure sia compreso fra 35 e 40 kg/m² con contemporanea presenza di fattori di rischio, si ricorre alla chirurgia bariatrica, per esempio introducendo un palloncino intragastrico.

L'obesità rappresenta la principale causa di morte prevenibile in tutto il mondo, con l'aumento della prevalenza in adulti e bambini, ed è considerata uno dei più gravi problemi di salute pubblica del XXI secolo. Essa è stigmatizzata in gran parte del mondo moderno (in particolare nella civiltà occidentale), anche se in alcuni momenti storici è stata percepita come un simbolo di ricchezza e fertilità, come è tuttora in alcune regioni del globo.

Aspetti storico-culturali

Un uomo obeso. Ritratto di Alessandro del Borro ad opera di Andrea Sacchi (XVII secolo).

I Greci furono i primi a riconoscere l'obesità come un disturbo medico:Ippocrate scrisse che «la corpulenza non è solo una malattia in sé, ma il presagio di altre». Il chirurgo indiano Susruta collegò l'obesità alle malattie cardiache e al diabete: egli raccomandava il lavoro fisico per curare i suoi effetti collaterali. Nel corso della storia dell'umanità, la maggior parte delle popolazioni ha lottato contro la scarsità di cibo: l'obesità è pertanto rimasta storicamente circoscritta a una minoranza, venendo considerata come un segno di ricchezza e di prosperità. Il sovrappeso era comune tra gli alti funzionari europei nel Medioevo e nel Rinascimento, così come nelle antiche civiltà dell'Asia orientale.

Con l'inizio della rivoluzione industriale, ci si rese conto di come la potenza militare ed economica delle nazioni dipendessero anche dalla dimensione del corpo e dalla forza fisica dei soldati e degli operai. Nel XIX secolo, altezza e peso hanno quindi subìto un netto incremento nel mondo occidentale e l'aumento della media dell'indice di massa corporea ha svolto un ruolo significativo nello sviluppo delle società industrializzate. Nel secolo successivo è stato raggiunto il limite massimo del potenziale genetico di altezza, mentre il peso ha iniziato a crescere molto di più rispetto all'altezza, con il conseguente fenomeno dell'obesità. A partire dagli anni cinquanta, l'aumento della ricchezza nei paesi industrializzati ha condotto a una diminuzione della mortalità infantile, ma con l'aumento del peso corporeo sono diventate più frequenti le patologie a carico dei reni e del cuore.

Molte culture nella storia hanno visto l'obesità come il risultato di una debolezza caratteriale dell'individuo. Il personaggio «obesus» della commedia greca era una figura di scherno. I cristiani hanno annoverato il cibo fra le manifestazioni dell'accidia e della lussuria, due dei sette vizi capitali. Nella cultura occidentale contemporanea, l'eccesso di peso è spesso considerato poco attraente e l'obesità è comunemente associata a stereotipi negativi; la grassezza può essere inoltre motivo di discriminazione.

La percezione della società occidentale riguardo al peso corporeo è mutata profondamente dall'inizio del XX secolo. Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che l'altezza media delle vincitrici di Miss America è aumentata del 2% dal 1922 al 1999, mentre al contempo il loro peso medio è diminuito del 12%. Per contro, l'opinione comune in merito al valore ottimale di peso corporeo in termini salutistici si è evoluta nella direzione opposta: in Gran Bretagna il valore di peso per cui le persone vengono ritenute essere in sovrappeso era infatti significativamente più alto nel 2007 rispetto al 1999.

L'obesità è ancora vista come un segno di ricchezza e benessere in molte parti dell'Africa; ciò è diventato particolarmente comune da quando ha avuto inizio l'epidemia di HIV.

Arte

La Venere di Willendorf, creata intorno al 24 000-22 000 a.C.

Fra le prime riproduzioni scultoree del corpo umano, risalenti a un periodo compreso fra i 35 000 e i 20 000 anni fa, si annoverano le cosiddette Veneri paleolitiche, statuine raffiguranti donne obese che secondo alcuni rappresenterebbero un simbolo idealizzato della fertilità, mentre a parere di altri costituiscono una descrizione realistica della femminilità dell'epoca. La corpulenza è invece del tutto assente nell'arte greca e romana, in ossequio al canone di bellezza classico.

Durante il Rinascimento, alcuni esponenti delle classi sociali più elevate iniziarono a ostentare le loro imponenti dimensioni, come si può constatare per esempio nei ritratti di Enrico VIII e di Alessandro del Borro. Il pittore Pieter Paul Rubens ha regolarmente raffigurato donne pingui, da cui l'aggettivo «rubensiana»; queste figure femminili, tuttavia, mantengono ancora la forma «a clessidra», indice di fertilità. Nel mondo occidentale, le opinioni sulla grassezza sono mutate rapidamente nel corso dell'Ottocento: dopo secoli in cui l'obesità fu segno di ricchezza e prestigio sociale, la magrezza cominciò ad affermarsi come canone desiderabile.

Accettazione dell'obesità

Le organizzazioni che promuovono l'accettazione dell'obesità hanno conosciuto una crescita considerevole nel corso della seconda metà del XX secolo. Lo scopo precipuo di tali associazioni consiste nel combattere le discriminazioni contro le persone grasse; alcuni esponenti del movimento tendono altresì a minimizzare gli effetti negativi dell'obesità sulla salute.

L'attivismo di questi gruppi resta tuttavia un fenomeno marginale. La statunitense National Association to Advance Fat Acceptance (NAAFA), costituitasi nel 1969, si descrive come un'organizzazione per i diritti civili che si propone di porre fine alle discriminazioni basate sul peso corporeo. L'International Size Acceptance Association (ISAA) è un'organizzazione non governativa fondata nel 1997 che promuove l'accettazione della grassezza.

Epidemiologia

Prevalenza dell'obesità maschile (sinistra) e femminile (destra) nel mondo, nel 2011 (fonte: International Association for the Study of Obesity, IASO)

     < 5%

     5–10%

     10–15%

     15–20%

     20–25%

     25–30%

     30–35%

     35–40%

     40–45%

     45–50%

     50–55%

     > 55%

Prima del XX secolo, l'eccesso di peso era una condizione rara. Nel 1997, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha riconosciuto ufficialmente l'obesità come un'epidemia globale. Nel 2005 l'OMS stimava che almeno 400 milioni di adulti – pari al 9,8% della popolazione mondiale – fossero obesi, con tassi più alti tra le donne rispetto agli uomini. La frequenza dell'obesità subisce un incremento con l'età, almeno fino ai 50 o ai 60 anni, e i casi registrati sono rapidamente aumentati soprattutto negli Stati Uniti, in Australia e in Canada.

Se fino alla fine del XX secolo l'obesità era ritenuta un problema circoscritto alle comunità ad alto reddito, a partire dal XXI secolo la condizione è in aumento in tutto il mondo, tanto nelle nazioni industrializzate quanto nei paesi in via di sviluppo; gli incrementi maggiori si sono registrati nei contesti urbani. L'unica regione del mondo dove l'obesità non è frequente è l'Africa subsahariana.

Il problema di salute pubblica

L'Organizzazione mondiale della sanità prevede che il sovrappeso e l'obesità potrebbero presto sostituire i più tradizionali problemi di salute pubblica come la denutrizione e le malattie infettive. Gli sforzi degli organismi della sanità pubblica tendono a combattere il problema cercando di studiare e di correggere i fattori ambientali responsabili della crescita del fenomeno: in molti paesi, per esempio, si è cercato di incentivare l'uso delle mense scolastiche – dove vengono proposti cibi selezionati – e di promuovere l'attività motoria, creando parchi pubblici, percorsi pedonali e piste ciclabili.

Fra 1998 e il 2006, gli Stati Uniti e il Canada hanno pubblicato delle linee guida federali per prevenire e contrastare l'obesità negli adulti e nei bambini. Nel 2004 il Royal College of Physicians, la Faculty of Public Health e il Royal College of Paediatrics and Child Health del Regno Unito hanno presentato una relazione che ha evidenziato il crescente problema dell'obesità nel paese. Nello stesso anno, una commissione della Camera dei Comuni ha pubblicato un'indagine più completa sull'impatto dell'obesità sulla società e sul suo trattamento.

È allo studio una strategia di approccio globale finalizzata ad affrontare i crescenti tassi di obesità. Le ricerche effettuate sono pervenute a definire tre contesti su cui è possibile intervenire: «a monte» del problema con l'osservazione dei mutamenti nella società; «nel mezzo» con progetti volti a modificare il comportamento degli individui e a migliorare il loro stile di vita; «a valle» con il trattamento delle persone colpite dall'obesità.

Impatto economico

Per poter accogliere le persone obese, gli uffici e i servizi pubblici debbono dotarsi di attrezzature speciali, come sedie molto più ampie

Oltre alle sue conseguenze negative sulla salute, l'obesità conduce a numerosi problemi in materia di occupazione e di costi aumentati per la collettività; questi effetti sfavorevoli insistono su tutti i livelli della società, a partire dai singoli individui fino alle imprese e ai governi.

Si presume che nei soli Stati Uniti la spesa per i prodotti dietetici si attesti fra i 40 e i 100 miliardi di dollari all'anno. Nel 1998, i costi sanitari attribuibili all'obesità negli USA sono stati di 78,5 miliardi di dollari, pari al 9,1% di tutte le spese mediche, mentre il costo dell'obesità in Canada è stato stimato in 2 miliardi di dollari canadesi nel 1997 (2,4% dei costi sanitari totali).

È stato dimostrato che i programmi di prevenzione dell'obesità hanno ridotto il costo del trattamento delle malattie correlate; tuttavia, a causa dell'allungamento medio della durata della vita, le spese mediche complessive hanno subìto un incremento. I ricercatori concludono pertanto che, malgrado i successi nell'ambito della prevenzione dell'obesità, è improbabile che si registri una riduzione delle spese sanitarie globali.

La grassezza può portare anche alla stigmatizzazione sociale e a forti svantaggi in materia di occupazione. Rispetto ai loro colleghi di peso normale, i lavoratori obesi hanno in media tassi di assenteismo più elevati: di conseguenza, i costi per i datori di lavoro si innalzano, andando a detrimento della produttività. I lavoratori con un IMC superiore a 40 kg/m² richiedono il doppio di domande di indennità rispetto a quelli con un IMC nella norma: l'eccesso ponderale causa infatti un rischio superiore di infortuni alle mani e alla schiena, dovuti a cadute e al sollevamento di oggetti pesanti.

Alcune ricerche dimostrano inoltre che le persone obese hanno minori probabilità di essere assunte e di conseguire una promozione. I lavoratori grassi hanno anche retribuzioni inferiori rispetto ai loro omologhi più magri; le donne obese, in media, rendono il 6% in meno e gli uomini obesi circa il 3% in meno.

Settori specifici, quali le compagnie aeree, hanno preoccupazioni particolari: a causa dei tassi crescenti di obesità, sono aumentati i costi per il carburante e le richieste di posti a sedere più larghi, con conseguente calo degli introiti. Nel 2000, il maggior peso dei passeggeri obesi è costato alle compagnie circa 275 milioni di dollari.

Effetti sulla salute

Il peso corporeo eccessivo è associato a diverse patologie, in particolare a malattie cardiovascolari, al diabete mellito di tipo 2, alla sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, ad alcuni tipi di cancro e alla osteoartrosi. Pertanto l'obesità è causa di una riduzione dell'aspettativa di vita.

Mortalità

Rischio relativo di morte a 10 anni per uomini (a sinistra) e donne (a destra) statunitensi di etnia caucasica, che non siano mai stati fumatori, ripartiti per indice di massa corporea

L'obesità è una delle principali cause di morte prevenibile a livello mondiale. Alcuni studi statunitensi ed europei, effettuati su un campione a larga scala, hanno dimostrato che il rischio di mortalità è più basso nei non fumatori con IMC compreso tra i 20 e i 25 kg/m², così come nei fumatori con IMC compreso fra i 24 e i 27 kg/m². Fra le donne, a un IMC superiore a 32 kg/m² è stato associato un tasso di mortalità raddoppiato nell'arco di un periodo di 16 anni. Negli Stati Uniti l'obesità è stimata come causa di un numero di decessi compreso fra gli 111 909 e i 365 000 all'anno, mentre nell'Unione europea un milione di decessi (pari al 7,7% del totale) sono attribuiti al peso in eccesso. In media, l'obesità abbassa l'aspettativa di vita di circa sei-sette anni: in particolare, l'aspettativa di vita diminuisce di due-quattro anni in caso di obesità moderata (corrispondente a un IMC compreso fra 30 e 35 kg/m²), mentre l'obesità grave (IMC maggiore di 40 kg/m²) riduce l'aspettativa di vita di dieci anni.

Morbosità

L'obesità aumenta il rischio di molte patologie fisiche e mentali. Queste sono comunemente indicate come sindromi metaboliche, combinazioni di disturbi medici che comprendono diabete mellito di tipo 2, ipertensione, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia.

Esistono malattie causate direttamente dall'obesità e disturbi connessi indirettamente a essa, attraverso meccanismi di condivisione di una causa comune, come una cattiva alimentazione o uno stile di vita sedentario. La correlazione fra obesità e condizioni specifiche varia; una delle più elevate riguarda il diabete di tipo 2: l'eccesso di grasso corporeo è infatti alla base del 64% dei casi di diabete negli uomini e il 77% dei casi nelle donne. L'aumento della massa grassa altera la risposta del corpo all'insulina, portando una resistenza a essa; l'incremento del tessuto adiposo genera anche uno stato proinfiammatorio e protrombotico.

In generale, le conseguenze sanitarie dell'obesità rientrano in due grandi categorie: le patologie ascrivibili agli effetti di un aumento della massa grassa (come l'osteoartrosi, l'apnea ostruttiva del sonno, la stigmatizzazione sociale) e quelle dovute all'incremento numerico delle cellule adipose (diabete, cancro, malattie cardiovascolari, steatosi epatica non alcolica).

Campo medico Condizione
Cardiologia Ischemia miocardica:angina e infarto miocardico acuto

Insufficienza cardiaca
Ipertensione
Elevati livelli di colesterolo
Trombosi venosa profonda ed embolia polmonare

Dermatologia Smagliature

Acantosi nigricans
Linfedema
Irsutismo
Intertrigine

Endocrinologia e medicina riproduttiva Diabete mellito

Sindrome dell'ovaio policistico
Disordini mestruali
Infertilità
Difetti nella nascita
Morte del feto

Gastroenterologia Malattia da reflusso gastroesofageo

Steatosi epatica non alcolica
Colelitiasi

Neurologia Ictus

Meralgia parestesica
Emicrania
Sindrome del tunnel carpale
Demenza
Ipertensione endocranica
Sclerosi multipla

Oncologia Tumore al seno, ovaio

Esofago, colon-retto
Fegato, pancreas
Tumore dell'utero
Cistifellea, stomaco
Prostata, rene
Linfoma non-Hodgkin, Mieloma multiplo

Psichiatria Depressione
Bulimia
Pneumologia Sindrome delle apnee nel sonno

Sindrome obesità-ipoventilazione
Asma
Incremento di complicanze durante l'anestesia generale

Reumatologia e ortopedia Gotta

Scarsa mobilità
Artrite
Lombalgia

Urologia e nefrologia Disfunzione erettile

Incontinenza urinaria
Insufficienza renale cronica
Ipogonadismo

Il paradosso della sopravvivenza

Benché le conseguenze negative dell'obesità nella popolazione generale siano ben documentate grazie alle numerose prove disponibili, in alcuni sottogruppi le condizioni di salute sembrano migliorare con un aumento dell'IMC, un fenomeno noto come paradosso della sopravvivenza negli obesi. Il paradosso è stato descritto per la prima volta nel 1999 su persone in sovrappeso e obesi sottoposti a emodialisi, ed è stato successivamente individuato anche in pazienti con insufficienza cardiaca e con arteriopatia obliterante periferica.

In uno studio del 2006 si valutarono alcuni soggetti con scompenso cardiaco obesi (con IMC compreso tra 30,0 e 34,9), i quali mostrarono un tasso di mortalità inferiore rispetto ai pazienti di peso normale; ciò è stato attribuito al fatto che spesso i soggetti scompensati perdono peso man mano che peggiorano le condizioni di salute e in tal caso il peso in eccesso allungò la comparsa della cachessia, stato spesso presente nei malati terminali. Sono stati rilevati risultati analoghi in riferimento ad altri tipi di malattie cardiache. Le persone con obesità di classe I e con problemi cardiaci non hanno maggiori tassi di incidenza di nuove patologie cardiache rispetto a chi ha un peso normale e con disturbi cardiaci già presenti. Nelle persone con maggiori gradi di obesità, tuttavia, il rischio di ulteriori peggioramenti è aumentato. Anche dopo l'intervento di bypass cardiaco, nessun aumento della mortalità si è registrato in pazienti sovrappeso o obesi. Uno studio ha evidenziato che il miglioramento della sopravvivenza potrebbe essere spiegato dal fatto che le persone con una grave obesità ricevono un trattamento medico più aggressivo in seguito a un problema cardiaco. Nei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva e da malattia arteriosa periferica, i benefici portati dall'obesità non si verificano.

Eziologia

A livello individuale, la causa della maggior parte dei casi di obesità consiste in una combinazione di eccessivo apporto calorico e di scarsa attività fisica. Un numero limitato di casi sono invece dovuti principalmente alla genetica, a motivi di salute o a malattie psichiatriche. Più in generale, l'incremento del tasso di obesità nella popolazione è attribuito a una dieta facilmente accessibile e appetibile, alla maggior dipendenza dalle automobili e alla produzione meccanizzata.

Uno studio del 2006 ha individuato dieci fattori che verosimilmente hanno contribuito alla diffusione dell'obesità:

  1. mancanza di sonno;
  2. interferenti endocrini (inquinanti ambientali che interferiscono sul metabolismo dei lipidi);
  3. diminuzione della variabilità della temperatura ambientale;
  4. riduzione del tabagismo, dal momento che il fumo sopprime l'appetito;
  5. maggior uso di farmaci che possono causare aumento di peso (per esempio, antipsicotici atipici);
  6. un incremento proporzionale dei gruppi etnici che tendono a essere più pesanti;
  7. gravidanza in una fase più tarda dell'età;
  8. fattori di rischio epigenetici delle passate generazioni;
  9. selezione naturale per il più alto indice di massa corporea;
  10. accoppiamento assortativo che porta a una maggiore concentrazione di fattori di rischio dell'obesità (il che non necessariamente aumenta il numero di persone obese, ma aumenterebbe il peso medio della popolazione).

Sebbene vi siano evidenze concrete a sostegno dell'influenza di questi elementi sulla crescente diffusione dell'obesità, le prove sono ancora insufficienti e gli autori affermano che probabilmente i suddetti fattori esercitano un peso inferiore rispetto alla dieta e all'attività fisica.

Dieta

Mappa della disponibilità di energia alimentare per persona al giorno nel 1961 (sinistra) e nel 2001-2003 (destra) in kcal/persona/giorno

     nessun dato

     <1600

     1600–1800

     1800–2000

     2000–2200

     2200–2400

     2400–2600

     2600–2800

     2800–3000

     3000–3200

     3200–3400

     3400–3600

     >3600

Il consumo calorico totale è stato messo in relazione con l'obesità. La disponibilità di energia alimentare pro capite varia sensibilmente tra le diverse regioni del mondo ed è anche cambiata significativamente nel corso del tempo. Fra gli inizi degli anni settanta e la fine degli anni novanta, le calorie mediamente disponibili per persona al giorno (ovvero l'apporto calorico degli alimenti acquistati) sono aumentate ovunque, fatta eccezione per l'Europa dell'Est. Nel 1996 gli Stati Uniti possedevano la massima disponibilità con 3 654 calorie per persona, diventate 3 754 nel 2003. Alla fine degli anni novanta gli europei godevano di 3 394 calorie per persona, nelle aree in via di sviluppo dell'Asia c'erano 2 648 calorie per persona, mentre nell'Africa sub-sahariana gli abitanti potevano disporre di 2 176 calorie ciascuno.

La diffusa disponibilità di linee guida nutrizionali non è risultata sufficiente per combattere i problemi legati all'eccesso di calorie e agli errori nella scelta della dieta: dal 1971 al 2000, per esempio, il tasso di obesità negli Stati Uniti è aumentato dal 14,5% al 30,9%. Nel corso dello stesso periodo si è verificato un aumento nella quantità media di energia alimentare consumata: per le donne, l'aumento medio è stato di 335 calorie al giorno (dalle 1 542 calorie del 1971 alle 1 877 calorie del 2004), mentre per gli uomini l'aumento medio si è attestato a 168 calorie al giorno (dalle 2 450 calorie del 1971 alle 2 618 calorie del 2004). La maggior parte di questa energia alimentare in eccesso è dovuta all'aumento del consumo di carboidrati piuttosto che al consumo di grassi. Le fonti primarie dell'apporto extra di carboidrati sono le bevande edulcorate, che ormai coprono quasi il 25% dell'energia alimentare quotidiana nei giovani statunitensi; il consumo di bevande zuccherate è ritenuto uno dei fattori che hanno contribuito maggiormente al crescente tasso di obesità.

Consumo medio pro capite di energia alimentare per persona al giorno tra il 1961 e il 2002

Anche i pasti fast food hanno concorso in misura considerevole alla diffusione dell'obesità. Negli Stati Uniti il consumo di questi pasti è triplicato tra il 1977 e il 1995, mentre l'energia assunta è quadruplicata.

Le politiche agricole e le tecnologie disponibili nel mondo occidentale hanno portato a una diminuzione dei prezzi degli alimenti. Negli Stati Uniti, le sovvenzioni ai coltivatori di mais, soia, grano e riso hanno penalizzato il consumo di frutta e verdura.

Stile di vita sedentario

Uno stile di vita sedentario gioca un ruolo significativo nell'obesità. Nel mondo si è verificata una grande diminuzione del lavoro fisicamente impegnativo: conseguentemente almeno il 60% della popolazione mondiale compie attività motorie insufficienti. Ciò è dovuto principalmente al crescente uso di mezzi di trasporto meccanizzati e alla maggior disponibilità di elettrodomestici. Anche nei bambini è stato documentato un calo nei livelli di attività fisica. L'Organizzazione mondiale della sanità ha registrato una netta diminuzione del numero di persone che nel tempo libero si dedicano ad attività fisiche, mentre uno studio finlandese è pervenuto a conclusioni sostanzialmente opposte.

Tanto nei bambini quanto negli adulti è emersa una correlazione fra il tempo dedicato all'uso della televisione e il rischio di obesità.

Genetica

Un dipinto del 1680 di Juan Carreño de Miranda, raffigurante una ragazza che si presume soffrisse della sindrome di Prader-Willi

Come per molte altre condizioni mediche, l'obesità è il risultato di un'interazione tra fattori genetici e ambientali. Polimorfismi nei geni diversi che controllano l'appetito e il metabolismo predispongono all'obesità; a partire dal 2006, oltre 41 di questi geni sono stati collegati allo sviluppo di obesità se contestualizzati in un ambiente favorevole. Le persone con due copie del gene FTO (gene associato alla massa grassa e all'obesità) sono state trovate, in media, pesanti 3–4 kg di più e con un rischio 1,67 volte maggiore di obesità rispetto a quelli senza l'allele di rischio. La percentuale di obesità che può essere attribuita a fattori genetici varia, a seconda della popolazione esaminata, dal 6% all'85%.

L'obesità è una caratteristica peculiare in diverse sindromi, quali la sindrome di Prader-Willi, la sindrome di Bardet-Biedl, la sindrome di Cohen e la sindrome di MOMO (la locuzione «obesità non sindromica» è talvolta usata per escludere queste condizioni). Nelle persone con obesità grave a esordio precoce, definita da un esordio prima dei 10 anni di età e con un indice di massa corporea oltre tre deviazioni standard al di sopra del normale, il 7% presenta una mutazione del DNA.

Gli studi che si sono concentrati su modelli di eredità, anziché su geni specifici, hanno rilevato che l'80% dei figli di due genitori obesi sono obesi, a fronte del 10% circa dei figli di due genitori di peso normale.

L'ipotesi del gene risparmiatore postula che, a parità di condizioni ambientali, alcuni gruppi etnici sono più inclini all'obesità. La loro capacità di approfittare dei rari periodi di abbondanza di cibo, da immagazzinare sotto forma di grasso, sarebbe vantaggiosa durante i periodi di carestia e le persone con riserve adipose maggiori avrebbero maggiori probabilità di sopravvivenza; questa tendenza a conservare il grasso, però, è dannosa in una società caratterizzata da uno stile di vita sedentario. Sarebbe questo il motivo per cui gli indiani Pima, che si sono evoluti in un ecosistema desertico, avrebbero sviluppato un alto tasso di obesità dopo essere stati esposti a uno stile di vita di matrice occidentale.

Farmaci e malattie psichiatriche

Le patologie mediche che aumentano il rischio di obesità includono le già menzionate sindromi genetiche rare, così come alcune patologie congenite o acquisite, tra cui l'ipotiroidismo, la sindrome di Cushing, il deficit dell'ormone della crescita e – quanto ai disturbi del comportamento alimentare – la sindrome del disturbo da alimentazione incontrollata e la sindrome da alimentazione notturna. L'obesità non è considerata un disturbo mentale e quindi non è elencata nel DSM come una malattia psichiatrica; il rischio di sovrappeso e obesità è tuttavia maggiore nei pazienti con disturbi psichiatrici rispetto ai soggetti che non presentano sintomi.

Alcuni farmaci possono causare aumento di peso o cambiamenti nella struttura corporea: tra questi si annoverano l'insulina, le sulfaniluree, i tiazolidinedioni, gli antipsicotici atipici, gli antidepressivi, gli steroidi, alcuni anticonvulsivanti (fenitoina e valproato), il pizotifene e alcuni contraccettivi ormonali.

Fattori di carattere sociale

Correlazione fra obesità della popolazione adulta e disuguaglianza economica nei paesi industrializzati

I fattori genetici non sono sufficienti a spiegare la diffusione dell'obesità a livello globale. Per la spiegazione di questo fenomeno sono state elaborate numerose congetture.

La correlazione tra classe sociale e indice di massa corporea varia in ragione del contesto geografico. Uno studio del 1989 ha rilevato come nei paesi industrializzati le donne più facoltose avessero minori probabilità di essere obese; nessuna differenza significativa, al contrario, è stata osservata fra gli uomini appartenenti a diverse classi sociali. Nei paesi in via di sviluppo, invece, gli individui appartenenti ai ceti più elevati – comprese donne e bambini – presentavano un maggior tasso di obesità. Un aggiornamento di questo studio, effettuato nel 2007, è pervenuto alle medesime conclusioni con l'unica differenza di una correlazione più debole, dovuta verosimilmente agli effetti della globalizzazione. Nei paesi sviluppati, i maggiori livelli di obesità e sovrappeso fra adulti e adolescenti risultano correlati allo scarso reddito.

Sono state proposte differenti spiegazioni per i suddetti fenomeni. Si ritiene, per esempio, che nei paesi industrializzati i ricchi possano permettersi cibi più sani e siano sottoposti a una maggiore pressione sociale a rimanere snelli; si pensa inoltre che essi abbiano più tempo da dedicare alla propria forma fisica. Lo stress e la percezione di un basso prestigio sociale, per contro, potrebbero concorrere ad aumentare il rischio di obesità.

Il fumo ha un effetto significativo sul peso di un individuo: coloro che smettono di fumare guadagnano in media 4,4 kg per gli uomini e 5 kg per le donne in circa dieci anni. Questi incrementi di peso hanno tuttavia influito poco sui tassi globali di obesità.

Anche il numero di figli può costituire un fattore di rischio: per una donna con figli la probabilità di diventare obesa aumenta di circa il 7%, mentre per un uomo del 4%. Ciò potrebbe essere in parte spiegato dal fatto che avere figli a carico comporta una riduzione dell'attività fisica, perlomeno nel mondo occidentale.

Nei paesi in via di sviluppo l'urbanizzazione sta svolgendo un ruolo determinante nella diffusione della grassezza: in Cina i tassi complessivi di obesità sono al di sotto del 5%, ma in alcune città superano il 20%. Nella prima infanzia, l'obesità può spesso essere addebitata alla malnutrizione: i cambiamenti endocrini che si verificano durante i periodi di malnutrizione, infatti, possono favorire gli accumuli di grasso.

Agenti infettivi

Lo studio degli effetti degli agenti infettivi sul metabolismo è ancora nelle sue fasi iniziali. È stato dimostrato che la flora intestinale differisce tra soggetti magri e obesi; non vi è tuttavia un'indicazione precisa che la tipologia di flora intestinale possa influenzare il potenziale metabolico. Questa alterazione può però essere determinante per la capacità di assorbimento dei nutrienti del cibo. Se tali differenze sono la causa diretta o il risultato dell'obesità, deve ancora essere determinata in modo inequivocabile.

Un'associazione tra virus e obesità è stata studiata negli esseri umani e in numerose specie animali diverse; anche questa correlazione è ancora da determinare con precisione.

Classificazione

Vista frontale e laterale di un grande obeso con smagliature della pelle e ginecomastia. Il suo peso è di 146 kg e la sua altezza è di 177 cm, per un IMC di 47 kg/m²

L'obesità è una condizione medica in cui si è accumulato del tessuto adiposo in eccesso nella misura in cui può portare a un effetto negativo sulla salute dell'individuo. Essa è definita tramite l'indice di massa corporea (IMC) e attraverso ulteriori valutazioni relative alla distribuzione del grasso e ai fattori di rischio cardiovascolare; l'IMC è strettamente correlato alla percentuale di grasso corporeo e alla sua massa complessiva. Essendo il grasso viscerale il più dannoso a livello cardiovascolare, una circonferenza della vita uguale o superiore al 60% della propria statura è già una condizione sufficiente per definire l'obesità. Talvolta si parla di «obesità addominale», quando il peso corporeo complessivo non è così elevato da classificare un individuo nella fascia di obeso, ma la concentrazione di massa grassa a livello addominale è sensibilmente superiore ai valori considerati accettabili.

Nei bambini e negli adolescenti, il peso forma varia con l'età e il sesso. Di conseguenza, in queste categorie l'obesità non è definita come un valore assoluto ma in relazione a un gruppo storico normale: un soggetto è ritenuto obeso se il suo IMC supera il 95º percentile. Si conviene di fare riferimento ai dati risalenti al periodo compreso fra il 1963 e il 1994, che non hanno risentito dei successivi incrementi di peso registrati nella popolazione mondiale.

L'indice di massa corporea

IMC/BMI Classificazione
< 18,5 sottopeso
18,5–24,9 peso normale
25,0–29,9 sovrappeso
30,0–34,9 obesità di classe I
35,0–39,9 obesità di classe II
≥ 40,0 obesità di classe III
Grafico dell'Indice di massa corporea (IMC); la zona rossa indica la situazione di obesità

L'indice di massa corporea (IMC o BMI, dall'inglese «body mass index») si calcola dividendo il peso del soggetto (espresso in chilogrammi) per il quadrato della sua altezza (espressa in metri).

Le definizioni di obesità e sovrappeso più comunemente utilizzate, elaborate dall'Organizzazione mondiale della sanità nel 1997 e pubblicate nel 2000, sono riportate nella tabella a fianco.

In alcuni contesti sono state apportate delle modifiche alle definizioni dell'OMS. La letteratura chirurgica divide la «classe III» in ulteriori categorie i cui esatti valori sono ancora in discussione. Dal momento che le popolazioni asiatiche sviluppano conseguenze negative per la salute con un IMC inferiore rispetto ai caucasici, alcune nazioni hanno ridefinito l'obesità: i giapponesi definiscono l'obesità come un valore di IMC superiore a 25, mentre la Cina stabilisce un IMC maggiore di 28 per la diagnosi.

L'obesità nei bambini

I valori di un sano IMC variano con l'età e il sesso del bambino. L'obesità nei bambini e negli adolescenti è definita come un IMC maggiore rispetto al 95º percentile; i dati di riferimento sono stati elaborati tra il 1963 e il 1994 e non sono stati influenzati dalla successiva diffusione globale dell'obesità.

Nel XXI secolo, l'obesità infantile ha raggiunto proporzioni epidemiche in tutto il mondo. Il tasso di obesità nei ragazzi canadesi è aumentato dall'11% del 1980 a oltre il 30% del 1990, mentre nei bambini brasiliani l'incremento è stato dal 4 al 14%. Per quanto riguarda l'Italia, i bambini dai 6 ai 12 anni nel 1976-1980 presentavano un tasso di obesità del 7%, mentre – nella stessa fascia d'età – si passò al 12% del 1988-1994 e al 15% nel 2000. Le regioni più interessate da questo problema sono prevalentemente quelle dell'Italia meridionale, tant'è che a Napoli si registra un tasso del 16,6%. In Campania, Puglia e Sicilia la popolazione infantile in sovrappeso raggiunge il 23,6% e quella obesa il 13,5%. Questo fenomeno è stato attribuito all'abbandono della dieta mediterranea tradizionale a favore di un'alimentazione priva di regole e orari, alla povertà e alla malnutrizione, piuttosto che a una colpevole negligenza dei minori e delle loro famiglie.

Come per la grassezza nell'età adulta, l'obesità nei bambini e negli adolescenti può essere determinata da molteplici fattori: si ritiene che la cattiva alimentazione e la scarsa attività fisica siano le cause principali. Dal momento che l'obesità infantile spesso persiste in età adulta ed è associata a numerose malattie croniche, i bambini obesi sono spesso controllati per l'ipertensione, per il diabete, per l'iperlipidemia e per la steatosi epatica. I trattamenti utilizzati nei bambini mirano eminentemente a modificare lo stile di vita, giacché il ricorso ai farmaci non è consentito (negli Stati Uniti, per esempio, la FDA non ha approvato l'utilizzo di farmaci dimagranti per questa fascia di età).

Trattamento

L'Orlistat (Xenical), il farmaco più comunemente usato per trattare l'obesità, e la sibutramina (Meridia), un farmaco ritirato a causa di effetti cardiovascolari indesiderati

Il principale trattamento contro l'obesità consiste nell'associazione di dieta ed esercizio fisico. Una dieta accurata può causare perdita di peso nel breve periodo; tuttavia il mantenimento è spesso difficile e richiede un impegno costante nell'esercizio fisico oltre a una corretta alimentazione. La percentuale di successo del mantenimento del peso a lungo termine con il cambiamento dello stile di vita varia dal 2 al 20%.

Un farmaco, l'Orlistat (Xenical), è disponibile dal 2006 ed è stato approvato per l'utilizzo a lungo termine sia dall'AIFA sia dall'FDA. I risultati sono tuttavia modesti, con una perdita di peso media pari a 2,9 kg da 1 a 4 anni, e vi sono scarse informazioni su come il farmaco agisca contro le complicanze a lungo termine dell'obesità. Il suo utilizzo è inoltre associato a disturbi gastrointestinali e sono state espresse delle preoccupazioni circa alcuni effetti negativi sui reni.

In soggetti gravemente obesi vengono prescritte le amfetamine in quanto la loro azione stimolante contribuisce a sopprimere l'appetito. Tuttavia il loro utilizzo è raro, trattandosi di sostanze psicotrope che possono indurre dipendenza.

Vi sono inoltre dei prodotti di libera vendita che non sono sempre riconosciuti nella loro efficacia, ma che sono stati sottoposti a studi controllati, quali il chitosano, la N-oleil-fosfatidil-etanolamina in associazione all'epigallocatechin-3-gallato, il fucus vesiculosus, l'iperico e l'efedra. Sono in uso anche dei farmaci che non hanno un'indicazione specifica nell'obesità (off-label) e che fanno capo alle più disparate classi di farmaci come gli antidepressivi serotoninergici (fluoxetina e sertralina), gli antidiabetici (metformina), il bupropione e gli antiepilettici (topiramato e zonisamide). Altre sostanze utilizzate dal 1990 in poi (la fenilpropanolamina, la gonadotropina corionica e l'acido triiodotiracetico) sono state valutate in diversi studi che ne hanno decretato la scarsa efficacia; solo l'efedrina e la caffeina sono impiegate nella terapia dell'eccesso ponderale sin dal 1995 con risultati altalenanti.

Il trattamento più efficace per l'obesità è comunque la chirurgia bariatrica, che comprende diverse componenti d'azione:

L'obiettivo della chirurgia bariatrica sarebbe quello di ottenere una perdita di peso significativa e a lungo termine, possibilmente associata a ridotta mortalità e morbidità. Il confronto tra le varie tecniche favorisce in genere gli interventi malassorbitivi piuttosto che quelli puramente restrittivi. Tuttavia, in presenza di indicazioni corrette, ogni tipo di intervento ha possibili effetti duraturi sul peso con percentuali di perdita di eccesso ponderale comprese tra il 50% e il 90% a 5 anni. Per ogni trattamento si possono riconoscere complicanze talora rischiose e anche mortali, ma la loro individuazione e la conoscenza dei mezzi a disposizione per trattarle ha progressivamente ridotto la mortalità post-operatoria rendendo più accettabile il rapporto fra rischio e beneficio.

La chirurgia per l'obesità grave porta, come è noto, a perdita di peso a lungo termine e una diminuzione della mortalità complessiva. Uno studio del 2007 evidenzia che una perdita di peso compresa tra il 14% e 25% (a seconda del tipo di procedura eseguita) a dieci anni comporta una riduzione del 29% di tutte le cause di mortalità rispetto alle misure standard di perdita di peso. Tuttavia, a causa del suo costo e il rischio di complicanze, i ricercatori stanno studiando altri trattamenti efficaci ma meno invasivi.

In particolare, alcuni farmaci originariamente progettati per la terapia del diabete come Semaglutide e Tirzepatide si sono rivelati, nei soggetti obesi (anche non diabetici), efficaci quasi al livello della migliore terapia chirurgica disponibile e significativamente più del placebo e di restrizione calorica e attività fisica, pur avendo effetti collaterali non particolarmente gravi. Questa classe di farmaci agisce imitando gli effetti dell'ormone peptide-1 glucagone-simile (GLP-1), che influisce sulla regolazione di appetito e sazietà. Data la relativamente lunga emivita (~5 giorni) tipicamente è necessaria solo una singola assunzione settimanale.

Negli animali

L'obesità negli animali domestici è comune in molti paesi. I tassi di sovrappeso e obesità nei cani negli Stati Uniti variano dal 23% al 41% con circa il 5,1% che risulta obeso. Il tasso di obesità nei gatti è leggermente superiore al 6,4%. In Australia il tasso di obesità tra i cani è pari al 7,6%. Il rischio di obesità nei cani è aumentato se anche i loro proprietari sono obesi, mentre non è stata dimostrata una correlazione simile fra i gatti e i loro padroni.

Bibliografia

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